I 12″ DI FOLLIA CHE REGALANO AL PANATHINAIKOS LA COPPA DEI CAMPIONI 1996 DI BASKET

Il Panathinaikos festeggia la Coppa dei Campioni 1996 – da basketfinals.com

articolo di Giovanni Manenti

Se qualcuno crede che il massimo della rivalità in ambito sportivo si possa trovare nelle sfide calcistiche fra Boca Juniors-River Plate, Flamengo-Fluminense, Real-Atletico Madrid, Celtic-Rangers o Fenerbahce-Galatasaray, beh allora vuol dire che non ha mai assistito agli scontri fra Olympiakos e Panathinaikos, non tanto e non solo sul prato verde, quanto, soprattutto, sul parquet di un campo di basket.

Già, perché se la rivalità nel football fra i due principali club greci non supera i confini nazionali – con attualmente 47 titoli appannaggio dell’Olympiakos e 20 del Panathinaikos –, ben diversa è la situazione allorché ad affrontarsi sono due quintetti – con in questo caso la situazione dei titoli in patria diametralmente opposta, con il “Pana” a prevalere con 39 affermazioni a 14 –, che spesso sono protagonisti anche a livello continentale, con il loro primo periodo ai vertici del basket europeo che data metà degli anni ’90.

Dopo, difatti, che nell’edizione 1992-’93 dell’allora Coppa dei Campioni il PAOK Salonicco era stata la prima formazione greca a qualificarsi per le “Final Foursfiorando l’accesso alla finale, sconfitta 77-79 dalla Benetton Treviso, con quest’ultima poi superata 59-55 dal Limoges all’atto conclusivo, ecco che dal successivo torneo entrano in scena le due “Grandi ateniesi”, chiamate a scontrarsi l’una contro l’altra in semifinale.

Con Tel Aviv ad ospitare l’atto conclusivo dell’edizione 1994, ecco i due quintetti scendere in campo il 19 aprile per la prima delle due semifinali, che si snoda su di un piano di assoluto equilibrio sino all’intervallo, con le squadre ad andare al riposo sul risultato di parità (36-36), per poi toccare all’Olympiakos guadagnare un leggero margine mantenuto sino alla sirena con il punteggio conclusivo di 77-72 a certificare la prima volta che una squadra ellenica può disputare la finale della più prestigiosa manifestazione continentale per club.

Trascinato dal montenegrino Zarko Paspalj, autore di 22 punti, e dall’americano Roy Tarpley, che ne mette a referto 21, l’Olympiakos cade però in finale nella rete tesa da uno dei più grandi tecnici nella storia del basket europeo, vale a dire Zeliko Obradovic che, alla guida della Juventut Badalona, imposta la sfida su di una difesa asfissiante che costringe il quintetto greco ad una percentuale di appena il 32,3% dal campo, con Paspalj limitato a 15 punti ed i catalani a trionfare 59-57 per quella che a tutt’oggi resta la loro unica affermazione nel torneo.

Uno scenario che non cambia di molto l’anno seguente, allorché le finali si disputano in Spagna, al “Pabellon Principe Felipe” di Saragozza, e per le quali sono qualificate, oltre alle due greche, anche il Limoges ed il Real Madrid.

Stavolta il “derby ellenico” va in scena per secondo, alle ore 21:00 dell’11 aprile 1995 dopo che il Real ha disposto piuttosto facilmente (62-49) dei francesi grazie alla superba prestazione (21 punti, frutto di 7 su 12 dal campo e 5 su 6 dalla lunetta) del lituano Arvidas Sabonis, che cattura altresì 9 rimbalzi.

Rispetto alla sfida dell’anno precedente in Israele, stavolta la gara risulta molto più fallosa ed imprecisa nelle conclusioni, con la prima frazione che si chiude con il Panathinaikos ad aver costruito (29-27) un minimo margine a proprio favore, ribaltato al rientro dagli spogliatoi con il punteggio che resta al di sotto dei 60 punti e che vede l’Olympiakos avere ancora la meglio 58-52, frutto di una percentuale disastrosa (17 su 60, pari al 28.3%) al tiro dei propri rivali, non traendo in inganno i 17 punti di Paspalj, in quanto frutto di 5 su 20 (!!!) dal campo e 0 su 2 dalla distanza.

Mentre per l’Olympiakos a brillare è l’americano Eddie Johnson – con trascorsi in NBA a Phoenix e Seattle, nella sua unica stagione in Grecia – autore di 27 punti oltre ad aver catturato 10 rimbalzi, ma per il tecnico Giannis Ioannidis vi è l’incubo di ritrovarsi di fronte, sulla panchina madrilena, quell’Obradovic che lo aveva sconfitto la precedente stagione.

Difficile sapere se sia più temuto l’allenatore serbo o proprio Sabonis, fatto sta che Obradovic si adegua alle potenzialità dei propri giocatori e la finale prende la strada della capitale spagnola già a conclusione dei primi 20’ di gioco, con il punteggio che vede il Real avanti di 10 lunghezze (38-28), margine poi ampliato al ritorno in campo sino al 73-61 conclusivo che incorona altresì il lituano come MVP delle finali, nonché “top scorer, avendo aggiunto ai 21 punti contro il Limoges altri 23 con percentuali elevatissime (8 su 11 dal campo, di cui 2 su 2 dalla distanza, e 5 su 6 ai liberi), oltre a 7 rimbalzi.

E’ chiaro che per la acerrima rivalità fra i due club e le rispettive tifoserie, le sconfitte in finale dell’Olympiakos rappresentano “musica per le orecchie” dei supporters del “Pana– che peraltro conclude entrambe le edizioni al terzo posto, superando 100-83 il Barcellona nel 1994 e 91-77 il Limoges l’anno seguente –, a dimostrazione che forse vi è una sorta di “sudditanza psicologica” nei confronti degli storici avversari.

In ogni caso, ciò che ha indubbiamente certificato il biennio 1994-’95 è che, se una qualunque formazione europea voglia ambire alla conquista della Coppa dei Campioni dovrà in ogni caso vedersela con le due compagini greche, non più ridotte a fare da comparsa, come dimostra la successiva edizione 1995-96 che, dopo i gironi degli ottavi di finale, qualifica entrambe per i quarti al meglio di tre partite, con gli accoppiamenti a prevedere la rivincita della finale dell’anno prima tra Real ed Olympiakos, oltre a Benetton-Panathinaikos, CSKA Mosca-Pau Orthez e Barcellona-Uker Istanbul, sfida quest’ultima unica a concludersi con i catalani ad imporsi in entrambi gli incontri.

La “maledizione madrilena” e, soprattutto, di Obradovic incombe viceversa ancora su Ioannidis, con il Real avvantaggiato dal fattore campo a compensare la sconfitta per 48-68 ad Atene con due affermazioni (80-77 ed 80-65) nella capitale spagnola, così come il CSKA Mosca torna a disputare le “Final Four” dopo 10 anni di assenza, avendo la meglio (65-78, 104-89 ed 83-74) sui transalpini, solo che ora in rappresentanza della Russia e non più dell’Unione Sovietica.

Un “parterre de Roi” di altissimo livello, al quale si aggiunge anche il Panathinaikos compiendo l’impresa di volgere a proprio favore lo svantaggio del fattore campo, visto che, dopo essersi aggiudicato di misura (70-67) il match sul proprio parquet, cede nettamente (69-83) in gara-2 a Treviso e quindi porta a casa sulla sirena (65-64) la sfida decisiva al “Palaverde” veneto, grazie ad una “prestazione monstre” dell’ex stella della NBA Dominique Wilkins, autore di 26 punti con 11 su 18 dal campo.

Per il terzo anno consecutivo presente alle finali per l’assegnazione del trofeo, il Panathinaikos non ha più sulle spalle la scomoda ombra dei rivali concittadini, e il programma propone il “derby iberico” fra Real Madrid e Barcellona, che vede i catalani infrangere il sogno di Obradovic di disputare la sua terza finale consecutiva a titolo personale – con il Real peraltro privo di Sabonis attirato dalle sirene della NBA e trasferitosi a Portland –, imponendosi peraltro abbastanza nettamente per 76-66 dopo essere andati al riposo sotto 34-38, con un altro lituano, stavolta Arturas Karnisovas, a raccoglierne il testimone in maglia azulgrana, “top scorer” con 24 punti, frutto di 9 su 12 dal campo e 6 su 7 dalla lunetta.

Catalani che si qualificano per l’atto conclusivo dopo che, in precedenza, il Panathinaikos aveva disposto con relativa facilità del CSKA per 81-71 in un incontro vede gli ateniesi sempre avanti nel punteggio, con ancora sugli scudi Dominque Wilkins che, a dispetto delle oramai 36 primavere, dimostra ancora una volta il gap fra il basket professionistico Usa e l’Europa, mettendo a referto ben 35 punti, con 8 su 14 da due, 2 su 4 dalla distanza e 13 su 13 ai liberi, mentre a svettare sotto i tabelloni è il croato Stojko Vrankovic, che cattura ben 12 rimbalzi contro gli 8 dell’americano.

E’ pertanto Barcellona-Panathinaikos la finale che va in scena alle ore 21:00 di giovedì 11 aprile 1996 al “Palais Omnisports” di Paris-Bercy, con la certezza che l’albo d’oro della manifestazione avrà un nuovo vincitore, che in Catalogna si augurano possa essere proprio la squadra azulgrana, visto che il quintetto allenato da Aito Garcia Reneses è alla sua quarta partecipazione, dopo essere stato sconfitto nel 1984 (73-79 dal Banco di Roma) e nel biennio 1990-’91 (67-72 e 65-70) in entrambi i casi dalla Jugoplastika Spalato.

Ed è un altro croato, Bozidar Maljkovic, a sedere sulla panchina greca, il quale attua, poco dopo la metà del primo tempo, allorché al 12’ il punteggio è fissato sul 14 pari, il passaggio alla difesa a zona 2-1-2 che disorienta i piani di Reneses, con i catalani a subire un parziale di 21-9 che si rivela decisivo per l’esito finale del match con le due squadre a guadagnare gli spogliatoi sul punteggio di 35-25 a favore del Panathinaikos.

Al rientro in campo, dopo un illusorio parziale iniziale che porta il Barcellona a dimezzare (32-37) il margine di distacco, il Panathinaikos allunga di nuovo sino a portarsi al +12 (49-37) al 30’ e quindi a +13 (55-42) a 6’ dalla sirena, per un trionfo che si sta delineando con i tifosi greci in tribuna a dare il via ai festeggiamenti.

Deve esserne convinto anche Maljkovic, il quale richiama in panchina Vrankovic che, seppur senza essersi iscritto a referto quanto a punti, fornisce un contributo determinante a rimbalzo, mossa che stavolta si rivela deleteria, visto che, senza l’ostacolo del croato, Karnisovas trova la strada spianata e con tre tiri liberi a disposizione andati a segno, riporta i suoi a -6 (51-57) a 3’56” dal termine.

Con il match a vivere ora più sui nervi che non sulla tecnica, i catalani non riescono a completare la rimonta e, allorquando, a soli 1’59” dalla sirena, il Panathinaikos si riporta a +8 (66-58), la vittoria sembra non poter più sfuggire loro. Ho scritto “sembra”, però…

Già, poiché in quei “miracoli” che solo il basket può regalare, in poco più di 1’ accade di tutto, ovvero che ad un solo libero a segno dei greci, gli azulgrana rispondano con una tripla di Karnisovas ed un canestro in entrata di José Luis Galilea, con quest’ultimo a violare nuovamente la retina subendo fallo e trasformando il tiro libero supplementare, così che a 34” dal termine il vantaggio del Panathinaikos è ridotto (67 a 66) ad un solo misero punto.

Wilkins, non nella migliore serata ancorché autore comunque di 16 punti con altresì 10 determinanti rimbalzi al proprio conto, fallisce una conclusione da fuori, ma il rimbalzo catturato da Vrankovic appare come il simbolo del successo greco se non fosse che il match sta per vivere una conclusione che più assurda non potrebbe essere.

Con Korfas e Giannakis a passarsi la palla senza rischiare il tiro, quest’ultimo scivola facendosi intercettare da Galilea che manda avanti in campo aperto Montero, mentre il cronometro inspiegabilmente si blocca con 4”9 ancora da giocare, forse perché i greci avevano commesso infrazione di 30” come era in uso all’epoca.

Ad ogni buon conto Montero ha a disposizione la palla della vittoria, ancorché commetta passi nel controllo, ma sulla sua conclusione interviene Vrankovic, unico dei suoi ad aver seguito l’azione, che devia la palla solo dopo che ha toccato il tabellone e dunque il canestro andrebbe convalidato, con i due arbitri – il francese Pascal Dorizon e l’israeliano Reuven Virovnik – a far finta di niente, mentre all’improvviso, il cronometro ricomincia a scorrere dai 4”9 ancora da giocare, come se quanto accaduto nel frattempo non fosse mai successo.

Con la deviazione di Vrankovic a cadere fra le mani di Xavi Fernandez, questi passa la palla a Galilea oltre la linea dei 6,25 metri e che, invece di tirare, si avventura in una penetrazione contro quattro maglie biancoverdi che fanno muro, forse commettendo fallo o forse no, fatto sta che i direttori di gara continuano a fungere da spettatori ed al suono della sirena il Panathinaikos può festeggiare la vittoria assieme all’orgoglio di essere la prima squadra del proprio paese a sollevare il trofeo.

Vittoria sostanzialmente meritata avendo riguardo allo svolgimento dell’incontro, anche se da parte catalana resta qualche perplessità circa il corretto svolgimento di quell’ultima fase di gioco, dovendo il Barcellona soccombere – stavolta peraltro nettamente (73-58) – anche l’anno seguente e contro proprio l’Olympiakos, prima di poter a propria volta celebrare il trionfo nel 2003, a spese del Benetton Treviso.

Certo che, al di là del risultato finale, resteranno per sempre nella storia delle manifestazione quei 5” diventati poi 12”!

Ed anche questa è cronaca

Lascia un commento