articolo di Giovanni Manenti
Se si analizzano le ultime edizioni di questo inizio di seconda decade del terzo millennio della Copa Libertadores – equivalente sudamericano della Champions League europea –, può sembrare un’appendice del campionato brasiliano, visto che dal 2019 al 2023 si sono affermate solo formazioni di quel paese, con altresì tre finali (2020-’22) consecutive a rappresentare una sorta di derby.
Una circostanza che ha consentito ai club brasiliani di accorciare decisamente le distanze dai rivali argentini quanto a successi nel torneo, ora distanti (25 a 23) appena due vittorie, ma in passato era tutto molto diverso, un po’ per la forza anche dei due “storici” club uruguaiani, ovvero Penarol e Nacional Montevideo – che vantano 5 e 3 affermazioni a testa, con altrettante apparizioni in finale –, ed anche per la nota disorganizzazione del futebol, che non prevedeva un campionato nazionale a girone unico.
Difatti, dopo i due successi (1962-’63) consecutivi del “leggendario” Santos di “O Rey” Pelé – e di Gilmar, Mauro, Zito, Coutinho e Pepe –, occorre attendere ben 15 anni prima che nel 1976 il trofeo torni in Brasile grazie al Cruzeiro della stella Jairzinho, per poi – dopo due vittorie estemporanee di Flamengo e Gremio – essere da inizio anni ’90 che in Sudamerica “la musica è cambiata” sino ai giorni nostri.
E, fra le formazioni ad essersi messe maggiormente in evidenza in questo inizio di nuovo secolo, vi è indubbiamente il Palmeiras che, imponendosi nelle edizioni 2021 e 2021, risulta attualmente l’ultima ad essere riuscita a bissare l’impresa dell’anno precedente, che, fra i club verde-oro, aveva compiuto, oltre proprio al Santos, solo il San Paolo, facendo sua la Copa nel biennio 1992-’93, vale a dire esattamente 30 anni dopo Pelé & Co.
Fondato a fine agosto 1914 da immigrati italiani dopo che avevano svolto una tournée in Sudamerica il Torino e la Pro Vercelli, la “Sociedade Esportiva Palmeiras” – successivamente divenuta polisportiva con sezioni di basket, hockey su pista e volley, oltre al futsal – si rende protagonista per i suoi primi 50 anni di storia pressoché esclusivamente a livello statale, aggiudicandosi 13 edizioni del Campionato Paulista tra il 1920 ed il 1959, oltre a due tornei Rio-San Paolo nel 1933 e 1951.
Proprio l’affermazione del 1959 consente al Palmeiras di prendere parte alla seconda edizione della Taça Brasil – ovvero l’antesignana del campionato brasiliano che nasce solo nel 1969 –, alla quale prendono parte le vincitrici dei singoli tornei statali e che i “Verdao” si aggiudicano stracciando letteralmente (3-1 ed 8-2) il Fortaleza nella doppia finale, così da acquisire il diritto a rappresentare il Brasile nella seconda edizione della Copa Libertadores, che aveva visto nel torneo inaugurale l’affermazione del Penarol.
All’epoca, in Sudamerica come nel Vecchio Continente, la manifestazione era riservata solo ai club campioni nei rispettivi paesi di appartenenza e, considerate il minor numero di nazioni d’oltreoceano, si risolveva in pochi incontri, con il Palmeiras capace comunque di raggiungere la finale dopo aver eliminato (2-0 ed 1-0) gli argentini dell’Independiente e quindi (2-2 e 4-1) i colombiani del Santa Fe.
All’atto conclusivo, però, lo scoglio costituito dai campioni in carica uruguaiani si rivela troppo arduo, ancorché nella gara di andata a Montevideo la sfida venga decisa solo da una rete di Spencer nel finale, mentre al ritorno una rete di Sacia in apertura chiude il discorso, restando al Palmeiras solo la consolazione di evitare la sconfitta grazie al punto di Nardo a meno di un quarto d’ora dal termine.
Eppure, stiamo parlando di una formazione in grado di schierare giocatori di valore quali il portiere Valdir, il “leggendario” capitano Djalma Santos, Zequinha, il talentuoso Julinho, rientrato in patria dopo l’esperienza alla Fiorentina, così come Humberto Tozzi dopo le stagioni alla Lazio, oltre a Chinesinho che, al contrario, il viaggio nel Belpaese lo fa a fine settembre 1962.
Quantomeno con il privilegio di essere stata la prima squadra brasiliana ad aver disputato la finale di Libertadores, così da aver “indicato la strada” al Santos per le due affermazioni nel biennio successivo, il Palmeiras ci riprova nell’edizione 1968, dopo essersi aggiudicato la Taça Brasil 1967 superando 2-0 il Nautico allo spareggio, dopo che i primi due incontri si erano conclusi (3-1 ed 1-2) con una vittoria per parte, non valendo in Sudamerica la differenza-reti quale elemento decisivo.
Un regolamento che avrà la sua fondamentale importanza nel percorso dei brasiliani in un torneo ora ben più complicato visto l’allargamento a due squadre per nazione, pur con la discutibile formula di far entrare in gioco i campioni in carica solo dalle semifinali, ma tant’è, ed, in ogni caso, un Palmeiras di caratura tecnica largamente inferiore a quello di sette anni prima (con il solo estremo difensore Valdir unico reduce) riesce a raggiungere l’atto conclusivo, trascinato dalla vena realizzativa del centravanti Tupazinho.
Nella sua ultima stagione al Palmeiras – con cui vanta un bottino di 122 reti nelle 231 gare disputate –, l’attaccante si laurea capocannoniere della manifestazione con 11 centri, ivi compresi quelli che consentono in semifinale di “vendicare” (1-0 e 2-1) la sconfitta subita contro il Penarol nella precedente partecipazione al torneo, così da affrontare in finale gli argentini dell’Estudiantes de La Plata che si impongono 2-1 nella gara di andata.
Al ritorno al “Pacaembu” di San Paolo, Tupazinho è ancora decisivo, con una doppietta ad annullare la rete del temporaneo pareggio di Veron, per poi toccare a Rinaldo siglare il punto del definitivo 3-1 che però vale solo lo spareggio, disputato sul neutro dell’“Estadio Centenario” di Montevideo, dove i platensi si impongono per 2-0 quale primo dei loro tre successi consecutivi.
Dopo altre tre partecipazioni ad inizio anni ’70 – con miglior piazzamento l’eliminazione nella seconda fase a gironi nel 1971 –, il Palmeiras deve attendere 20 anni prima di ripresentarsi ai nastri di partenza del torneo per un biennio (1993-’94) consecutivo che lo vede in entrambe le edizioni eliminato agli ottavi, per poi rappresentare nuovamente il Brasile nel 1999 assieme al Corinthians.
Importante novità per il club paulista l’avvicendamento in panchina avendo affidato la guida tecnica al 50enne Luiz Felipe Scolari, che, pronti-via, porta i “Verdao” a conquistare il loro primo trofeo internazionale, aggiudicandosi l’edizione 1998 della Copa Mercosul, in una finale tutta verde-oro con il Cruzeiro, vinta 1-0 allo spareggio (rete del paraguaiano Arce) sul Cruzeiro e dopo che, anche stavolta, il Palmeiras aveva risposto con un 3-1 alla sconfitta per 1-2 dell’andata.
Inserito nel Gruppo C assieme al Cortinthians ed alle due rappresentanti paraguaiane Cerro Porteno ed Olimpia Asuncion, le due formazioni brasiliane dominano il girone, vincendo i rispettivi incontri casalinghi per quanto concerne gli scontri diretti, per poi risultare determinante il pari interno del Palmeiras con l’Olimpia per decretare il primo posto a favore dei “Timao“, per un conseguente abbinamento negli ottavi con il Vasco da Gama, qualificato d’ufficio quale detentore del trofeo.
Dopo l’1-1 della gara di andata, sono in molti a credere che anche stavolta l’avventura dei “Verdao” debba concludersi agli ottavi con la trasferta al “Sao Januario” di Rio de Janeiro, ma dopo il vantaggio iniziale di Luizao per i padroni di casa, il Palmeiras reagisce e, chiuso il primo tempo sul 2-2, fa suo il match per 4-2 grazie alla doppietta di un 21enne Alex ed alla rete definitiva di Arce.
Con il Corinthians ad essersi viceversa sbarazzato con facilità (1-1 e 5-2) dei boliviani del Jorge Wilstermann, ecco che gli accoppiamenti dei quarti propongono un secondo scontro fratricida, essendo all’epoca espressa volontà della CONMEBOL (Confederacion Sudamericana de Futbol) evitare che la finale si disputi tra due squadre della stessa nazione, tanto che un altro abbinamento pone di fronte le argentine River Plate e Velez Sarsfield, oltre a Estudiantes de Merida-Cerro Porteno e Deportivo Cali-Bella Vista.
La gara di andata svoltasi al “Morumbi” di San Paolo, vede la formazione di Scolari imporsi per 2-0 (di Oseas e Rogerio le reti), salvo subire identica sconfitta al ritorno, così che la decisione per l’approdo alle semifinali viene demandata ai calci di rigore con i giocatori del Palmeiras a dimostrarsi infallibili dal dischetto rispetto ai due errori dei loro avversari.
A differenza del club paulista, il River Plate difende il 2-0 dell’andata al “Monumental”, limitando a 0-1 la sconfitta sul campo del Velez, così come raggiungono le semifinali anche il Deportivo Cali (2-1 ed 1-1) sul Bella Vista ed il Cerro Porteno, che compie l’impresa di ribaltare al ritorno lo 0-3 dell’andata in Bolivia con un 4-0 su cui mette il sigillo il rigore trasformato da Danilo Aceval a 3’ dal termine.
Semifinali che vanno in scena il 19 e 26 maggio 1999, con il Palmeiras a dover affrontare il River Plate nella gara di andata al “Monumental” di Buenos Aires, limitando i danni allo 0-1 siglato da Sergio Berti in avvio di ripresa di un match caratterizzato dalle espulsioni nel finale dapprima di Junior Baiano e quindi di Leonardo Astrada, come si conviene quando si trovano di fronte argentini e brasiliani.
Tutt’altra musica al ritorno nella storica “Palestra Italia”, con Alex sugli scudi e punteggio già ribaltato nei primi 20’ con a segno il fantasista ed il difensore centrale Roque Junior, prima che a chiudere definitivamente i conti per il 3-0 conclusivo sia ancora Alex di sinistro a 3’ dal 90’, così da certificare la terza finale di Libertadores per il Palmeiras, avversario il sempre ostico Deportivo Cali, che dopo “aver scherzato” all’andata (4-0) con il Cerro Porteno, limita i danni al ritorno ad Asuncion con un’ininfluente sconfitta per 2-3 avendo messo al sicuro la qualificazione con la rete del provvisorio vantaggio di Candelo.
Brasile contro Colombia, dunque, con la gara di andata in programma il 2 giugno 1999 all’“Estadio Olimpico Pascual Guerrero” della metropoli colombiana, sfida decisa a favore dei padroni di casa da una rete di Victor Bonilla in chiusura di prima frazione di gioco, grazie ad un preciso colpo di testa su cross dal fondo, con il ritorno a disputarsi a due settimane di distanza all’“Estadio Palestra Italia” di San Paolo.
Nonostante la limitata capienza della struttura, i dirigenti del Palmeiras optano per un ambiente più raccolto per favorire la propria squadra, visto che il 16 giugno 1999 i 32mila posti a disposizione sono completamente esauriti, per un evento che in casa Palmeiras è atteso da quasi 40 anni.
Formazione colombiana che però regge bene il colpo, con il match a sbloccarsi solo al 65’, allorché l’arbitro paraguaiano Ubaldo Aquino decreta un calcio di rigore a favore dei padroni di casa per un fallo di mano, con a portarsi sul dischetto Evair (con trascorsi in Italia nelle file dell’Atalanta) che non fallisce la trasformazione, rimettendo le sorti del doppio confronto su di un piano di parità.
Gioia di breve durata, peraltro, per i supporters paulisti, poiché trascorrono appena 5’ ed a beneficiare stavolta del tiro dagli 11 metri sono gli ospiti per un intervento falloso di Junior Baiano, con il capitano Martin Zapata a mantenere la giusta concentrazione per spiazzare Marcos ed indirizzare nuovamente il trofeo verso la Colombia, con soli 20’ ancora da giocare.
A “rimettere le cose a posto” per il Palmeiras pensa Oseas, che devia sotto misura un tiro cross di Junior dalla sinistra, così che al fischio finale, essendo il punteggio globale fra le due gare (2-2) in parità, a decidere l’assegnazione del trofeo sono i calci di rigore, dopo le “immancabili” espulsioni, una per parte, con a raggiungere anzitempo gli spogliatoi dapprima Andres Mosquera e quindi Evair.
A portarsi per primo sul dischetto per i brasiliani è Zinho, ma la sua conclusione colpisce la traversa, mentre va a segno l’estremo difensore Rafael Dudamel per il Deportivo, così come fanno nelle due serie successive, Junior Baiano e Roque Junior da una parte ed Hernan Gaviria e Mario Yepes dall’altra, con il quarto turno a vedere Rogerio trasformare, mentre la conclusione di sinistro di Gerardo Bedoya si stampa sul palo interno alla sinistra di Marcos ed esce.
Con l’ultimo pallone a disposizione prima di andare eventualmente ad oltranza, Euller spiazza Dudamel, così che la pressione è ora tutta sulle spalle di Martin Zapata, il quale manda Marcos da una parte e la palla dall’altra, se non fosse che la sfera termina la sua corsa a fil di palo e quindi sul fondo, per la gioia irrefrenabile del pubblico paulista e, di contro, la cocente delusione dei colombiani, giunti davvero ad un passo dalla conquista del trofeo.
Palmeiras che raggiunge la finale anche l’anno seguente, con il bis ad essergli negato, anche stavolta con conclusione ai calci di rigore, dal Boca Juniors di Carlos Bianchi che inaugura la sua serie di tre affermazioni (2000-’01 e 2003) in un quadriennio, per poi essere a sua volta sconfitto nel 2004.
Per i “Verdao” l’appuntamento per la doppietta è soltanto rinviato, dopo tutto dovranno attendere “appena” 20 anni…