GIORGIO GHEZZI, IL “KAMIKAZE” CHE RIVOLUZIONO’ IL RUOLO DEL PORTIERE

Giorgio Ghezzi – da:cesenatico.it

Articolo di Giovanni Manenti

Nella Storia delle varie Discipline sportive, vi sono atleti che, con le loro innovazioni, segnano il termine di un’epoca per aprirne un’altra, come ad esempio un Muhammad Alì nel Pugilato che insegnò a tutti che sul ring si poteva anche “danzare” invece che star nel mezzo a far chi dava i pugni più forti, oppure un Dick Fosbury che fece capire che l’asticella nel Salto in Alto si poteva valicare all’opposto di come sino ad allora eseguito e molti altri …

Difficile pensare ad una sorta di “rivoluzione” negli Sport di squadra, dove in genere le innovazioni sono più legate alla tattica attuata dai tecnici in panchina piuttosto che lasciata ai singoli giocatori, se non fosse che il Calcio ha, al suo interno, un ruolo che più individuale non può essere, vale a dire quello del portiere.

Ruolo che ha ispirato anche poeti – tra cui, la più celebre “Goal” del triestino Umberto Saba – per la sua figura di ergersi quale ultimo baluardo per evitare che la propria squadra subisca una rete, nonché da assumere, a seconda dei casi, la veste di “eroe” qualora protagonista in positivo, così come di “capro espiatorio” se da un suo errato intervento fosse dipesa una sconfitta.

Quello che oggi siamo abituati a vedere, durante i 90’ di un incontro di Football, assomiglia peraltro più ad un libero aggiunto che non ad un “portiere” nel senso più classico del termine, tant’è che meglio gli si addice la dizione di “estremo difensore”, visto che la rivoluzionaria innovazione regolamentare risalente al 1992 impedì a quest’ultimo di raccogliere con le mani il passaggio indietro di un proprio compagno di squadra …

In più, il passaggio dalla “marcatura ad uomo” alla zona ha fatto altresì che l’estremo difensore debba avanzare la propria collocazione rispetto alla linea di porta per essere pronto nell’uscita rispetto all’attaccante avversario, essendo sparita la figura del “libero” a proteggerlo, così come deve essere abile nelle uscite alte rispetto ai traversoni che giungono dalle fasce, prima “contromossa” per aggirare una difesa in linea pronta a far scattare la “trappola del fuorigioco”.

Ma se tutte queste circostanze sono ben chiare a chi assiste al giorno d’oggi alle singole partite, provate a tornare indietro nel tempo di una settantina d’anni, ovvero negli anni ’50 e, come testimoniano i vari filmati d’epoca, vi renderete conto di una situazione totalmente diversa, ovvero di un portiere quasi perennemente “incollato” sulla fatidica linea, il tutto sino a quando …

Già, sino al momento in cui entra in scena il protagonista della nostra Storia odierna, il romagnolo Giorgio Ghezzi da Cesenatico, ridente centro turistico e balneare, dove nasce l’11 luglio 1930 ed inizia a difendere i pali della formazione cittadina, militante tra i Dilettanti …

Ma “il Paese è piccolo e la gente mormora …”, recita un vecchio adagio e di questo ragazzino agile e scaltro si inizia a fare il nome che giunge alle orecchie dei Dirigenti del Rimini che lo tesserano nell’estate 1947 per poi farlo esordire appena 17enne in Serie C a fine ottobre 1947 in una trasferta a Senigallia.

Per valutare comunque le potenzialità di un estremo difensore, niente di meglio che farlo fare a chi il “mestiere” lo conosce ed anche bene, come nel caso del titolare nel ruolo in occasione del primo Scudetto della Roma nel 1942, ovvero Guido Masetti il quale assume nel 1948 la veste di allenatore proprio dei biancorossi romagnoli e non impiega poi molto ad accorgersi delle qualità del 18enne Giorgio, lui che, negli anni ’30, si era guadagnato l’appellativo di “portiere che parava camminando”, poiché era solito spostarsi sulla linea per anticipare le conclusioni avversarie …

Detto fatto, Masetti fornisce positive relazioni su Ghezzi al Modena che, appena retrocesso dalla Serie A, lo acquista nell’estate 1949, così da poter esordire nel Campionato Cadetto – dove è in concorrenza con Andrea Corazza, di sette anni più anziano e romagnolo pure lui, in quanto nativo di Riccione – alla 13esima giornata, ad inizio dicembre 1949, nel successo interno per 3-1 sulla Cremonese.

Da allora, Corazza rivede il campo solo nelle ultime tre giornate, per poi essere ceduto a fine stagione al Marzotto, dato che Ghezzi si è guadagnato la fiducia della Società ed anche con il cambio in panchina, con l’ungherese Imre Senkey a rilevare l’italo-uruguaiano Victor Tortora, il suo posto tra i pali è garantito …

All’epoca non vi era certo la possibilità di visionare filmati televisivi ed allorché i resoconti mettono in risalto prestazioni di giovani promettenti, ecco che le cosiddette “big” mandano a valutarne i progressi gli osservatori, per la quasi totalità ex loro calciatori, come nel caso del leggendario terzino bianconero Virginio “Viri” Rosetta, che ne tesse le lodi, ma alla Juventus il ruolo è già coperto da Giovanni Viola, oltretutto portiere dello Scudetto 1950, e così si intromette l’Inter che acquista Ghezzi nell’estate 1951, al termine di una stagione che aveva visto il Modena concludere il Torneo Cadetto al terzo posto.

Dalla fertile Emilia-Romagna alla industriale Milano il passo, per l’epoca, potrebbe risultare impegnativo, anche se a favorire il 21enne Giorgio vi è l’incertezza nel ruolo in casa nerazzurra, dato che nella precedente stagione – conclusa al secondo posto, staccata di un punto dai “cugini” rossoneri, tornati a festeggiare uno Scudetto a 44 anni (!!) di distanza – erano stati in tre (Franzosi, Puccioni e Soldan …) ad alternarsi tra i pali …

Con l’arrivo di Ghezzi, vengono ceduti sia Soldan che l’oramai 30enne Franzosi – accasatisi al Catania ed al Genoa, rispettivamente – così che la concorrenza interna è costituita dal solo Livio Puccioni, 25enne di Castelfiorentino, acquistato l’anno precedente dall’Empoli ed al quale, nel rispetto delle gerarchie, viene assegnata la maglia da titolare nei primi 11 turni, prima di essere rilevato dal giovane romagnolo che, peraltro, aveva già avuto l’opportunità di debuttare nella Massima Divisione alla settima giornata, nel successo interno per 3-1 contro il Legnano …

Le 18 gare disputate – nonché il favorevole giudizio espresso sulle potenzialità di Ghezzi da parte del tecnico nerazzurro Aldo Olivieri, anche in questo caso non “uno qualunque”, bensì il portiere Campione del Mondo con l’Italia nel 1938 in Francia – sono più che sufficienti a garantirgli il posto da titolare nelle due successive stagioni in cui, sotto la guida del nuovo allenatore Alfredo Foni, non salta neppure una singola partita nel cammino che porta nella bacheca nerazzurra altrettanti Scudetti e contribuisce alla “nascita del mito” …

Fervente assertore del motto “primo non prenderle” – non a caso anch’egli terzino di valore assoluto, Campione olimpico e mondiale con l’Italia di Vittorio Pozzo nel 1936 e ’38 – a Foni non pare vero di avere a disposizione un estremo difensore che, senza alcun timore, inaugura la figura del portiere che esce incontro all’attaccante avversario lanciato a rete, così da chiudergli lo specchio e respingerne con il proprio corpo le conclusioni …

Un qualcosa che non si era mai visto prima di allora sui terreni di gioco italiani e forse anche stranieri, tanto da far meritare a Ghezzi l’appellativo di “kamikaze” per il coraggio e la velocità con cui si getta tra i piedi di coloro gli si pongono contro e possiamo garantire che farlo di fronte ad un Nordahl con i suoi 90 chili e passa di stazza, non era certo impresa da tutti …

Certo, Ghezzi, da buon spirito romagnolo, ogni tanto esagera, ma ha, in accordo con il tecnico, messo a disposizione un “piano B” che consiste nel far retrocedere sulla linea di porta il fido Giacomazzi per respingere le conclusioni che lo vedono superato, dato che le stesse devono giocoforza essere costituite da “tocchi morbidi”, poiché un tiro potente avrebbe incocciato nel suo corpo.

E così, nonostante l’Inter disponesse di un “super attacco” formato da Benito Lorenzi, Istvan Nyers e Lennart Skoglund, la “chiave di lettura” del ritorno alla conquista di un titolo che mancava da 13 anni è la forza di una retroguardia che, ad avvenuta certezza matematica dello Scudetto – con ben tre turni di anticipo, grazie al 3-0 sul Palermo alla 31esima – vede nella casella delle reti subite la cifra di appena 19, poi divenute 24 a fine Torneo per un logico rilassamento nelle ultime domeniche.

Con la conferma del titolo l’anno seguente – per il quale, stavolta, occorre attendere l’ultima giornata per decidere la sfida “punto a punto” con la Juventus, conclusa sul 51 a 50 per i nerazzurri – ed il ritorno al vertice del Milan nel 1955, si apre un “nuovo capitolo” nella carriera di Ghezzi, vale a dire la rivalità con l’estremo difensore rossonero Lorenzo Buffon, di soli sei mesi più anziano, essendo nato il 19 dicembre 1929 a Majano, in Provincia di Udine …

In buona parte paragonabili a quello che accade ad un decennio di distanza tra Albertosi e Zoff – con il primo ad essere più vicino a Ghezzi ed il secondo maggiormente somigliante a Buffon come stile tra i pali – si tratta di una rivalità che si trascina anche in Azzurro, pur se entrambi scontano la più infausta decade della Nazionale italiana, eliminata dalle formazioni padrone di casa in Svizzera nel 1954 ed in Cile nel 1962, ed addirittura non qualificatasi per i Mondiali di Svezia 1968 …

Eliminazioni, peraltro, delle quali non possono certo ritenersi responsabili, visto che – chissà per quale cervellotica decisione dei nostri Commissari Tecnici – Ghezzi è rimpiazzato proprio da Viola (esordiente in azzurro …) nella sconfitta per 1-4 contro la Svizzera, così come, otto anni dopo nello 0-2 contro il Cile, viene preferito a Buffon un Mattrel alla sua sola presenza in Nazionale, mentre nelle qualificazioni ai Mondiali di Svezia 1958 in porta gioca Bugatti.

Stranezze del Calcio – al pari della “genialata” del buon vecchio “Gipo” Viani di non schierare Buffon nella Finale di Coppa dei Campioni 1958 tra Milan e Real Madrid, sostituito proprio da quel Soldan con un passato in nerazzurro – che si ripetono anche in ambito affettivo, visto che una delle signorine più contese nella Milano degli anni ’50 era Edy Campagnoli, prima valletta della neonata Tv italiana, salita alla ribalta quale assistente di Mike Bongiorno nel fortunato programma “Lascia o Raddoppia ?” andato in onda dal novembre 1955 …

Dapprima fidanzatasi con Giorgio, alla fine la bella Edy convola a nozze con Lorenzo nel 1958, pur se il matrimonio si conclude in seguito con il divorzio, periodo in cui Ghezzi pensa anche al futuro, sfruttando gli ingaggi provenienti dal Calcio nell’apertura nella sua Cesenatico di un albergo denominato appunto “Internazionale”, attività di cui si prende cura in prima persona al ritiro dalle scene agonistiche.

Nel frattempo, però, le cose all’Inter iniziano ad andare meno bene, coi nerazzurri mai in lizza per lo Scudetto nelle quattro successive stagioni e nonostante che lo storico Presidente Carlo Masseroni – ai vertici societari dal 1942 al 1955 – avesse passato la mano ad un giovane ed ambizioso imprenditore quale Angelo Moratti …

Analogamente, iniziano a diminuire la presenze da titolare nel ruolo di Ghezzi che già nella stagione 1956-‘57 si alterna tra i pali (24 presenze per lui, 10 per il compagno …) con il più giovane Enzo Matteucci, prelevato dalla Sambenedettese, per poi dividersi da “buoni amici” (17 a testa) le gare nel successivo Torneo 1958, peraltro concluso dall’Inter in un quanto mai deludente nono posto, a pari merito coi “cugini” rossoneri, ma che almeno, come ricordato, avevano raggiunto la Finale di Coppa dei Campioni.

Per Moratti, abituato a vincere in campo professionale, ce n’è anche troppo, e nel programma di progressivo ringiovanimento della rosa, uno dei sacrificati è proprio Ghezzi, ceduto al Genoa per lanciare definitivamente Matteucci, anche se l’esito del Campionato seguente non sposta granché l’andamento dei precedenti, con l’Inter a concludere sì terza, ma a 6 punti di distacco da un Milan (e con lui Buffon) che si aggiudica il suo quarto Scudetto nelle ultime 8 stagioni …

Oltretutto, il ”benservito” all’estremo difensore protagonista nella conquista degli unici due titoli nel decennio, avviene in termini invero poco eleganti, vale a dire con una semplice telefonata mentre si trova in vacanza sulla sua amata riviera romagnola, mentre quanto mai curioso è il ruolo di “intermediario” svolto dal Club rossoblù per ciò che concerne le rispettive carriere dei due amici/rivali.

Accade, difatti, che anche il Club rossonero decida, nonostante la conquista dello Scudetto, di fare a meno delle prestazioni dell’oramai 30enne Buffon per dare fiducia al 23enne Alfieri, prodotto del vivaio e reduce dal prestito al Siracusa, ma volendosi “tutelare” con un estremo difensore d’esperienza, proponga al Genoa il clamoroso scambio proprio con Ghezzi, che diventa ancor più eclatante al momento in cui, nel successivo mercato estivo 1960, la nuova coppia alla guida dell’Inter formata da Helenio Herrera ed Italo Allodi punta proprio sullo “usato sicuro”, acquistando Buffon dalla Società della Lanterna …

Nel suo ritorno a Milano, Ghezzi non potrebbe esordire nel modo migliore, non tanto per il risultato, con la gara conclusa a reti bianche sullo 0-0 iniziale, ma poiché, quell’8 novembre 1959 in cui indossa per la prima volta la maglia del Milan in Campionato – era già sceso in campo il mercoledì precedente nella sconfitta per 0-2 contro il Barcellona in Coppa dei Campioni – avviene proprio nel “Derby di San Siroe immaginiamo le sensazioni dei tifosi nerazzurri nel vedere uno dei loro idoli giocare nelle file dei rivali.

Coi rossoneri a concludere la stagione 1960 al terzo posto alle spalle di Juventus e Fiorentina, la “sfida nella sfida” a maglie invertite tra Ghezzi e Buffon si rinnova dal Torneo successivo, nuovamente appannaggio dei bianconeri, con le due milanesi a concludere ai posti d’onore, ma soprattutto con la dimostrazione che ci vuole ancora coraggio a fare a meno di due giocatori che tra i pali si sentono come fossero tra le mira di casa, con Ghezzi ad aver collezionato 32 presenze e Buffon 30 sulle 34 giornate di Campionato …

Ed, a riprova di quanto appena detto, valgano le due successive stagioni, che vedono Ghezzi protagonista assoluto nel ritorno del Milan alla conquista dello Scudetto 1962, dove, in concorrenza con il 24enne Mario Liberalato, viene un po’ messo in discussione dopo un pesante 2-5 di fine ottobre 1961 a Firenze, per poi tornare indiscusso padrone del ruolo nelle ultime 20 giornate, in cui i rossoneri vengono sconfitti solo nel Derby di ritorno, aggiudicandosi il titolo con 5 punti di vantaggio sui cugini nerazzurri, per i quali Buffon colleziona altre 29 presenze.

Dall’altra parte della “Milano da bere”, Moratti “mastica amaro”, neppure con il costosissimo acquisto dello spagnolo Luis Suarez l’Inter è riuscita ad interrompere l’egemonia “biancorossonera” da quando ha assunto il timone della Società di Foro Bonaparte, iniziando altresì a nutrire dubbi sulle qualità del “Mago” Herrera, salvo poi essere smentito dall’esito del Torneo 1962-’63 che i nerazzurri si aggiudicano con 4 lunghezze sulla Juventus e 6 sul Milan, un trionfo al quale Buffon contribuisce con appena 11 reti subite nelle 20 occasioni in cui scende in campo.

Sul fronte opposto, anche Ghezzi dimostra di essere ancora affidabile, concedendo solo 19 reti nelle 26 gare in cui è impiegato, ma, soprattutto, ha un altro, e ben più gravoso compito da svolgere, ovvero cercare di portare il Milan ad essere la prima squadra italiana a laurearsi Campione d’Europa …

Il percorso in Coppa dei Campioni non è poi eccessivamente impegnativo per i rossoneri – eliminano sul proprio cammino l’Union Luxembourg, l’Ipswich, il Galatasaray ed il Dundee, con Ghezzi a subire 5 reti nei 6 incontri disputati – salvo che per quel che concerne la Finale, allorché il 22 maggio 1963 a Wembley devono affrontare i temibilissimi portoghesi del Benfica Lisbona, da due stagioni detentori del Trofeo dopo aver sconfitto il Barcellona nel 1961 ed il Real Madrid nel 1962 …

Trovarsi davanti un attacco leggendario da “rimandare a memoria” quale quello formato da José Augusto, Santana, Torres, Eusebio e Simoes, farebbe tremare i polsi a qualunque portiere, ma non si è soprannominati “kamikaze” a caso e, dopo aver subito la rete dello 0-1 da parte di Eusebio dopo meno di 20’ di gioco, Ghezzi si erge a protagonista assoluto sulle conclusioni dei lusitani, consentendo ai compagni di “restare in partita”, per poi volgere la sfida a loro favore con una doppietta di Altafini nella ripresa.

E così, mentre Buffon festeggia il suo quinto Scudetto in carriera, ponendo praticamente fine alla stessa – viene ceduto nel successivo mercato estivo alla Fiorentina in cambio di Sarti per fare da “chioccia” ad un giovane Albertosi, prima di una fugace parentesi all’Ivrea in Serie C – Ghezzi raggiunge il vertice continentale, prima di porre fine, anch’egli nel 1965 a 35 anni, alla propria attività agonistica con due ultime stagioni in rossonero per lanciare Mario Barluzzi quale titolare nel ruolo, potendo vantare 455 presenze in sole gare di Campionato, di cui 349 nella Massima Divisione.

Con tre Scudetti ed una Coppa dei Campioni all’attivo, Ghezzi si dedica a carriera conclusa alla sua attività alberghiera, ampliata con la creazione di una sala da ballo nel seminterrato dell’Hotel di sua proprietà in cui allietare le serate estive dei turisti esibendovi i migliori cantanti e cabarettisti del periodo, tra cui, per assoluta “par condicio”, il milanista Walter Chiari e l’interista Gino Bramieri, per poi aprire anche un Bagno sul lungomare antistante l’albergo …

Una vita frenetica, forse anche troppo, visto che il 12 dicembre 1990 a soli 60 anni, Ghezzi resta vittima di un attacco cardiaco, ad una settimana esatta di distanza dal Compleanno del suo grande rivale Buffon, il quale, dal canto suo, chissà quanto abbia ripensato alla “scellerata scelta” di Viani di preferirgli Soldan nella Finale di Coppa dei Campioni contro il Real Madrid …

Ma, forse è anche meglio così, perché se assegniamo al trionfo continentale un valore pari a due Scudetti, ecco che il conto tra i due si conclude alla pari, immenso Giorgio e grandioso Lorenzo …        

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