GRAZIANO ROSSI, UN CAMPIONE E NON SOLO IL PAPA’ DI VALENTINO

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Graziano Rossi in trionfo in classe 250 in Svezia nel 1979 – da frmulapassion.it

articolo di Nicola Pucci

Singolare la vita. Così come singolare, troppo spesso, l’avventura degli eroi dello sport. Andiamo a Pesaro, ad esempio, dalle parti di casa Rossi, papà Graziano e il figlio Valentino, dove l’uno ispirò l’altro, lo mise in sella e lo allevò nel culto dei motori, per poi vedersi superare non solo nel computo dei successi, ma anche nello sviluppo di due carriere diametralmente opposte.

Graziano, classe 1954, assieme a Virginio Ferrari, Pier Paolo Bianchi, Marco Lucchinelli e Franco Uncini, appartiene a quella generazione di spericolati centauri del motociclismo italiano che nella seconda metà degli anni Settanta si trova a dover raccogliere il testimone della generazione non solo del leggendario, ed inimitabile, Giacomo Agostini, ma anche del compianto Renzo Pasolini, deceduto a Monza nel 1973, di Walter Villa, quattro volte campione del mondo in classe 250 e 350 tra il 1974 e il 1976, e di Mario Lega, che proprio in classe 250 vince nel 1977, con Eugenio Lazzerini, pure lui titolare di tre titoli mondiali tra il 1978 e il 1980 nelle cilindrate 50 e 125, a fare da spartiacque tra il prima e il dopo del motorismo tricolore. Nel segno di una continuità vincente.

Graziano Rossi, che in principio si è appassionato di motocross con una Aermacchi 125 per poi passare alla velocità con una Benelli 250, esordisce nel motomondiale nel 1977 con la Suzuki 500 di un team privato, al Gran Premio delle Nazioni corso sul tracciato di casa di Misano, giungendo 13esimo, e se quel piazzamento rappresenta un’eccezione per la prima stagione, con la stessa moto corre anche l’anno seguente, ottenendo un sesto posto in Francia a Nogaro ed un nono in Finlandia ad Imatra, cogliendo i primi punti in carriera che a fine stagione gli varranno la 16esima posizione finale di un campionato del mondo della classe regina che regalerà a Kenny Roberts il suo primo titolo iridato.

Graziano ha classe da vendere, il talento è assolutamente fuori dal comune, ma le qualità di pilota si associano ad un temperamento tanto estroso, eccentrico ed estraneo alle convenzioni da segnarne i risultati in pista. Tanto per intendersi, Rossi è un tipo che si aggira per le strade di Pesaro in bretelle e cravatta, che porta a spasso cagnolini di razza incappottati non dimenticando di fare altrettanto con al guinzaglio la gallina Cristina (!!!), che si muove con una Fiat 600 ostentando il suo credo alternativo, e che quando c’è da metterla sulla burla, è davvero un genio nell’inventare situazioni al limite del grottesco. Come quella notte di San Silvestro in cui, travestito da operaio della Sip (l’allora Telecom), si arrampica sull’orologio di Piazza del Popolo calibrando di un’ora indietro le lancette mandando a puttane il brindisi di fine anno dei pesaresi.

Ma quando si mette in sella di una moto, tra i cordoli Rossi è istintivo, altrettanto spericolato e spettacolare, la perfetta applicazione del concetto di “fantasia al potere“, con staccate al limite, sorpassi apparentemente impossibili, impennate quando non sarebbe il caso, improvvise traversate e piegature d’eccezione, insomma tutto un corollario di prodezze in pista forse più volte allo show che al risultato finale. Perché è sempre certo che “chi paga il biglietto deve essere ripagato con lo spettacolo, non con i calcoli del ragioniere che guarda alla classifica“.

Ed è esattamente quel che accade nel 1979, l’anno di… grazia di Graziano (inevitabile cacofonia), diventato nel frattempo padre di Valentino il 16 febbraio, che si merita la fiducia del patron Giancarlo Morbidelli che lo assolda affidandogli una moto che non può competere con le marche di maggior blasone in classe 500, ma che per poco non va a prendersi il titolo nella quarto di litro.

In verità la stagione non pare avviarsi sotto i migliori auspici, se è vero che con la Morbidelli 250 Rossi, che gareggia con un telaio inedito che stenta a decollare, colleziona due ritiri in Venezuela e a Misano, non è presente in Austria ed è solo 18esimo ad Imola, tornando ad utilizzare il vecchio a partire dalla quinta gara stagionale, il Gran Premio di Spagna a Jarama. I risultati premiano il pesarese, che col terzo posto alle spalle delle due Kawasaki del sudafricano Kork Ballington e dell’australiano Gregg Hansford sale per la prima volta in carriera sul podio iridato.

E’ l’inizio di una serie da antologia, con Rossi che si rende protagonista di una fantastica tripletta consecutiva, vincendo una prima volta a Grobnik, in Jugoslavia, il 17 giugno 1979, lasciando lo stesso Hansford a 5″68, una seconda ad Assen, in Olanda, una settimana dopo, dominando le due Kawasaki rimaste ad oltre 7″, ed una terza a Karlskoga, in Svezia, il 22 luglio, quando Hansford, stavolta per 3″83, gli rimane in scia per la terza volta, con il francese Patrick Fernandez terzo con la Yamaha.

Proprio ad Assen, sul tracciato che più di ogni altro assegna la paternità di campione ad un centauro che abbia l’ardire di andare a cogliere il trionfo, Rossi, in una giornata storica per il motociclismo italiano che saluta anche le vittorie di Eugenio Lazzarini in classe 50 e di Virginio Ferrari nella mezza di litro, battendo in volata Barry Sheene, disputa la più bella gara della sua carriera, pennellando le curve, disegnando traiettorie perfette al pericolosissimo tornante Strubben dove, spesso, si infrangono le illusioni di vittoria di molti, seminando Hansford e meritandosi gli applausi del pubblico che da quelle parti, lo sappiamo, se ne intende davvero visto che si compone quasi esclusivamente di motociclisti.

La Kawasaki, che pensava di aver vita facile nella corsa al titolo mondiale, si trova così a dover fare i conti con questo ragazzo dai capelli lunghi e il sorriso che ammalia, pronto alla battuta e dotato di uno spiccatissimo senso dell’umorismo, ma dopo un ritiro in Finlandia al primo giro complice un problema al carburatore, Rossi si gioca gran parte delle possibilità di vittoria finale a Silverstone quando, in testa alla gara, cade all’atto di superare un doppiato all’ultima curva dell’ultimo giro, lasciando sull’asfalto 15 punti fondamentali che vanno invece ad impreziosire il palmares di Ballington che, già capoclassifica con 98 punti contro i 65 punti di Hansford e i 55 punti di Graziano, vince la gara e vola definitivamente verso il titolo iridato.

Rossi è secondo in Cecoslovacchia, dietro all’ormai imprendibile Ballington che con 141 diventa campione del mondo della classe 250 bissando il successo dell’anno prima, a cui aggiungere la doppietta anche in classe 350, terminando a sua volta terzo con 67 punti alle spalle anche di Hansford, che di punti ne assomma 81.

Il destino, a soli 26 anni, è però in agguato. Per il 1980 Rossi si merita la fiducia della Suzuki del team Gallina che gli affida una moto ufficiale affiancandolo in classe 500 a Marco Lucchinelli, ma è vittima di un incidente d’auto prima del debutto di Misano che lo limita nel rendimento per la stagione, nondimeno recuperando in tempo per terminare terzo proprio al Gran Premio delle Nazioni, a cui fanno seguito due quarti posti in Francia e a Silverstone e la piazza d’onore ad Assen, che caso mai ce ne fosse bisogno ne conferma il valore assoluto, alle spalle della Yamaha di Jack Middelburg, beniamino di casa alla prima vittoria in carriera.

E’ l’ultimo podio in carriera per Rossi, che proprio quando parrebbe avviarsi verso la gloria, non trova il feeling necessario con Gallina e col collega di scuderia Lucchinelli, vedendosi così costretto a cambiare aria ed andar a cercare il rilancio con la Yamaha 500 del team Agostini. Fino al 19 settembre 1982 quando, nel corso del campionato italiano di velocità della classe 500, si schianta rovinosamente, venendo salvato dalla Clinica Mobile che lo dirotta all’Ospedale Bellaria di Bologna.

Qui finisce, prematuramente, la vicenda agonistica di Rossi, papà di quel Valentino che, a sua volta prematuramente, sarà un giovanissimo fenomeno su due ruote, conquistando quel titolo mondiale che tanto è mancato a Graziano. E non è finita qui… all’alba dei suoi 41 anni,  proprio in controtendenza al genitore che ancor troppo preso mi se giù il cavalletto. Definitivamente.

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