IL SOGNO INFRANTO DEL TWENTE ENSCHEDE NELLA COPPA UEFA 1974-’75

gettyimages-551021841-1024x1024
Una fase della finale di ritorno tra Twente e Borussia Monchengladbach – da gettyimages.it

articolo di Giovanni Manenti

Il calcio olandese, a livello internazionale, nasce con l’apparizione del suo “Profeta“, vale a dire Johan Cruijff, che debutta nell’Ajax appena 17enne il 15 novembre ’64, stagione che dà inizio al decennio di dominio assoluto delle due grandi, i “Lancieri” di Amsterdam, appunto, e gli acerrimi rivali del Feyenoord Rotterdam, che in questo periodo si spartiscono i titoli in Eredivisie, 6 per i primi e 4 per i secondi, in attesa che, da metà anni ’70 in avanti, faccia la sua comparsa ai vertici anche il “club delle lampadine“, ovvero il PSV (acronimo che sta per “Philips Sport Vereniging“) Eindhoven.

Contemporaneamente all’esordio di Cruijff, cresce anche il livello delle formazioni olandesi nelle Coppe Europee, che, fino a quegli anni, aveva visto il Feyenoord ottenere il miglior risultato con la semifinale di Coppa dei Campioni raggiunta nel 1963, solo per essere eliminato (0-0, 1-3) dal Benfica di Eusebio, detentore del titolo.

Tocca invece all’Ajax di Cruijff – già con alcuni dei suoi campioni più importanti in rosa, da Suurbier ad Hulshoff, da Swart a Keizer – l’onore di essere la prima squadra batava a disputare la finale di una grande manifestazione continentale, raggiungendo nel 1969 l’atto conclusivo della Coppa dei Campioni solo per subire la maggiore esperienza del Milan di un altro “Gianni“, vale a dire Rivera, che si impone per 4-1, con il capitano a ricevere, a fine anno, il prestigioso trofeo del “Pallone d’Oro“.

Il successo rossonero pone, di fatto, fine al periodo di dominio del calcio latino – 6 successi del Real Madrid, 2 a testa per Benfica, Inter e Milan nelle prime 14 edizioni della Coppa dei Campioni –, per lasciare spazio a quello anglosassone, dovendo attendere 15 lunghi anni ed una tragedia (quella dell’Heysel nel 1985) perché un’altra squadra di identità mediterranea, nel caso specifico la Juventus, torni ad alzare il trofeo.

E, ad inaugurare questo periodo di vacche magre per il calcio latino, sono proprio due club olandesi, con il Feyenoord ad anticipare l’Ajax facendo sua l’edizione 1970 (2-1 in finale ai supplementari contro il Celtic Glasgow a San Siro), prima che tocchi a Cruijff condurre per tre anni consecutivi i suoi compagni sul tetto d’Europa, con Inter ed Juventus sconfitte all’ultimo stadio, nel 1972 e ’73 rispettivamente.

E, come sempre accade in questi casi, i successi di alcuni club portano ad una crescita globale del movimento calcistico nel suo insieme – che troverà poi la sua massima espressione nell'”Arancia meccanica“, ovvero la Nazionale olandese finalista a due edizioni consecutive dei Mondiali, Germania ’74 ed Argentina ’78 –, così che, ad inizio anni ’70, vive uno dei periodi migliori della propria storia il Twente, società della città di Enschede, posta al confine orientale con la Germania.

Quasi come un segno del destino, il Twente nasce ad inizio luglio 1965 dalla fusione tra lo Sportclub Enschede – vincitore del titolo nel 1926, mentre, dalla creazione del campionato a girone unico (la “Eredivisie“), nel 1954, conta un secondo posto nel 1958 e due terzi posti nel 1957 e ’64 – e gli Enschedese Boys, proprio allorché il calcio in Olanda sta avviando il processo di rapida crescita, cogliendo sin dai primi anni significativi piazzamenti a ridosso delle grandi, terzo nel 1969, quarto nel 1970, quinto nel ’71 ed ancora terzo nel 1972 e ’73, che le consentono di affacciarsi nel panorama europeo.

Non molto fortunato all’esordio – eliminato al primo turno di Coppa delle Fiere ’70 (0-2, 1-0) dai francesi del Rouen –, il Twente si fa, al contrario, valere nell’edizione successiva, allorché raggiunge i quarti di finale e mette in seria difficoltà la Juventus che, dopo essersi imposta per 2-0 (reti di Haller e Novellini) all’andata, subisce identico passivo (Pahlplatz all’11 e Drost al 49’) al ritorno ad un “Diekman Stadion” gremito sino al massimo (ed anche oltre…) della capienza da quasi 23mila spettatori, prima che una doppietta in 2’ di Anastasi nei supplementari ne sancisca il passaggio del turno.

Tornato a calcare i terreni di gioco europei nell’edizione ’73 della ridenominata Coppa Uefa, il Twente migliora il proprio cammino raggiungendo stavolta il traguardo delle semifinali – dopo aver eliminato, una dopo l’altra, Dinamo Tibilisi, Frem Copenaghen, Las Palmas ed OFK Belgrado, che aveva, a propria volta estromesso dalla manifestazione il Feyenoord al secondo turno –, per affrontare i fortissimi tedeschi occidentali del Borussia Monchengladbach, i quali si impongono sia nell’andata tra le mura amiche (3-0 con doppietta di Jupp Heynckes ed acuto del danese Henning Jensen) che al ritorno, violando per 2-1 il campo avversario.

Tenete bene a mente il nome di queste due formazioni (Juventus e Borussia Monchengladbach) perché tra non molto torneranno ad essere protagoniste del nostro racconto, non senza soffermarci prima sul cercare di capire a cosa si debbano questi eccellenti risultati.

gettyimages-451322037-612x612
Kees Rijvers – da gettyimages.it

Come sempre, la base di tutto è il manico, che nella fattispecie ha il nome di Kees Rijvers – ex centrocampista con un’importante esperienza all’estero nelle file dei francesi del Saint-Etienne (un titolo nel ’57 ed una Coupe de France nel ’62 per lui) e 33 presenze, con 10 reti all’attivo, nella Nazionale olandese tra il 1946 ed il ’60 –, che assume la guida della squadra nel 1966 mantenendola sino al ’72, per poi andare a far grande il PSV Eindhoven.

Il suo posto viene rilevato dal lussemburghese di nascita, ma oramai olandese d’adozione, Antoine “Spitz” Kohn, ex attaccante che deve il soprannome al suo “killer instinct” in area di rigore, caratteristica che gli consente di realizzare 147 reti in sole gare di campionato per una carriera conclusa proprio nelle file del Twente, ma è evidente che per ottenere successi di prestigio occorrono anche giocatori di livello.

E questi il Twente li ha, eccome, a partire dal portiere Piet Schrijvers – acquistato da DWS Amsterdam nell’estate ’67 e che proprio ad Enschede ha modo di conquistare il posto in Nazionale, i cui colori indosserà in 46 occasioni –, per poi contare su due difensori di indubbia affidabilità quali Kees van Ierssel ed Epi Drost ed attaccanti di buon livello quali Theo Pahlplatz ed il prodotto locale Jan Jeuring, ma è indubbio che il fiore all’occhiello della compagine di Kohn è costituito dai gemelli René e Willy van de Kerkhof, da tre anni in forza al club provenienti da Helmond e centrocampisti offensivi di livello internazionale.

Ma si sa anche che, quando una società di medio (soprattutto economicamente) livello si mette in evidenza, i suoi gioielli vanno a finire nel mirino delle squadre più potenti finanziariamente, ed ecco che l’ex tecnico Rijvers, dopo aver concluso in un’anonima sesta posizione la sua prima stagione al PSV, convince i due gemelli van de Kerkhof a trasferirsi ad Eindhoven, mettendo le basi dei futuri successi che portano il club della Philips ad aggiudicarsi tre titoli della Eredivisie nel successivo quinquennio.

download.jpg
I gemelli van de Kerkhof alla firma del contratto con il PSV – da ad.nl

Si potrebbe pensare che la perdita dei gemelli possa rappresentare un danno incalcolabile per il Twente, ed invece, per quelle favole che solo il calcio riesce a raccontare, avviene l’esatto contrario, ovverosia che, con l’innesto a centrocampo di Frans Thijssen, proveniente dal NEC Nijmegen, e la crescita nel settore di René Notten, la formazione di Kohn disputi il miglior campionato della sua giovane storia, grazie anche all’innesto in attacco del 25enne Johan Zuidema, al suo debutto in Eredivisie, reduce dall’essersi aggiudicato il titolo di capocannoniere della “Eerste Divisie” (la nostra Serie B) l’anno precedente con 25 reti all’attivo.

In una stagione, quella del 1973-’74, che fa registrare la clamorosa eliminazione dei tre volte vincitori della Coppa dei Campioni dell’Ajax – peraltro orfani della loro stella Johan Cruijff, andato a raggiungere il suo maestro Rinus Michels al Barcellona per riconquistare la Liga che al club azulgrana mancava da ben 14 anni – sconfitti al secondo turno dai bulgari del CSKA Sofia, a tornare in auge sono i rivali del Feyenoord, i quali ottengono il loro secondo trionfo europeo, affermandosi in Coppa Uefa avendo la meglio nella doppia finale sugli inglesi del Tottenham, 2-2 al White Hart Lane e 2-0 al ritorno, disputatosi il 29 maggio ’74, grazie alle reti di Wim Rijnsbergen in chiusura di primo tempo e raddoppio di Peter Ressel a 5’ dal fischio finale.

Una finale di Coppa (cui aveva partecipato anche il Twente, eliminato al terzo turno dagli inglesi dell’Ipswich Town) alla quale lo squadrone di Rotterdam giunge dopo essersi aggiudicato l’11esimo titolo della sua storia, in una Eredivisie dove, nella sfida tra le tre grandi – l’Ajax giunge terzo con 51 punti ed il PSV migliora il piazzamento dell’anno precedente, quarto a quota 49, ma aggiudicandosi la sua seconda KNVB-Beker superando 6-0 in finale il NAC Breda – si inserisce di prepotenza la formazione guidata da “Spitz” Kohn che, a due giornate dal termine del torneo, si trova alla pari con il Feyenoord, 54 punti a testa, pur vantando una peggior differenza reti (+42 rispetto al +68 dei rivali), discriminante in caso di arrivo a parità di punti.

Decisivo diventa, pertanto, lo scontro diretto in programma il 5 maggio ’74 davanti ai 65mila spettatori che rappresentano il massimo della capienza del “De Kuip” di Rotterdam, gara in cui il Twente ha un unico risultato a disposizione, ovvero la vittoria, uscendo viceversa sconfitto a testa alta per 2-3 in un andamento dell’incontro che ha sempre visto la squadra di Wiel Coerver avanti nel punteggio, sino alla definitiva rete di Theo de Jong a meno di 20’ dal termine.

E’ quella, del Feyenoord, una formazione che si fonda sulla forza dei “tre Wim” (Rijsbergen, Jansen e van Hanegem), che poi andranno a far parte dell’undici titolare della Nazionale arancione che Michels conduce sino alla finale per il titolo mondiale a due mesi di distanza solo per subire un’amara sconfitta per 1-2 all’Olympiastadion di Monaco di Baviera di fronte ai padroni di casa tedeschi, ma sia l’esito della rassegna iridata che l’ottima stagione disputata nelle coppe continentali, conforta circa una prosecuzione di questo trend nella successiva stagione di grandi manifestazioni internazionali.

Con l’Olanda rappresentata dal Feyenoord in Coppa dei Campioni, dal PSV Eindhoven in Coppa delle Coppe e da Ajax, Twente ed FC Amsterdam (club costituitosi nel 1972 dalla fusione tra DWS e Blau-Wit) in Coppa Uefa, i primi ad alzare bandiera bianca sono proprio i vincitori della Eredivisie, verso i quali non hanno pietà gli ex nemici dell’Ajax Johan Cruijff e Johan Neeskens (con quest’ultimo ad aver raggiunto il compagno a fine Mondiali) che, con il loro Barcellona, travolgono al secondo turno la formazione di Rotterdam al “Camp Nou” per 3-0 (tripletta di Rexach), dopo lo 0-0 in Olanda all’andata.

Non molto migliore il cammino dell’Ajax in Coppa Uefa, estromesso dalla competizione al terzo turno dalla Juventus per effetto del valore delle reti segnate in trasferta – con protagonista “flipper” Damiani che, dopo aver deciso con una rete il match di andata, sigla a metà ripresa il punto del momentaneo pareggio al ritorno che rende vano il definitivo 2-1 di Gerrie Muhren ad 1’ dal termine –, nel mentre raggiunge i quarti di finale l’FC Amsterdam (dopo aver clamorosamente eliminato l’Inter, 2-1 a San Siro, doppietta di Nico Jansen, e 0-0 in casa), che nulla può rispetto alla corazzata Colonia, che si impone con un netto 5-1 in Renania, replicato con il successo esterno per 3-2.

A portare avanti il buon nome del calcio olandese restano dunque il PSV Eindhoven in Coppa delle Coppe ed il Twente in Coppa Uefa, ed il primo, dopo poco più che due allenamenti contro i nordirlandesi dell’Ards (10-0, 4-1) ed i polacchi del Gwardia Varsavia (5-1, 3-0), compie l’impresa di eliminare il Benfica, andando ad espugnare l'”Estadio da Luz” di Lisbona per 2-1 (reti di Willy van de Kerkhof e Willy van der Kuylen) dopo lo 0-0 dell’andata, caratterizzato dal curioso particolare che la gara sia stata interrotta per oltre 20’ minuti allorché, ad 8’ dal termine, si era verificato un blackout elettrico, circostanza, capirete, quanto mai imbarazzante visto che si giocava sul campo del club della Philips!

Ma non c’è nulla da fare per il PSV, opposto in semifinale ai futuri vincitori del trofeo, vale a dire la Dinamo Kiev trascinata dalla stella Oleg Blokhin, che chiude il discorso già all’andata in Ucraina con un 3-0 che rende vano il tentativo di rimonta al ritorno, utile solo a salvare l’onore grazie alla doppietta dello svedese Ralf Edstroem per l’ininfluente 2-1 che schiude alla Dinamo le porte delle finale.

E così un’Olanda che da un quinquennio vede un suo club trionfare in Europa – Feyenoord ’70, Ajax ’71, ’72 e ’73 in Coppa dei Campioni ed ancora Feyenoord in Coppa Uefa ’74 –, è costretta a sperare nel miracolo del Twente, se vuole proseguire nella tradizione vincente.

Una formazione che, nell’estate ’74, si è vista sfuggire anche l’esperto estremo difensore Scrijvers, attirato dalle sirene dell’Ajax (con cui si aggiudicherà 5 titoli della Eredivisie), sostituito dal portiere tedesco Volkmar Gross, rientrato in Europa dopo un’esperienza in Sudafrica con l’Hellenic di Città del Capo, rinforzando peraltro il settore difensivo con l’acquisto di Niels Overweg, proveniente dal Go Ahead Eagles Deventer, ed inserendo, nel corso della stagione, una fondamentale pedina a centrocampo con l’innesto del 23enne Arnold Muhren, prelevato dall’Ajax.

Con la speranza che, in attacco, Zuidema confermi la buona precedente stagione (al suo conto 13 reti quale miglior marcatore della squadra), l’undici del confermatissimo Antoine Kohn (resterà alla guida sino al 1979) inizia il suo percorso in Europa per quella che passa alla storia come la Coppa delle rivincite, a cominciare sin dal primo turno, che lo vede abbinato agli inglesi dell’Ipswich che li avevano eliminati l’anno prima.

In un periodo, come ricordato all’inizio, dove il calcio anglosassone ha il netto sopravvento nel Vecchio Continente – con la differenza che la Germania trionfa anche a livello di Nazionale, mentre le rappresentanti di Albione fanno solo incetta di coppe europee –, risulta determinante la rete di Theo Pahlpaltz messa a segno a 7’ dal termine dell’andata a “Portman Road” che fissa il punteggio sul 2-2, così che l’1-1 del ritorno (deciso nel primo quarto d’ora dal vantaggio di Jaap Bos, annullato dal punto del pari di Bryan Hamilton) è sufficiente per il passaggio del turno in forza del maggior numero di reti segnate in trasferta.

Superata un’avversaria indubbiamente ostica, il sorteggio del secondo turno stabilisce il sempre affascinante derby belga-olandese con il Twente abbinato al RWD Molenbeek, venendo a capo del match casalingo, dopo un botta e risposta tra Frans Thijssen ed Eddy Koens prima della mezz’ora, solo grazie ad un rigore trasformato al 90’ dal centrocampista Kick van del Vall – figura leggendaria del club, con oltre 350 presenze all’attivo –, per poi toccare a Zuidema mettere a segno l’unica rete che decide la gara di ritorno.

Il terzo turno (od ottavi di finale che dir si voglia), che, appunto, vede l’eliminazione dell’Ajax da parte della Juventus, si svolge a cavallo tra fine novembre ed inizio dicembre ’74, e l’eventuale superamento permette di accedere alla fase primaverile della competizione, circostanza che sembra molto a rischio per il Twente, dopo l’1-3 rimediato all’andata a Praga contro il Dukla, rischiando un tracollo di dimensioni enormi allorché si ritrova sotto per 0-3 all’intervallo, prima che una rete di Notten al 52’ lasci qualche fondata speranza per il ritorno.

Quella di mercoledì 11 dicembre ’74 al “Diekman Stadion” è una di quelle notti che rimpiangeranno a lungo quei tifosi, poco fiduciosi, che se ne restano a casa, visto che sono in meno di 10mila gli spettatori che assistono al massacro dei cechi – tra le cui file, giova ricordare, militano il portiere Ivo Viktor e l’attaccante Zdenek Nehoda che, l’anno seguente, saranno campioni d’Europa con la loro Nazionale –, con il risultato capovolto già con il 2-0 con cui le due squadre vanno al riposo, per poi assumere contorni ben più netti con il 5-0 conclusivo che porta la firma di uno scatenato Zuidema (in rete al 33’, 71’ ed 81’), cui fa buona compagnia Notten, a segno al 43’ ed al 73’ per la sua personale doppietta.

Con sole 8 squadre rimaste in lizza, la parte del leone la fanno le tedesche, con ancora tre rappresentanti a contendersi il trofeo, ovvero il Colonia, sorteggiato con l’altra olandese FC Amsterdam (e di cui, appunto, fa un sol boccone), il Borussia Monchengladbach, che elimina (1-0 e 3-1) il Banik Ostrava, e l’Amburgo, che trova viceversa la sua strada sbarrata dalla Juventus, che si impone per 2-0 a Torino e difende il vantaggio con lo 0-0 del ritorno al “Volksparkstadion“.

Rimane, dunque, il Twente, con il quale l’urna appare benevola avendolo abbinato agli jugoslavi del Velez Mostar, compagine di pressoché nessuna esperienza internazionale, ma andare a giocare nei campi delle formazioni dell’Est Europa non era mai semplice all’epoca, e lo 0-1 maturato all’andata (rete di Marjan Kvesic a metà ripresa) è tutto tranne che rassicurante in vista del ritorno.

Ed infatti, dopo che il solito Zuidema rimette le sorti della doppia sfida in parità con la rete del vantaggio in chiusura della prima frazione di gioco, la ripresa si gioca sul filo dei nervi – una rete dei bosniaci significherebbe quasi certa eliminazione –, sino a che, ancora una volta, giunge l’ultimo giro di lancetta a favorire la squadra di Kohn, con stavolta ad essere Overweg a vestire i panni del giustiziere per la gioia degli stavolta 21mila tifosi presenti sugli spalti.

A questo punto, siamo onesti, il Twente al sorteggio delle semifinali rappresenta il classico “vaso di coccio tra tre vasi di ferro“, visto che, bene o male che vada, dovrà vedersela con una tra Juventus, Colonia e Borissia Monchengladbach, con quest’ultime ad essere abbinate per un quanto mai emozionante derby tedesco, mentre agli olandesi toccano, logicamente, in sorte i bianconeri.

Se vi ricordate dell’occhiello di qualche paragrafo precedente, avevamo pregato di tenere a mente i nomi della Juventus e del Borussia Monchengladbach, ovvero le formazioni che avevano eliminato il Twente nelle sue partecipazioni del 1971 e ’73 – con l’Ipswich, colpevole di analoga impresa nel ’74, i conti erano già stati regolati al primo turno –, ma, in tutta franchezza, appare quanto mai difficile compiere analoga vendetta contro una squadra come quella bianconera che annovera fra le sue file campioni di indiscusso valore quali Zoff, Scirea, Causio, Anastasi e Bettega, solo per citare i più rappresentativi,

Oltretutto, si tratta di una Juventus alla disperata ricerca del suo primo successo a livello internazionale e reduce da due amare delusioni nelle precedenti stagioni – sconfitta solo per la norma dei goal in trasferta (2-2 ed 1-1) nell’ultima finale di Coppa delle Fiere ’71 ed arresasi per 0-1 all’Ajax nella finale di Coppa dei Campioni ’73 a Belgrado –, ed il pronostico pende decisamente a favore del club di Piazza Crimea.

E, mentre la sfida in famiglia in casa tedesca ha poca storia – con il Borusssia a prenotare la finale sin dal match di andata in trasferta (3-1 con doppietta di Allan Simonsen) per poi chiudere definitivamente i conti con l’1-0 del ritorno –, sono comunque in 22mila a credere nell’impresa allorché il 9 aprile 1975 alle ore 20:00 il direttore di gara francese René Vigliani dà il fischio d’inizio al “Diekman Stadion“.

Gara che si mette subito bene per i padroni di casa grazie alla rete del vantaggio messa a segno da Jeuring al 20’, il quale approfitta di una difettosa respinta di Zoff, anche se in parte mitigata dall’infortunio che, appena 2’ dopo, vede Arnold Muhren costretto a lasciare il campo a favore di Bos, con le due squadre che vanno al riposo sul punteggio di 1-0.

twente-juventus-75-wp
La rete di Jeuring in Twente-Juventus 3-1 – da storiedicalcio.altervista.org

Nell’intervallo, il tecnico bianconero Carlo Parola si gioca entrambe le sue carte, inserendo Cuccureddu al posto di Capello per dare una maggiore forza in interdizione al reparto di centrocampo – in effetti aver schierato contemporaneamente Causio, Capello, Anastasi, Viola e Bettega vede una Juventus un tantino sbilanciata –, per poi affidarsi al “talismano” José Altafini, che a dispetto delle quasi 37 primavere tante volte ha salvato la baracca bianconera, inserito in luogo di Bettega.

Ma Kohn può contare sulla stagione di grazia di Zuidema (il quale, in campionato, replica lo stesso bottino di 13 reti dell’anno precedente), che, allo scoccare dell’ora di gioco, raccoglie una corta respinta della difesa bianconera per trafiggere Zoff con una conclusione nell’angolo basso alla destra dell’estremo difensore friulano.

Con il Twente sospinto dai propri tifosi alla ricerca del terzo goal, un errato disimpegno a centrocampo fa sì che Altafini si involi verso la porta avversaria per realizzare la rete dell’1-2 che alimenta le speranze di rimonta al ritorno, che restano tutto sommato intatte nonostante che ancora Zuidema, a 7’ dal termine, sigli il punto del definitivo 3-1 per la sua personale doppietta.

Impresa difficile, ma non certo impossibile, quella che attende la Juventus a due settimane di distanza al “Comunale” di Torino, se non fosse che, dopo appena 10’ di gioco, un’azione personale ed insistita ancora di Zuidema, fa sì che l’attaccante olandese (al suo nono centro nella manifestazione) geli gli oltre 45mila spettatori presenti e sancisca, da una parte, una nuova, cocente delusione a livello internazionale, e, dall’altra, una seconda gustosa rivincita.

70-juventus-fct-1
Una fase della gara di ritorno a Torino – da wikipedia.org

Per completare l’opera – non è a nostra conoscenza se anche in Olanda sia in vigore il proverbio “non c’è due senza tre” – occorrerebbe peraltro una sorta di miracolo sportivo contro la corazzata tedesca che, tanto per rendere l’idea, si presenta al doppio appuntamento conclusivo avendo sinora realizzato, nelle 10 gare disputate, qualcosa come 27 reti (media 2,7 a partita) contro appena 8 subite ed uno score di 9 vittorie ed una sola sconfitta (1-2 all’esordio ad Innsbruck contro il Wacker, ampiamente riscattato con il 3-0 del ritorno).

In una sorta, pertanto, di quanto mai squilibrato “Davide contro Golia” – ed in cui, sfida nella sfida, c’è anche quella per il trono di capocannoniere del torneo, visto che, al momento, Zuidema vanta 9 reti al pari di Nico Jansen dell’FC Amsterdam, nel mentre i gemelli del gol avversari, vale a dire Heynckes e Simonsen, seguono con 8 centri ciascuno –, le due squadre scendono in campo per la gara di andata il 7 maggio 1975 alle ore 20:00 al “Rheinstadion” di Dusseldorf, dove il Borussia è solito disputare le gare più importanti, stante la ridotta capienza del “Bokelberg“, dove invece gioca gli incontri di Bundesliga.

Ed invece, a conferma di quanto il calcio sia in grado di sfuggire anche ai pronostici più scontati, contro ogni previsione il super attacco dei “Die Fohlen” (“I Puledri“) rimane per la prima volta a secco nel corso del torneo, con le iniziative continue, ma disordinate, ad infrangersi contro il muro difensivo opposto dagli olandesi, per uno 0-0 conclusivo che non serve altro che ad alimentare ulteriormente le speranze di veder realizzato un sogno a cui neppure il più ottimista dei tifosi poteva credere.

Pur avendo ottenuto il peggiore dei migliori risultati – ciò in quanto un pareggio con reti al ritorno assegnerebbe la coppa ai tedeschi –, sono i consueti 22mila a darsi appuntamento quindici giorni dopo al “Diekman Stadion, in un insolito orario pomeridiano delle ore 18:00,  per incitare i propri beniamini a compiere un’impresa che resterebbe memorabile nella storia del club. Ma, purtroppo, il risveglio dal sogno alla realtà è sin troppo veloce e brusco.

Non sono difatti trascorsi ancora 10’ dal fischio d’inizio dell’arbitro austriaco Schiller che Simonsen ed Heynckes hanno già perforato per due volte la porta difesa da Gross, con il primo a scagliare all’incrocio un bolide dal limite dopo appena 3’ di gioco ed il secondo a raccogliere al 9’ un invitante lancio in profondità di Jensen, complice un’indecisione dei difensori, e superare l’estremo difensore avversario in disperata uscita.

borussia-uefa-74-75-wp1
Heynckes esulta dopo la rete del 2-0 – da storiedicalcio.altervista.org

Con una montagna da scalare ed il morale sotto i tacchi, l’undici di Kohn è incapace di reagire e, dopo essere andato al riposo sullo 0-2, crolla definitivamente ad inizio ripresa, con ancora Heynckes protagonista nel siglare la sua personale tripletta – che lo laurea altresì capocannoniere della manifestazione con 11 reti all’attivo –, dapprima con una gran conclusione di destro all’incrocio al 50’ e quindi raccogliendo di testa, a centro area, un invitante cross dalla sinistra quando scocca l’ora di gioco.

I restanti 30’ sono poco più che accademia, ed ai soli fini statistici si registra la rete della bandiera messa a segno dal capitano Epi Drost con una potente conclusione dalla lunga distanza che sorprende Kleff, prima che, a 3’ dal termine, il punteggio assuma i suoi connotati definitivi con il calcio di rigore trasformato da Simonsen e decretato per un fallo subito da Jensen, lanciato a rete da Heynckes.

VIG-4300812 - © - Werner Otto
Il rigore del definitivo 5-1 trasformato da Simonsen – da agetotostock.com

Si conclude così, con un mortificante 1-5, l’avventura europea di un Twente che comunque ha scritto una bella pagina di storia e che, a distanza di due anni, conquisterà il primo trofeo, superando nella finale della KNVB-Beker 3-0 il PEC Zwolle, curiosamente proprio nella stagione in cui la Juventus otterrà finalmente il suo primo trionfo a livello internazionale aggiudicandosi la Coppa Uefa ’77 a spese dei baschi dell’Athletic Bilbao.

Ed il Borussia? Raggiunge anch’esso l’atto conclusivo del torneo continentale più prestigioso, vale a dire la Coppa dei Campioni, solo per vedersi però sconfiggere 1-3 dal Liverpool allo “Stadio Olimpico” di Roma al termine di una delle finali più belle e combattute della storia della manifestazione.

Così va il mondo, oggi a me, domani a te

 

Lascia un commento