MILANO-SANREMO 1907, LA PRIMA VOLTA E’ NEL SEGNO DI PETIT-BRETON

1907-Giovanni-Gerbi.jpg
Giovanni Gerbi in fuga – da moreschiphoto.it

articolo di Nicola Pucci

Il 14 aprile 1907 è una data storica: nel giorno in cui l’Unione Ciclistica Internazionale compie il suo settimo anno di vita, inizia la meravigliosa avventura della Milano-Sanremo, che manda in scena la sua prima edizione.

In realtà l’anno prima la corsa ha conosciuto un primo abbozzo, quando per iniziativa dell’Unione Sportiva Sanremese si è disputata una gara in due tappe, Milano-Acqui e Acqui-Sanremo. Ma l’insuccesso è stato clamoroso e così per il 1907 Eugenio Costamagna, direttore della Gazzetta dello Sport, affida al giornalista Armando Cougnet l’organizzazione di una prova che si snodi lungo il tragitto che collega Milano a Sanremo. Il nizzardo trapiantato a Reggio Emilia, che due anni dopo sarà pure l’ideatore del Giro d’Italia, progetta la “Classicissima di Primavera” e 62 iscritti, di cui 33 rispondono poi all’appello, alle 4.30 del mattino del 14 aprile 1907 si danno appuntamento all’osteria della Conca Fallata di Milano, lungo il Naviglio Pavese. E la storia ultracentenaria di una delle cinque classiche monumento può avere inizio.

E’ una mattina fredda e piovosa, che invoglierebbe più a rimanersene sotto le coperte che sciropparsi 288 chilometri in bicicletta attraverso vallate oscure, su per montagne perigliose e lungo strade polverose. Ma la gloria attende i partecipanti e così i 33 temerari che sono della partita, convinti dagli ingaggi dispensati dalle case ciclistiche intenzionate a vincere, sono pronti a darsi battaglia, ben sapendo che lungo il percorso troveranno chi potrà dar loro supporto. Il regolamento infatti permette il cambio del mezzo meccanico, ma la conditio sine qua non è che non debba essere assolutamente operato dalle poche auto al seguito.

La Bianchi è tra le favorite alla vittoria, anche perché il direttore sportivo Ferdinando Tommaselli, che ha un illustre passato di pistard tanto da esser stato campione del mondo di tandem a Parigi nel 1900 con l’olandese Harrie Meyers (seppur il titolo non sia riconosciuto dall’UCI), è riuscito ad ingaggiare il numero uno degli stradisti francesi, quel Lucien Petit Breton (che all’anagrafe fa Lucien Georges Mazan) che di lì a qualche mese vincerà il suo primo Tour de France ed è detentore del record dell’ora, e che viene affiancato dal campione italiano più celebre, Giovanni Gerbi, il “Diavolo Rosso“, già vincitore del Giro di Lombardia nel 1905. La Peugeot è l’altra grande protagonista attesa e può puntare alla vittoria con l’altro francese Gustave Garrigou, dato in grande forma, così come è atteso alla recita Louis Trousselier, trionfatore al Tour de France sempre nel 1905, anno in cui si impose anche alla Parigi-Roubaix.

E così alle 5.17 i 33 partecipanti si mettono in marcia, tra questi gli italiani contano anche sulle prestazioni di Luigi Ganna e Carlo Galetti, che proprio al Giro d’Italia negli anni successivi daranno sfoggio di grande classe, così come sono annunciati in buone condizioni il campione nazionale Giovanni Cuniolo, Albini, Rossignoli e Pavesi. E’ tempo di ciclismo eroico, in cui la fatica si sposa con l’ardimento, quando non si ha paura di tentare l’azzardo, e così poco dopo Pavia si forma un gruppetto di attaccanti che comprende Gerbi, Cuniolo, Ganna, Galetti, Albini, Trousselier, Petit Breton, Garrigou, Rossignoli e Canepari, praticamente tutti i favoriti, inseguiti a breve distanza da Pavesi e Pautrat.

La corsa si accende nell’attraversamento di Pozzolo Formigaro, che prevede un tratto di strada disegnato su un selciato sconnesso e traditore, proprio a fianco della Parrocchia. Gerbi, che evidentemente conosce bene il percorso, si getta a gran velocità in una striscia di terra che, pur fangosa e piena di pozze, permette di fare velocità. L’astuzia del “Diavolo Rosso” paga e consente al corridore della Bianchi di iniziare una di quelle fughe a lunga gittata che lo renderanno famoso. Sotto la pioggia che si trasforma in nevischio, Gerbi aumenta il suo vantaggio in modo costante. A Novi ha già 1 minuto sul gruppetto degli inseguitori e al passaggio sul Colle del Turchino il margine si assesta sui 3 minuti. Alle spalle dello scatenato astigiano transitano Ganna, Galetti e Garrigou nell’ordine; più staccato arranca Petit Breton che ha forato in un momento decisivo, mentre Trousselier è più indietro ancora vittima di una caduta a Cuniolo paga dazio alle sue difficoltà in salita.

Nella discesa Galletti, a causa di una caduta, si stacca dal terzetto e Garrigou a Voltri precede Ganna di poche centinaia di metri. Il tempo in Riviera è decisamente migliorato e sulle via Aurelia si accalca un numero congruo di appassionati ad applaudire l’audacia dei forzati del pedale. Gerbi intanto, accompagnato dall’incitamento e dall’entusiasmo dei liguri, affronta con autorità la Colletta e i Piani d’Invrea, ma non può fare a meno, nei pressi di Savona, di essere raggiunto da Garrigou, al culmine dello sforzo individuale ma ancora con benzina quanto basta nei polpacci per dire la sua nella fase decisiva della corsa.

Tommaselli comunica a Gerbi che Petit Breton si è ripreso e sta recuperando terreno sui due corridori al comando. L’astigiano a questo punto decide di non collaborare con Garrigou per aspettare il compagno di colori che rientra nella discesa di Capo Berta, quando al traguardo mancano ormai 25 chilometri. Il terzetto dei battistrada parlotta tentando ripetutamente un accordo per dividere i premi in denaro che sono previsti per i primi all’arrivo, addirittura 300 lire al vincitore, ma è chiaro che la cosa risulti impossibile. Petit Breton e Gerbi, che vestono la stessa casacca, fanno gioco di squadra cercando di sorprendere Garrigou scattando a ripetizione, ma il francese è in forma smagliante e non si fa sorprendere annullando sul nascere tutti i tentativi dei due corridori della Bianchi.

Agli ottocento metri, fuori dalla vista dei più, Gerbi, ormai sicuro della divisione del premio con Petit Breton dal quale ha ricevuto precise garanzie, non trova altra soluzione che cercare il contatto e la rissa con Garrigou, prendendolo per il collo, tanto da cogliere impreparato l’avversario, sorpreso dall’inattesa e pure vile aggressione. Nel frattempo Petit Breton, esausto e digiuno, coglie l’attimo propizio e va a prendersi la vittoria in Corso Cavallotti dopo 11h4’15” di sforzo prolungato. Gerbi chiude secondo staccato di 35″ ma l’inevitabile reclamo presentato da Garrigou, danneggiato dal “Diavolo Rosso“, trova ascolto presso la giuria, seppur non possa altrettanto ovviamente togliere la vittoria a Petit Breton che, per la cronaca, aveva adottato una moltiplica 44X18. Quindi Gerbi retrocede in terza posizione alle spalle di Garrigou, con Ganna, quarto, accreditato di un ritardo oltre la mezzora.

E così la Milano-Sanremo dell’anno zero va in archivio con la prima vittoria straniera. Lucien Petit-Breton apre l’enciclopedia della “Classicissima“, quel che viene dopo è leggenda.

Lascia un commento