ALBIN STENROOS E L’APOTEOSI NELLA MARATONA ALLE OLIMPIADI DI PARIGI 1924

articolo di Nicola Pucci

Alle Olimpiadi di Parigi del 1924 la distanza della maratona viene infine ufficialmente e definitivamente codificata in 42,195 chilometri, coperta solo in occasione dei Giochi di Londra del 1908.

L’estate parigina ha i contorni dell’eccezionale, per via delle temperature infuocate, così viene deciso, il 13 luglio, di posticipare la partenza della gara alle 17.25, visto che il giorno precedente solo 15 atleti sono giunti al traguardo della prova di cross country e molti dei concorrenti hanno dovuto ricorrere all’assistenza ospedaliera per i traumi dovuti al caldo soffocante.

58 maratoneti si allineano al via, tra questi 6 italiani (numero massimo, che dal 1932 diventerà tre per paese) ma i favoriti sono altri. Tra questi il finlandese Hannes Kolehmainen, che vinse quattro anni prima ad Anversa, i connazionali Albin Stenroos e Ville Kyronen, che hanno battuto proprio Hannes alle selezioni finlandesi, il britannico Duncan Wright, l’americano Clarence DeMar, vincitore in carriera ben sette volte della maratona di Boston, l’estone Juri Lossman, che difende l’argento conquistato in Belgio, e due atleti, il francese di origine magrebina El Ouafi e il cileno Manuel Plaza, che domineranno l’edizione successiva di Amsterdam nel 1928.

Si va dallo stadio alla località di Pontoise e ritorno, attraversando la foresta di St.Germain, e il greco Alexandros Kranis è il primo temerario a provare l’allungo. L’ellenico non regge però il ritmo forsennato, rilevato in testa prima dal canadese Cuthbert, poi dallo stesso DeMar, dopodiché dal francese Georges Verger, ma è proprio il finlandese Stenroos ad imprimere il suo marchio alla corsa.

Nato a Vehmaa, in Finlandia, nel 1889, Stenroos è già stato protagonista ai Giochi di Stoccolma del 1912, quando ha conquistato due medaglie, l’argento nel cross a squadre chiudendo con i compagni alle spalle della Svezia padrona di casa, e il bronzo nei 10.000 metri, anticipato dal grande Hannes Kolehmainen e dall’americano di origini Hopi, Lewis Tewanima. Fermato dal primo conflitto bellico ed assente alla ripresa dei Giochi, ad Anversa 1920, Stenroos si ripresenta ormai 35enne a Parigi nel 1924, con l’ambizione di far saltare il banco nella gara più prestigiosa del programma di atletica leggera alle Olimpiadi.

Il finlandese, infatti, prende il comando poco dopo 20 chilometri ed aumenta progressivamente il vantaggio sugli inseguitori, che si alternano tra tentativi di rincorsa ed improvvise crisi. Proprio DeMar, nel tentativo di tener testa a Stenroos, paga l’azzardo e nel finale di gara viene raggiunto e superato dall’italiano Romeo Bertini, autore di una prova tatticamente ineccepibile, che rinviene da dietro e va a cogliere una splendida medaglia d’argento, seppur distanziato di sei minuti da Stenroos che fa ingresso trionfale nello Stadio Olimpico di Colombes, chiudendo col tempo di 2h41’22”.

Per Albin è l’apoteosi a cinque cerchi, così come è magnifica la piazza d’onore di Bertini, guardiano allo zoo di Milano, e comunque da applaudire è il terzo posto di DeMar, che ha la prerogativa fisica di correre con coronarie ben più ampie del normale. Quando si dice, la chimera di una medaglia olimpica

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