AI MONDIALI 2001, AMY MBACKE’ THIAM REGALA AL SENEGAL L’UNICO TITOLO IRIDATO

Amy Mbacke Thiam festeggia il titolo iridato 2001 – da gettyimages.it

articolo di Giovanni Manenti

Se il Senegal figura nei medaglieri olimpici e mondiali per quanto concerne l’atletica leggera, lo deve esclusivamente a due suoi rappresentanti, appartenenti per “par condicio” ai due distinti settori maschile e femminile, ancorché entrambi nella specialità dei 400 metri, pur con la differenza fra la distanza piana e quella ad ostacoli.

Fra di loro, il più famoso è senza dubbio Amadou Dia Ba – del quale abbiamo già trattato –, specialista delle barriere basse, e che ai Giochi di Seul 1988 contribuisce a porre fine all’epopea del “leggendario” americano Edwin Moses, sfiorando addirittura l’oro con il secondo posto alle spalle (47”19 a 47”23) dell’altro americano André Phillips, tempo che all’epoca rappresentava la terza miglior prestazione di sempre e tuttora 11esima nella relativa “graduatoria all time”.

Dia Ba finalista altresì alle Olimpiadi di Los Angeles 1984, dove si classifica quinto in 49”28 ed alle prime due edizioni dei Mondiali di Helsinki 1983 e Roma 1987, ottenendo la settima e quinta posizione con i rispettivi tempi di 49”61 e 48”37, oltre ad essersi aggiudicato quattro titoli consecutivi sui 400hs ai Campionati Africani alle edizioni del Cairo 1982, Rabat 1984, ancora al Cairo nel 1985 e ad Annaba 1988.

Sicuramente meno produttiva a livello di risultati, ma altrettanto positiva quanto a medaglie è, viceversa, la protagonista al femminile della nostra storia odierna, vale a dire Amy Mbacké Thiam, nata il 10 novembre 1976 a Kaolack, città di oltre 200mila abitanti nella regione omonima, la quale vive il suo periodo di maggior successo ad inizio Nuovo Millennio.

La sua prima apparizione di un certo rilievo avviene in occasione dei “Jeux de la Francophonie” che si svolgono ad Antananarivo nel settembre 1997 e che la vedono piazzarsi in quarta posizione in 53”25 nella gara dei 400 metri vinta dalla francese Marie-Louise Bévis con il tempo di 52”91, stesso piazzamento replicato dalla Thiam l’anno seguente ai Campionati Africani che si svolgono in patria a Dakar, pur migliorandosi in 52”39 nella finale che parla nigeriano, con Falilat Ogunkoya a precedere (50”07 a 50”13) la connazionale Charity Opara.

I risultati certificano che, per poter aspirare al podio in una delle maggiori manifestazioni internazionali, occorre quantomeno scendere sotto la “barriera dei 50” netti”, che per la 22enne Thiam sembra ancora piuttosto lontana, pur avendo fatto registrare il suo miglior tempo stagionale in 51”60 aggiudicandosi i campionati nazionali francesi a Dijon.

Titolo, quest’ultimo, che la senegalese replica anche nel successivo biennio imponendosi in 51”46 ad inizio agosto 1999 a Niort ed in 51”49 il 6 agosto 2000 a Nizza, stagioni che la vedono impegnata in occasione dei Mondiali di Siviglia 1999, nonché ai “Giochi di Fine Millennio” di Sydney 2000.

In Andalusia, la Thiam si presenta essendo scesa per la prima volta in carriera sotto i 51” netti, grazie al 50”95 ad inizio agosto al meeting di Montecarlo, ma la concorrenza a livello assoluto è troppo forte e, nonostante si migliori ancora sino a 50”77, il tempo la fa concludere non meglio che settima nella seconda semifinale, dove vengono eliminate anche le nigeriane Olabisi Afolabi e Opara, con il titolo iridato appannaggio dell’australiana Cathy Freeman a precedere (49”67 a 49”74) la tedesca Anja Rucker.

Freeman che bissa il titolo conquistato due anni prima ad Atene e che è una delle stelle annunciate, anche grazie alla sua veste di aborigena, alle Olimpiadi di Sydney non tradendo le attese grazie al 49”11 con cui precede con ampio margine la giamaicana Lorraine Graham e la britannica Katharine Merry, che concludono in 49”58 e 49”72 rispettivamente, mentre la Thiam non supera anche stavolta lo scoglio delle semifinali, replicando il settimo posto con il tempo di 51”60.

Per la senegalese, che l’anno precedente aveva conquistato i suoi due primi allori con il bronzo nella gara individuale in 50”95 alle spalle della coppia nigeriana Ogulkoya/Afolabi e l’argento in staffetta (sempre dietro alle imbattibili nigeriane) agli “All Africa Games” di Johannesburg, resta ancor più valido l’obiettivo di scendere, appunto, sotto la “barriera dei 50” netti”, visto che nella finale olimpica sono riuscite nell’impresa le prime cinque classificate e la sesta, la sudafricana Heide Seyerling, ha concluso in 50”05.

Sicuramente, per centrare un tale traguardo, aiuta anche ottenere qualche vittoria, circostanza che la Thiam sperimenta a proprio favore allorché a metà luglio 2001 si disputano ad Ottawa, in Canada, “Les Jeux de la Francophonie”, una sorta di ultima preparazione in vista della rassegna iridata in programma due settimane dopo ad Edmonton.

Pur se disertata dalle migliori specialiste francesi, la manifestazione vede l’oramai 24enne senegalese imporsi nella finale dei 400 piani con il suo miglior tempo stagionale di 50”92 davanti alla rappresentante del Ciad Kaltouma Nadjina (che si era aggiudicata l’oro sui 200 metri), a rappresentare pertanto una confortante iniezione di fiducia in vista del Mondiali.

Per atlete che non possono “permettersi” di dominare la scena a lungo, occorre che si verifichino alcune circostanze favorevoli per poter emergere, la prima delle quali ovviamente sta nel farsi trovare nella miglior condizione fisica nel momento giusto, unita magari ad un calo di forma od all’assenza delle principali avversarie.

Sotto quest’ultimo punto, a favorire la Thiam gioca sicuramente l’assenza della campionessa olimpica Freeman, temporaneamente ritiratasi dalle scene per assistere il marito affetto da un carcinoma alla gola, ma delle altre finaliste di Sydney sono presenti l’argento Graham-Fenton, al pari della britannica Donna Fraser e della messicana Ana Guevara (rispettivamente quarta e quinta in Australia), oltre alla Ogunkoya.

Un buon banco di prova dunque, per una gara sul giro di pista che si apre il 5 agosto 2001 con la disputa delle batterie che vedono la senegalese aggiudicarsi la sesta serie in 50”99 – secondo miglior tempo assoluto a pari merito con la Guevara dopo la tedesca Gritt Breuer con 50”71 –, per poi fornire una convincente prestazione all’indomani nella seconda delle tre semifinali, allorché precede (50”21 a 50”38) la stessa Nadjina, con entrambe le atlete a centrare i rispettivi primati nazionali.

In buone condizioni si conferma anche la Breuer, che si impone nella prima serie in 50”32 davanti alla russa Olesya Zykina, mentre nella terza accedono alla finale due delle favorite, vale a dire Guevara e Graham-Fenton, allorché con tempi più alti di 50”58 e 50”61 rispettivamente.

Pretattica o sintono di una condizione approssimativa, a chiarirlo non può che essere il giudice insindacabile, vale a dire la pista, dove le otto finaliste si schierano sui blocchi di partenza alle 20:45 ora locale di martedì 7 agosto 2001, con la Thiam inserita in quarta corsia, così da fungere da punto di riferimento per la messicana in terza, ma con nel mirino Breuer, Nadjina e Graham-Fenton che le partono davanti.

Una finale, pertanto, senza grandi favorite e che si conferma tale, con a presentarsi in quattro più o meno sulla stessa linea all’ingresso sul rettilineo d’arrivo, dove la Guevara, che ha sfruttato al meglio la corsia interna in curva, sembra avere inizialmente partita vinta, ma, mentre la tedesca cede progressivamente, la Thiam reagisce a metà percorso per poi resistere all’attacco della giamaicana all’esterno ed andare a cogliere una “storica” affermazione con il suo “personal best” in carriera di 49”86 a precedere di soli 0”02 centesimi la Graham-Fenton, con la Guevara a completare il podio in 49”97.

L’aver ottenuto quella che, a tutt’oggi, è l’unica medaglia d’oro in Atletica per il senegal fra Olimpiadi e Mondiali, proietta immediatamente la Thiam al terzo posto del ranking di fine anno stilato dalla prestigiosa rivista Usa “Track & Field News”, ancorché sia ora chiamata a confermarsi negli anni a seguire.

Cosa che non accade nel 2002, stagione quanto mai sotto tono, per poi al contrario riemergere nella successiva, che vede come appuntamento clou la rassegna iridata di fine agosto 2003 a Parigi Saint-Denis, che rappresenta un po’ la casa della velocista, tesserata per il “Racing Club” della capitale transalpina, occasione alla quale si presenta con due confortanti prestazioni ai meeting di Berlino ed al “Weltklasse” di Zurigo, dove conclude in 50”67 e 50”14 rispettivamente.

Abituata a dare il meglio di sé nelle grandi manifestazioni, anche sulla pista dello “Stade de France” la 26enne Thiam si dimostra in buone condizioni aggiudicandosi la sua batteria in 50”86, miglior tempo assoluto, così come è prima sul traguardo in 50”78 nella prima delle tre semifinali, ancorché facciano meglio la bahamense Tonique Williams-Darling a precedere (50”43 a 50”45) la Graham-Fenton nella seconda, al pari della Guevara che si aggiudica la terza in 50”68.

E così, allorché le otto finaliste si schierano sui blocchi di partenza della finale che prende il via alle ore 21:50 del 27 agosto 2003, è opinione comune che possa andare in scena la replica di quanto visto due anni prima in Canada, con la sola Williams-Darling a poter recitare il ruolo di “quarto incomodo”, posizionandosi in quarta corsia, con la messicana alla sua sinistra e la giamaicana alla destra, mentre la campionessa in carica, sorteggiata in sesta, fa da punto di riferimento alle altre.

Non potendo impostare la corsa sulle sue più dirette avversarie, ecco che la Thiam opta per una partenza veloce che la porta a transitare in testa a metà gara, solo per pagare dazio alla seconda curva, tant’è che all’ingresso in rettilineo è già stata superata dalla Guevara ed affiancata dalla Graham-Fenton, mentre la Williams appare irrimediabilmente staccata.

Scottata dall’esperienza di Edmonton, stavolta la messicana distribuisce al meglio le energie, andando a vincere con largo margine (48”89 a 49”43) sulla giamaicana, mentre la Thiam riesce a stento a salvare il bronzo (49”95 a 49”98) dal ritorno all’esterno della russa Natalya Nazarova.

Per la senegalese non vi è molto da recriminare, avendo segnato anche stavolta il suo miglior tempo stagionale, il che la riporta al terzo posto del ranking di fine stagione, ma quel che stupisce è che questo sia, inaspettatamente, l’ultimo suo acuto in carriera, visto che, attesa come una protagonista ai Giochi di Atene, non riesce neppure a superare le batterie, addirittura quinta nella terza serie con un quanto mai mediocre 52”44.

Quattrocentista che cerca di ritrovare la forma migliore nel successivo biennio, allorché si aggiudica altri due titoli nazionali francesi – nel 2005 ad Angers in 51”47 e nel 2006 a Nancy in 51”26 –, ma oramai il vertice della specialità è ben distante, riuscendo a raggiungere la finale solo ai Mondiali di Helsinki 2005, dove peraltro conclude ottava in 52”22 (dopo aver corso in 50”83 in semifinale) nella gara che incorona la Williams-Darling, già oro l’anno prima ad Atene, a precedere (49”55 a 49”74) l’americana Sanya Richards, con a completare il podio la Guevara che nella capitale greca aveva conquistato l’argento.

Poco aggiungono al palmares della senegalese l’affermazione in 52”22 nella finale dei Campionati Africani 2006 svoltisi nelle Isole Mauritius, come pure l’argento dell’edizione 2010 che ha luogo a Nairobi, in Kenya, preceduta (50”03 a 51”32) dalla rappresentante del Botswana Amantle Montsho – che l’anno dopo farà suo il titolo iridato alla rassegna di Daegu –, piazzamento replicato anche agli “All Africa Games” 2011 in Mozambico, dove si arrende ancora (50”87 a 51”77) di fronte alla Montsho.

Resta comunque il fatto che, se nel medagliere olimpico dell’atletica leggera (ed altresì assoluto) si cerca il Senegal, a tale paese è affiancato solo il nome di Amadou Dia Ba, così fra i medagliati ai campionati mondiali di atletica spicca per la nazione africana esclusivamente il nome di Amy Mbacké Thiam, e scusate se è poco…

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