JOEL ROBERT, IL PRIMO FUORICLASSE BELGA DEL MOTOCROSS

articolo di Nicola Pucci

Nel parlare di motocross, ci vengono in aiuto un paio di spunti di indubbio interesse: uno è che a differenza di quel che avviene per il motomondiale, la classe più ambita e prestigiosa è quella della 250, il secondo è che tra le nazioni-guida vi è il Belgio, che con ben 52 (!!!) titoli mondiali complessivi capeggia la speciale graduatoria dei campioni del mondo, doppiando Italia e Francia che si sono imposti a 24 riprese.

Tra i campionissimi fiamminghi che hanno scelto di eccellere nel motocross, piuttosto che in bicicletta che è lo sport nazionale per antonomasia da quelle parti, un posto di primo piano lo merita senza dubbio il protagonista del nostro racconto odierno, Joel Robert, che può venir considerato il primo, vero fuoriclasse della specialità che somma audacia, spericolatezza e disprezzo del pericolo. Oltre, ovviamente, a necessitare di una dose massiccia di talento.

In verità Robert è vallone, nato il 26 novembre 1943 in quella Chatelet resa celebre dal pittore René Magritte, e come l’illustre concittadino il giovane Joel inizia ben presto a “pennellare” prodezze in motocicletta, visto che già all’età di 6 anni suo padre, un ex pilota di motocross e speedway, gli costruisce la sua prima moto, una Gillet da 125 cc, che Joel guida ispirandosi ai suoi idoli di bambino, che altri non sono che René Baeten (campione del mondo in classe 500 nel 1958) e Auguste Mingels (campione europeo nel 1953 e nel 1954, sempre nella mezzo di litro).

Robert esordisce infatti appena 16enne, grazie ad una speciale autorizzazione concessa dalla Federazione che gli consente di gareggiare quando il limite sarebbe imposto a 18 anni, vincendo nel 1960 il titolo juniores e nel 1962 quello nazionale in sella ad una Greeves, dopo aver concluso al secondo posto l’anno precedente. E quando proprio nel 1962 viene istituito il campionato del mondo della classe 250 (in 500 si corre già dal 1957), ecco che questo talentuosissimo motocrossista dalla personalità debordante, spesso sovrappeso, un po’ sbruffone e con l’inseparabile sigaretta tra le labbra, ha modo di scrivere pagine iridate memorabili.

Le prime due stagioni sono contrassegnate dal dominio dello svedese Torsten Hallman, che mette in saccoccia due titoli mondiali vincendo complessivamente 15 gare (nel motocross si disputano due manche, entrambe la domenica, dopo le prove ufficiali del sabato) e se Robert, sempre montando una Greeves, ottiene solo qualche piazzamento parziale per un 14esimo e 25esimo posto finale in classifica generale, ecco che nel 1964, assoldato dalla cecoslovacca CZ (che aveva offerto il posto ad Hallman, ricevendone il rifiuto per continuare a guidare la Husqvarna), apre una parabola da vincente destinata a durare fino al 1972. Librando proprio con Hallman un duello tra i più leggendari dell’intera storia del motocross.

Nel 1964, infatti, Robert disegna una stagione pressoché perfetta, vincendo 8 dei 14 gran premi previsti, infine totalizzando 56 punti che, grazie anche al secondo posto in Lussemburgo ed il terzo ad Imola, gli regalano il primo titolo mondiale, anticipando Hallman che somma 50 punti con le sole vittorie in Spagna, Polonia, Francia ed Imola. E sebbene Joel abbia solo 21 anni, diventa il più giovane campione del mondo della storia, proiettandosi nel futuro con la legittima aspirazione di diventare il padrone della classe 250.

A dispetto delle ambizioni, nel 1965 Robert si vede costretto a cedere il passo al sovietico Viktor Arbekov, suo compagno di squadra alla CZ, che col corollario di 5 vittorie parziali lo sopravanza in classifica, 52 punti contro 48 con i soli successi in Lussemburgo e a Mosca e complice qualche guaio meccanico di troppo, strappandogli lo scettro, ma nel triennio che segue, con Hallman che torna prepotentemente ai vertici della cilindrata, il mondiale di motocross della quarto di litro conosce la sue epopea d’oro.

Tra Robert ed Hallman, infatti, si accende una rivalità che raggiunge vette tecniche impensabili, con lo svedese che nel 1966, dopo che Arbekov ha vinto la gara di apertura in Spagna per poi vedersi tagliare fuori da un grave infortunio in Francia, conquista il titolo proprio all’ultima gara, battagliando con il belga con il quale, 5 vittorie a 4, la sfida si rinnova anche l’anno dopo, quando Hallman e Robert, che sommano stavolta 5 vittorie a testa, sono protagonisti di un testa-a-testa che vede il campione di Chatelet comandare la graduatoria fino a tre gare dal termine, per poi, complici tre ritiri consecutivi in Svezia, Finlandia e Mosca, vedersi sorpassare per soli 2 punti, 52 contro 50.

Prima dell’inizio della stagione successiva, con Hallman a quota 4 titoli mondiali e Robert fermo ad 1, i due grandi rivali si trasferiscono negli Stati Uniti per disputare una serie di gare “espositive”, volte a divulgare il motocross di là dall’Atlantico. E, come vedremo, il progetto si rivelerà azzeccato. Ma Joel punta soprattutto a prendersi le sue rivincite, e per il quinquennio che segue, davvero, non ce n’è per nessuno.

Nel 1968, affiancato in CZ dal connazionale Sylvain Geboers, Robert balza al comando della classifica iridata in virtù di tre vittorie consecutive in Francia, Olanda e Germania, e se Hallman lo eguaglia con i successi a Mosca, in Jugoslavia e in Svezia, la sfida per il titolo mondiale si risolve l’11 agosto a Dodindgton Park e, soprattutto, in Austria il 6 ottobre, quando il belga infila un poker vincente nelle quattro manche, approfittando anche delle disgrazie dello svedese che a Launsdorf, in testa con 23 secondi di vantaggio, fora ed è costretto al ritiro, assicurandosi così il secondo titolo mondiale in carriera, 54 punti contro 52.

Nel 1969 Robert trova in Geboers l’avversario più pericoloso nella corsa alla conferma iridata, ma sei vittorie parziali contro le quattro del connazionale gli consentono, a fine anno, di fregiarsi ancora del titolo mondiale, 102 punti contro 96.

Corteggiato dalla Suzuki, che punta ad intromettersi nella lotta di vertice di uno sport che pare parlare solo “europeo“, nel 1970 Robert, assieme allo stesso Geboers, cambia casacca, ma “invertendo l’ordine dei fattori, il prodotto non cambia“, e per i successivi tre anni, fino al 1972, Joel porta in dote alla casa giapponese tre titolo mondiali.

Nel 1970 Robert vince in Spagna, in Jugoslavia, a San Severino e a Bristol, e in classifica, 96 punti contro 94, batte proprio Geboers, nel 1971 domina otto dei dodici gran premi in calendario e con 105 punti, contro i 72 dello svedese Hakan Andersson, che ha raccolto il passaggio di consegna da Hallman in seno alla scuderia Husqvarna, cala il poker consecutivo, che poi diventa cinquina l’anno dopo, 1972, quando ipoteca la vittoria finale vincendo sei delle prime otto gare della stagione, prevalendo ancora su Andersson, nel frattempo assoldato dalla Yamaha, 102 punti contro 82.

Con il 1972 potremmo tirare giù il bandone e mandare agli archivi la straordinaria carriera di Joel Robert, che ha pure trovato modo di farsi ambasciatore del motocross negli Stati Uniti prendendo parte, nel 1970, alla Trans-Ama, una serie di gare che vede i migliori motocrossisti europei gareggiare contro i migliori motocrossisti americani, inanellando ben sei vittorie consecutive, nonché trionfare con i colleghi Roger de Coster e Sylvain Geboers nel Trofeo della Nazioni nel biennio 1969/1970. Perché un infortunio al ginocchio occorsogli nel 1972 lo condiziona nelle stagioni che seguono, le ultime della sua attività agonistica di motocrossista vincente, chiusa nel 1976 montando l’austriaca Puch dopo che nei tre anni precedenti, con la Suzuki, aveva saputo imporsi solo nella seconda manche del Gran Premio di Germania a Bielstein il 9 giugno 1974.

6 titoli mondiali e 50 vittorie in classe 250, un record che durerà fino al 2004 quando a far meglio di lui sarà, guarda che coincidenza, un altro grande belga, Stefan Everts. Se non era un fenomeno questo…

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