LA FINALE DI COPPA DEI CAMPIONI SFIORATA DAL CSKA SOFIA NEL 1967

CSKA ed Inter scendono in campo nel ritorno a Sofia – da inter.it

articolo di Giovanni Manenti

Da quando, a far tempo dall’edizione 1992-’93, il principale torneo calcistico per club europeo ha cambiato denominazione, da Coppa dei Campioni a Champions League, con conseguente, progressivo aumento del numero delle partecipanti dei migliori paesi del Vecchio Continente, le affermazioni si sono pressoché esclusivamente concentrate sulle formazioni provenienti dai quattro principali (Germania, Inghilterra, Italia e Spagna) campionati.

Prova ne sia che, nei successivi 30 anni, si sono registrati solo tre successi – Olympique Marsiglia nel 1993, Ajax nel 1995 e Porto nel 2004 – di club al di fuori di quel quadrilatero, così come nell’ultimo ventennio solo il Paris Saint-Germain nel 2020 è stato capace di raggiungere l’atto conclusivo, sconfitto 0-1 dal Bayern Monaco.

Completamente spariti dai radar, viceversa, i club dell’Europa orientale, ancorché pur con la precedente versione non è che avessero avuto un eccessivo successo, con solo la Romania – grazie alla Steaua Bucarest, vincitrice del trofeo nel 1986 e finalista tre anni dopo – e la Jugoslavia a poter vedere le loro rappresentanti disputare la finale, con quest’ultima a vantare la prima finalista dell’Europa dell’est, con il Partizan Belgrado sconfitto 1-2 dal Real Madrid nel 1966 e la Stella Rossa viceversa capace di affermarsi nel 1991 superando l’Olympique Marsiglia ai calci di rigore.

Molte sono le cause, legate innanzitutto alla dissoluzione dell’impero sovietico ed alla successiva disgregazione dell’ex-Jugoslavia, circostanze che hanno impedito il proseguire degli “aiuti di stato” ai principali club che, non a caso, erano formati da dipendenti dell’esercito (CSKA), polizia (Dinamo) o ferrovieri (Lokomotiv) non esistendo oltrecortina il professionismo.

Ovviamente, ed è sicuramente la principale ragione, le società dell’est europeo non hanno poi potuto rivaleggiare con le disponibilità finanziarie dei maggiori club dell’Europa occidentale – molti dei quali passati in mano, in epoca recente, anche a ricchi sceicchi arabi al pari di investitori americani – che, oltre a potersi assicurare i migliori giocatori sudamericani, impoveriscono altresì gli organici della squadre dell’est Europa ingaggiando i più promettenti giovani talenti.

Ma, tornando un passo indietro alla “vecchia, cara Coppa dei Campioni” – da molti appassionati ancora rimpianta –, ecco che vi sono stati periodi in cui, comunque (e specie nel corso degli anni ’60 e ’70) anche diversi club dell’Europa orientale sono riusciti a distinguersi, sfiorando in più occasioni l’accesso alla finale, facendo altresì da bacino di utenza alle rispettive Nazionali, capaci di ben figurare a livello internazionale, quali Unione Sovietica, Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria e Bulgaria, tutte in grado di vantare numerose partecipazioni alle fasi finali dei Mondiali, rassegna in cui complessivamente vantano cinque finaliste, quattro terze ed altrettante quarte classificate.

Ecco, quindi, che nel nostro “flash back” odierno, siamo andati a verificare quale sia stato il miglior percorso nelle tre principali – Coppa dei Campioni, Coppa delle Coppe e Coppa Uefa – manifestazioni europee compiuto da un club in rappresentanza della Bulgaria, paese che, a differenza di Unione Sovietica, Cecoslovacchia, Polonia, Ungheria e Germania Est (oltre alle stesse Romania e Jugoslavia), non ha mai avuto la soddisfazione di vedere una propria formazione disputare una finale nei tornei continentali.

E ciò nonostante che la Nazionale bulgara si sia qualificata per quattro edizioni – Cile 1962, Inghilterra 1966, Messico 1970 e Germania 1974 – consecutive alla fasi finali dei Mondiali, rassegna in cui raggiunge il suo miglior piazzamento nel 1994 negli Stati Uniti, classificandosi quarta dopo essere stata eliminata 1-2 dall’Italia in semifinale, ma, come accennato, con tutti i migliori calciatori (Hristo Stoichkov, Yordan Letchkov, Emil Kostadinov e Krasimir Balakov) militanti in club dell’Europa occidentale.

Una situazione, quest’ultima, che non era immaginabile nel periodo vissuto dal paese sotto l’influenza del regime comunista ed, anche in questa circostanza, a primeggiare sono due formazioni della capitale Sofia, vale a dire il CSKA ed il Levski, nome quest’ultimo assunto in onore dell’eroe nazionale Vasil Levski, martire del risorgimento bulgaro di fine XIX secolo.

Ma, mentre il Levski non è mai andato oltre i quarti dei vari tornei europei – eliminato dal Gornik (3-2 ed 1-2) nel 1970, dall’Atletico Madrid (2-1 e 0-2) nel 1977 e dal Real Saragozza (doppio 0-2) nel 1987 in Coppa delle Coppe, mentre in Coppa Uefa il cammino si interrompe contro il Barcellona (0-4 e 5-4) nel 1976 e lo Schalke 04 (1-3 ed 1-1) nel 2006 –, ben più positivo è il cammino del CSKA, in ben tre occasioni semifinalista ed in una circostanza giunto proprio ad un passo dall’atto conclusivo.

Evento, questo, che si verifica in occasione dell’edizione 1966-’67 della Coppa dei Campioni, rassegna alla quale il CSKA partecipa per l’ottava volta, essendosi aggiudicato il torneo nazionale per 11 volte fra il 1951 ed il 1962, per poi, dopo un triennio di piazzamenti, tornare al vertice nel 1966, avendo la meglio in volata (42 punti a 41) sui “rivali storici” del Levski.

Nelle precedenti occasioni, il club della capitale bulgara aveva raggiunto i quarti nell’edizione 1956-’57, sconfitto (1-3 e 2-1) dalla Stella Rossa Belgrado dopo aver in precedenza eliminato (8-1 e 2-3) i rumeni della Dinamo Bucarest, per poi dare un grosso dispiacere ai tifosi bianconeri allorché, nel primo turno del torneo 1960-’61, ribalta lo 0-2 dell’andata a Torino imponendosi per 4-1 al ritorno, salvo poi uscire per mano del Malmoe.

Ai nastri di partenza della stagione 1966-’67, pertanto, il CSKA si presenta dopo aver fornito cinque suoi giocatori – il portiere Georgi Naydemov, i difensori Dimitar Penev e Boris Gaganelov (capitano) e gli attaccanti Dimitar Yakimov ed Ivan Kolev – a comporre l’ossatura della Nazionale bulgara in occasione delle fasi finali dei Mondiali di Inghilterra ’66 che la vedono concludere con sole sconfitte in un peraltro “girone di ferro” assieme a Portogallo, Ungheria e Brasile.

Costretto a disputare il turno preliminare per ridurre da 33 a 31 le squadre partecipanti – con i campioni in carica del Real Madrid successivamente esentati dal primo turno –, il CSKA non ha eccessive difficoltà ad eliminare i maltesi dello Sliema Wanderers, imponendosi per 2-1 (doppietta di Yakimov) all’andata sull’isola e chiudendo i conti con il 4-0 del ritorno fra le mura amiche, per poi essere sorteggiato contro i campioni della confinante Grecia, vale a dire l’Olympiakos Pireo.

Doppio confronto che non si mette bene per la compagine allenata dal tecnico Stoyan Ormandzhiev, che all’intervallo della gara d’andata dinanzi al proprio pubblico è sotto per 0-1, salvo ribaltare l’esito nella ripresa a cavallo dell’ora di gioco con i centri di Ivan Vasilev e Penev e quindi mettere a segno in chiusura con Nikola Tsanev la fondamentale rete del 3-1, visto che al ritorno i greci non vanno oltre l’1-0 grazie ad un rigore trasformato da Giorgos Sideris.

Con un primo turno a non aver riservato sorprese di alcun genere, l’urna di Zurigo propone al CSKA un altro derby orientale abbinandolo ai polacchi del Gornik Zabrze per una sfida che sembra risolta al fischio finale del match di andata, concluso con un rassicurante, almeno sulla carta, 4-0 (doppietta di Dimitar Marashliev ed acuti di Tsanev e Vasilev), se non fosse che al ritorno la formazione di casa ha già recuperato (3-0) quasi tutto lo svantaggio allorché le due squadre vanno al riposo.

Riuscire a mantenere i nervi saldi in una situazione del genere va a tutto merito dei ragazzi bulgari, che si compattano nella ripresa riuscendo ad accedere ai quarti con il minimo margine, traguardo viceversa mancato dal Liverpool, eliminato (1-5 e 2-2) dall’Ajax, e dall’Atletico Madrid, clamorosamente fatto fuori dal Vojvodina ai tempi supplementari (2-3) dello spareggio disputato nella capitale spagnola e dopo che i “Colchoneros” si erano portati sul 2-0 a proprio favore.

Avanzano, viceversa, le due grandi favorite del torneo, vale a dire i campioni in carica del Real Madrid – sia pure a fatica (0-1 e 3-1, dopo essere passati in svantaggio al ritorno) sui tedeschi occidentali del Monaco 1860 – e l’Inter (affermatasi nel biennio 1964-’65) che regola (2-1 e 2-0) gli ungherese del Vasas, formazioni che un sorteggio beffardo mette di fronte ai quarti di inizio marzo 1967.

Quadro degli accoppiamenti che prevede anche le sfide Vojvodina-Celtic ed Ajax-Dukla Praga, mentre l’urna indubbiamente sorride al CSKA, al quale toccano i nordirlandesi del Linfield, ovvero i più deboli rimasti ancora in lizza.

Mai dare nulla per scontato, comunque, visto che all’andata, disputata al “Windosr Park” di Belfast per garantire una maggiore affluenza di pubblico, i padroni casa reagiscono alla rete segnata in apertura da Vasil Romanov ribaltando il risultato già prima dell’intervallo grazie ai centri di Brian Hamilton e Tommy Shields, prima che a metà ripresa Romanov sigli la sua personale doppietta per il 2-2 finale, al quale segue il risicato 1-0 del ritorno, a firma di Yakimov ad inizio ripresa.

Non solo Bulgaria, peraltro, a mettersi in evidenza, perché anche il Dukla Praga – che aveva in precedenza eliminato con autorità sia i danesi dell’Esbjerg (2-0 e 4-0) che i ben più ostici belgi dell’Anderlecht (4-1 e 2-1) – spegne le speranze di un 20enne Johan Cruijff e del suo Ajax, imponendo il pari per 1-1 allo “Stadio Olimpico” di Amsterdam e quindi ribaltando al ritorno la rete di Sjaak Swart ad inizio ripresa con l’immediato pari di Stanislav Strunc e quindi qualificandosi per le semifinali per un’autorete di Soetekouw a 3’ dal termine.

Cecoslovacchi ai quali per coronare il sogno occorre superare gli scozzesi del Celtic Glasgow, venuti a capo (0-1 e 2-0) di un difficile confronto con il Vojvodina, risolto a proprio favore dalla rete siglata in chiusura del match di ritorno dal proprio capitano Billy McNeil, nel mentre l’Inter certifica la conclusione del “periodo d’oro” del Real Madrid, imponendosi sia a San Siro (1-0, rete di Cappellini) che al “Santiago Bernabeu”, espugnato 2-0 grazie ancora a Cappellini e ad un’autorete di Zoco.

Nerazzurri che sono altresì al comando della Serie A dopo 23 giornate con quattro lunghezze (37 punti a 33) di margine sulla Juventus – così da puntare al tris di scudetti dopo le affermazioni nel 1965 e 1966 –, ma che stanno per affrontare il peggior periodo del “ciclo della Grande Inter”, ancorché, al momento di scendere in campo a San Siro il 19 aprile 1967 per il match di andata con il CSKA, il vantaggio sui bianconeri sia invariato (44 punti a 40) a sei giornate dalla conclusione del torneo.

Non più brillanti come nella prima parte di stagione, i nerazzurri mantengono comunque il comando delle operazioni anche contro le rudezze degli avversari, con a farne le spese poco dopo la mezzora di gioco Kiril Raikov, espulso dall’arbitro austriaco Taki Wlachojanis per un calcione rifilato a Suarez, con l’Inter a sbloccare il risultato in chiusura di primo tempo grazie a Facchetti che devia sottomisura un cross rasoterra di Suarez dalla sinistra.

In vantaggio di un uomo e nel punteggio, ci si attende che i nerazzurri chiudano la pratica nella ripresa ed invece subiscono la rete del pareggio a metà ripresa con Tsanev che supera Sarti su calcio di punizione per il punto dell’1-1 difeso a denti stretti sino al termine, per un andamento dell’incontro che si replica ad una settimana di distanza a Sofia, con ancora Facchetti a portare avanti l’Inter poco dopo il 60’, solo per essere raggiunta a 12’ dal termine da una conclusione dal limite di Nikolai Radlev.

Tutto ancora in bilico quindi, così che – mentre il Celtic si è già guadagnato il biglietto per la finale di Lisbona conservando con lo 0-0 del ritorno a Praga il vantaggio maturato grazie al 3-1 dell’andata al “Celtic Park– si rende necessario un incontro di spareggio programmato per il 3 maggio 1967 a Bologna e che i nerazzurri – con ancora quattro lunghezze di margine (46 punti a 42) sulla Juventus ad altrettanti turni dalla conclusione del campionato – si aggiudicano per 1-0 risultando sufficiente il punto messo a segno da Cappellini dopo appena 12’.

Si conclude qui la prima, positiva avventura del CSKA in Coppa dei Campioni, traguardo che raggiungerà anche nel 1982, dopo aver eliminato (0-1 e 2-0) ai quarti il Liverpool detentore del trofeo, per poi mettere paura anche al Bayern Monaco, aggiudicandosi il match di andata a Sofia per 4-3 dopo aver condotto 3-0 dopo soli 20’ di gioco, salvo poi crollare 0-4 al ritorno in Baviera.

L’Inter, dal canto suo, si gioca tutto in una settimana, sconfitta 1-2 in finale dal Celtic Glasgow (per il primo trionfo di un club britannico) giovedì 25 maggio 1967 e quindi superata all’ultima giornata di campionato dalla Juventus complice l’harakiri (0-1) compiuto sul campo del Mantova, giorni che in pratica sanciscono la chiusura del “ciclo vincente del Mago Herrera”.

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