IL BARONE VON CRAMM, EROE DEL TENNIS TEDESCO CHE RIFIUTO’ IL NAZISMO

VON CRAMM.jpg
Von Cramm in azione – da thetimes.co.uk

articolo di Nicola Pucci

Corre l’anno 1932 quando un giovane aristocratico tedesco, alto, biondo e con gli occhi azzurri, insomma il prototipo dell’ariano, fa parlare per la prima volta di sè. Gottfried Von Cramm, perché è di lui che oggi ci occupiamo, ha uno stile tennistico impeccabile, una determinazione a prova di bomba ed una sportività, così come un fair-play, esemplare, ed associato a Daniel Prenn, talentuoso rifugiato di origini polacche nato a Vilnius che per quell’anno gareggia per la Germania ancora sotto la Repubblica di Weimer, giunge alla finale interzona di Coppa Davis con gli Stati Uniti, dopo aver battuto la Gran Bretagna 3-2 con vittoria risolutiva dello stesso Prenn con Fred Perry, ed aver demolito a Milan l’Italia di Giorgio De Stefani e Giovanni Palmieri, 5-0. Elisworth Vines infine batte Von Cramm regalando il successo agli americani per 3-2, ma la strada è tracciata ed il “barone“, perché barone lo è per davvero, comincia a far capolino nelle sfide che contano. Seppur, con l’avvento del nazismo nel gennaio del 1933, Prenn, che ha spillata al petto la stella di Davide, è costretto ad emigrare nuovamente, stavolta in Inghilterra, lasciando il giovane Gottfried a disimpegnarsi da solo.

Uff… il preambolo è stato lungo, ma necessario, per inquadrare il momento storico in cui Von Cramm comincia ad esercitare con profitto il mestiere di tennista, e, come vedremo, le circostanze influiranno, e pure parecchio, sugli sviluppi della sua carriera. In effetti, in attesa che un nuovo collega, Henner Henkel (curiosa coincidenza, lui nato in Polonia, a Poznan) venga a sostenerlo in Coppa Davis, il “barone” si fa rispettare in singolare, pur non figurando tra i migliori, giocando a Wimbledon dove, dopo la sconfitta con Fred Perry all’esordio nel 1931, trova nel francese Christian Boussus un avversario troppo forte per lui, tanto che lo elimina nel 1932, cedendo invece l’anno dopo all’americano Cliff Sutter.

Nonché le cose vadano meglio sui campi in terra battuta del Roland-Garros, dove Von Cramm si presenta un prima prima volta nel 1931 perdendo agli ottavi di finale con George Lott. Ma il tedesco è in crescita, costante, e nel 1934 si presenta a Parigi in veste di quarto favorito di un torneo che ha in Perry, Jack Crawford e Bunny Austin i tre pretendenti più autorevoli alla vittoria. E qui, seppur debba far fronte ad un cammino irto di difficoltà, giunge in finale battendo uno dopo l’altro Malfroy, Palmieri, Ellmer, Menzel e De Stefani che globalmente gli strappano ben otto set in cinque partite, per poi superare all’atto decisivo il detentore del titolo, proprio Crawford, 6-4 7-9 3-6 7-5 6-3 al termine di una sfida appassionante.

Di colpo Von Cramm diventa una stella di prima grandezza, e puntualmente il regime nazista bussa alla sua porta, nel tentativo di sfruttarne la popolarità al servizio della propaganda di partito. Ed è qui che Gottfried, armato di un codice etico impossibile da mettere in imbarazzo, non cede al ricatto del naziolasocialismo, da un lato consolidando la sua fama di uomo tutto di un pezzo, dall’altro creando una frizione che solo qualche hanno più tardi pagherà a caro prezzo.

Nel frattempo la sua attività di campione procede con eccellenti risultati, figurando quale secondo giocatore più forte al mondo nel 1935 quando cede in finale sia al Roland-Garros (in quattro set) che a Wimbledon (nettamente, 6-2 6-4 6-4) a Perry, che si conferma l’incontrastato numero uno.

Ma nel 1936 Von Cramm prende la sua rivincita, viaggiando stavolta senza incertezze sulla terra battuta parigina, dove giunge all’atto conclusivo con percorso immacolato per battere poi il rivale con un clamoroso 6-0 al set decisivo, assicurandosi il secondo titolo dello Slam in carriera. Nel cassetto dei sogni del campione tedesco, ad onor del vero, ci sarebbe una meravigliosa illusione colorata di verde, ovvero trionfare sui prati di Wimbledon, e le due vittorie ai quarti e in semifinale con Crawford ed Austin parrebbero essere il gustoso antipasto del piatto più prelibato, quello che sancisce la vittoria sul Centre Court, ma Perry è qui nel suo giardino e la finale, ancor più che in precedenza, ha troppo le sembianze di un’esecuzione capitale, con il grande Fred che travolge il “barone“, 6-1 6-1 6-0, in quella che sarà poi la finale più breve della storia del torneo, complice anche uno strappo muscolare che lo sfortunato Von Cramm si produce nel corso del primo gioco dell’incontro! E’ tripletta consecutiva per Perry, ma da quel 3 luglio 1936 un inglese dovrà poi attendere ben 77 anni prima di tornare a sventolare l’Union Jack sul centrale più famoso del mondo.

L’orologio della storia, ahimè, impone le sue leggi, troppe volte deprecabili, e nel 1937, anno che dovrebbe consentire a Von Cramm di diventare il più forte con il passaggio di Perry al professionismo, l’insubordinazione costa a Gottfried la chance di difendere il suo titolo in singolare a Parigi, con la motivazione che il giovane Henkel, iscritto al partito e che ad ogni fine incontro saluta il pubblico con il braccio teso alla nazista, sia più adatto del campione in carica a tenere alta la bandiera con la svastica sui campi rossi del Roland-Garros. In effetti Henkel vincerà quell’edizione dello Slam parigino, dominando in finale Austin, bissando poi con la vittoria in doppio associato allo stesso Von Cramm, a cui i dirigenti tedeschi affiancano un coach quale Bill Tilden, ma lo strappo tra il “barone” e il regime è ormai insanabile, e seppur gli venga concesso di competere in Coppa Davis, dove la Germania può addirittura far sua l’insalatiera d’argento, così come a Wimbledon e agli Us Open, il disastro è ormai imminente.

Von Cramm nondimeno fa in tempo a giocare, e perdere, la terza finale consecutiva a Wimbledon, stavolta arrendendosi al nuovo fuoriclasse del tennis mondiale, l’americano Donald Budge, che lo supera agevolmente in tre set, 6-3 6-4 6-2, ripetendosi poi al West Side Tennis Club di Forest Hills, dove la sfida si protrae al quinto set, ma quella che è destinato a rimanere negli annali dello sport con la racchetta è la battaglia epocale che i due campioni librano nella sfida decisiva della finale interzona di Coppa Davis. La leggenda narra che pochi minuti prima del match, che ha come teatro proprio il Centre Court di Wimbledon qualche settimana dopo i Championships, Von Cramm riceva una telefonata riservatissima dello stesso Hitler, che lo incoraggia (usando un eufemismo) alla vittoria. Sceso in campo visibilmente contratto, il “barone” si porta sul 4-1 nel quinto set prima di subire il ritorno di Budge che si impone 8-6 regalando agli Stati Uniti il punto del 3-2. Molti la riterranno una delle partite più belle della storia del tennis, quel che è certo è che Von Cramm, fedele a quel fair-play di aristocratico che lo contraddistingue, celebra l’avversario affermando che “è un onore essere battuto da un uomo come te“.

Eccoci dunque al 1938 quando Von Cramm, sconfitto seccamente da John Bromwich in semifinale agli Open d’Australia, dove cede il passo anche in doppio, al rientro in patria non può proprio più niente per contenere la furia distruttiva del nazismo, che lo mette sotto accusa per omosessualità, che per il regime è un crimine sanzionabile con la prigione, e il “barone” finisce dietro le sbarre. Il mondo del tennis internazionale insorge e si mobilita, Budge stesso, che nel corso dell’anno realizza il primo Grande Slam della storia del tennis, ed altri 25 campioni dello sport firmano una lettera di protesta che giunge sul tavolo del fuhrer. Nel maggio 1939 Von Cramm viene infine liberato e torna a gareggiare, ma in Inghilterra non vedono di buon occhio la presenza in campo di un omosessuale, seppur messo in stato di accusa dalla polizia segreta di Himmler, in uno stato sottoposto a dittatura e in cui ogni diritto alla difesa è violato, e così, se può competere al torneo del Queen’s dove vince la finale battendo Bobby Riggs, 6-1 6-0, al campione tedesco viene negata la partecipazione al torneo di Wimbledon.

Von Cramm perde così l’ultima occasione che la carriera, ma soprattutto la storia, gli offrono di vincere quel titolo ai Championships che manca al suo bellissimo palmares. Ed avrebbe potuto imporsi, anche facilmente, perchè qualche settimana dopo a trionfare tra i Doherty Gates è proprio Riggs, che ingordo com’è fa suoi i titoli di singolare, doppio e doppio misto… poi, poi è la Seconda Guerra Mondiale, che interrompe i giochi e spazza via tutto con il fetore aberrante della morte.

Eppure Von Cramm, spedito sul fronte russo, ferito ed omaggiato con la croce di ferro, nuovamente messo sotto accusa per un’improbabile complicità nell’attentato ad Hitler, sopravvissuto alla Gestapo grazie al re Gustavo V di Svezia, che lo accoglie fino alla termine del conflitto, torna a giocare e quando, nel 1951, ormai 42enne e sempre in pantaloni nell’era in cui ormai imperversano i calzoncini corti, torna a Wimbledon per affrontare al primo turno Jaroslav Drobny, che lo batte 9-7 6-4 6-4, il pubblico londinese, che se ne intende ed ha uno sviluppatissimo senso dell’onore, lo tributa di quella che oggi si chiama standing ovation.

Già, perché Von Cramm era nobile, ed esserlo non solo di nascita ma anche di fatto non è proprio da tutti. Soprattutto quando la storia ti gioca contro… andatelo a chiedere ad Henkel, che morì per le ferite ad una gamba rimediate nella battaglia di Stalingrado. Ma lui non era “barone“.