JOSE’ MANUEL FUENTE, IL CAMOSCIO CHE SFIDO’ MERCKX

articolo di Nicola Pucci

C’è stato un tempo, non lontano, in cui un corridore che aveva l’agilità di un camoscio provò a buttar giù il re dal trono. Ma una condotta di gara troppo spesso non dettata dal buon senso respinse quell’illusione di grandezza, ed il sogno rimase irrealizzato.

José Manuel Fuente appartiene alla categoria, che meriterebbe di esser protetta, degli scalatori purissimi. Asturiano di Limanes, dove nasce il 30 settembre 1945, proprio tra quelle colline impervie denuncia fin da ragazzo doti naturali quando la strada si impenna sotto le ruote, e quando, nel 1970, diventa professionista con la casacca della Karpy-Licor, sa già che solo decollando in salita potrà trovare quell’affermazione che lo riscatti dalle miserie di una seppur dignitosissima esistenza contadina.

Il primo anno tra i “grandi“, in verità, non riserva particolari soddisfazioni a Fuente, che tuttavia vince una tappa al Giro di Catalogna ed alla prima partecipazione alla Vuelta chiude in una più che onorevole 16esima posizione, facendo sua la maglia di miglior giovane. Ma già l’anno successivo, 1971, passato alla corte della Kas, è tempo di mettere pienamente in mostra le sue doti di grimpeur, allinenandosi al via sia al Giro d’Italia che al Tour de France, dopo che a primavera ha corso una Vuelta anonima che lo ha visto solo 54esimo.

Alla Corsa Rosa Fuente, pur concludendo non meglio che 39esimo, vince la tappa di Pian del Falco e si accaparra della maglia di miglior scalatore, mentre sulle strade di Francia fa doppietta, battendo tutti sui traguardi in salita di Luchon, nel giorno in cui Luis Ocaña cade ed abbandona i suoi sogni “gialli“, e Superbagneres. E di colpo diventa uno dei corridori più temuti del plotone quando la strada si impenna, come ha avrà modo di accorgersi lo stesso Eddy Merckx nei tre anni a seguire.

La carriera dell’asturiano, infatti, concentrerà il meglio essenzialmente tra il 1972 e il 1974, perché poi seri problemi ad un rene lo costringeranno ad abbandonare precocemente l’attività nel 1976. E alla Vuelta del 1972 Fuente, che divide i gradi di luogotenente della Kas con Miguel Maria Lasa, fa saltare il banco. Proprio il compagno di squadra è il primo a vestire le insegne del primato, per due giorni, grazie alla vittoria di Cabra, venendo poi rilevato al comando da Domingo Perurena, altro leader della Kas che domina talmente la corsa da piazzare sei suoi corridori tra i migliori otto della classifica generale, che si impone ad Almeria. Ma è salendo verso la stazione sciistica di Formigal, nel corso della 12esima tappa, che Fuente porta il suo affondo, rispondendo ad un attacco di José Grande, e con il permesso dei due leader della squadra, Perurena e Lasa. L’asturiano si invola, guadagna quasi sette minuti sul gruppo principale e a sera veste la maglia “amarilla“. Che tiene poi fino al traguardo finale di Madrid, trionfando così alla Vuelta con 6’34” su Lasa e 7’00” su Agustin Tamames, aggiungendo pure la maglia di miglior scalatore.

Una settimana dopo Fuente, in forma smagliante, è pronto a rinnovare la sfida sulle strade del Giro d’Italia. E qui la storia si fa interessante, perché c’è da sfidare il “cannibale” Eddy Merckx, e manca poco che non ci scappi un’altra impresa. Come è suo costume Fuente, che tutti chiamano “El tarangu” (traducibile in “lo spensierato“), cioè colui che non si preoccupa di se stesso (come già il nonno e il padre), fa fuoco e fiamme in salita, e al Blockhaus, lassù dove nel 1967 il belga conquistò la sua prima vittoria al Giro d’Italia, sbaraglia il campo, lasciando Merckx sui pedali e vestendo la sua prima maglia rosa. L’iberico tiene le insegne del primato per quattro giorni, fin quando, verso Catanzaro, cade in un’imboscata orchestrata dal belga in compagnia di Gosta Pettersson e restituisce la “rosa” al fuoriclasse fiammingo, tanto forte da tenerla fino a Milano. Fuente, quando si va in montagna, ci prova, sempre, anche contando sul sostegno dello squadrone Kas, che come alla Vuelta occupa ben cinque piazze della top-ten finale, ma pecca tatticamente, come quando, nella tappa dello Jafferau, azzarda l’ennesimo attacco da lontano pagando poi dazio alla distanza. Vince sul traguardo prestigioso dello Stelvio, fa sua nuovamente la maglia di miglior scalatore, ed infine sale sul secondo gradino del podio, staccato di 5’30” da Merckx.

Forte dei risultati conseguiti nel 1972, per l’anno successivo Fuente punta il mirino sul Tour de France, rinunciando alla Vuelta e tornando, per il terzo anno consecutivo, al Giro d’Italia. Ed anche stavolta l’asturiano regala spettacolo, vincendo la tappa che da Andalo ad Auronzo di Cadore prevedeva la scalata del Passo di Valles, del Passo di Santa Lucia, del Passo Giau e della Cima Tre Croci, dove scollina davanti a tutti conquistando, per la terza volta, la maglia verde di miglior scalatore. In classifica, tuttavia, rimane distante dai primi, chiudendo ottavo ad oltre 26 minuti dall’imbattibile Merckx, ma quel che conta è il rodaggio in funzione del Tour, e quando in Francia, il 30 giugno, è l’ora di mettersi in marcia, Fuente, che nel frattempo ha aggiunto il successo al Giro di Svizzera, dove ha dominando trionfando sui traguardi di Grachen e Meiringen e lasciando il secondo in classifica generale, l’azzurro Donato Giuliani, a 4’45”, è davvero in grande forma.

Ma proprio il Tour de France del 1973 è forse il grande rammarico della carriera di Fuente. In un’edizione in cui non c’è Merckx, che ha concentrato la stagione dei grandi giri su Vuelta e Giro d’Italia (vincendoli entrambi), l’asturiano si trova a fare i conti con il connazionale Ocaña, che riscatta la sfortunata partecipazione del 1972 vincendo a Gaillard ed indossando una maglia gialla che sarà capace di portare fino a Parigi. Fuente paga pesante dazio sul pavè della tappa che si conclude a Roubaix, perdendo ben sette minuti, e se nella frazione di Les Orres dà vita d un duello leggendario attaccando ripetutamente sulle rampe del Col du Galibier in compagnia dello stesso Ocaña, che fa altrettanto sull’Izoard e lo batte sul traguardo di 58″, seminando il gruppo degli altri favoriti comprendente Thevenet, che accusa sette minuti di ritardo, Zoetemelk, Van Impe e Poulidor che addirittura giungono venti minuti, l’impresa gli serve solo per terminare, infine, sul terzo gradino del podio, a 17’51” da Ocaña, alle spalle anche di Thevenet. Diventando, nondimeno, il primo spagnolo della storia a terminare sul podio nelle tre grandi corse a tappe.

Nel 1974 Fuente duplica il programma del 1972, partecipando a Vuelta e Giro d’Italia, e sulle strade di casa si trova a dover fare i conti proprio con i due corridori che lo hanno battuto all’ultima Grande Boucle, Ocaña e Thevenet. Ma se il francese, dopo aver vestito la maglia “amarilla” per due giorni, è costretto al ritiro e Luis è meno performante chiudendo ai piedi del podio, Fuente, al solito spalleggiato da Lasa e Perurena, che rileva Thevenet in testa alla corsa per una settimana, vince in quota a Los Angeles de San Rafael, spodesta il compagno di squadra, bissa al Monte Naranco, cade verso Arrate il che rischia di comprometterne la vittoria finale e nella cronometro conclusiva di San Sebastian resista alla rimonta del portoghese Joaquim Agostinho, che vince la tappa e gli termina a soli 11″ in classifica generale. La seconda Vuelta è di Fuente, e per José Manuel, come due anni prima, l’appuntamento con il Giro d’Italia, quattro giorni dopo, varrebbe un posto tra i fuoriclasse del pedale. A dispetto della presenza di Eddy Merckx.

E qui si fa la storia del ciclismo, per un’edizione della Corsa Rosa tra le più avvincenti di sempre. Fuente vince già sul traguardo di Sorrento, vestendo la maglia rosa dopo la terza tappa, ed è indubbiamente lo scalatore più forte del lotto, trionfando ancora a Monte Carpegna, dove semina Merckx di 1’05”, e al Ciocco, quando aggiunge 41″ di vantaggio sul belga. E se nella cronometro di Forte dei Marmi resiste a Eddy, vantando a sera ancora un margine di 18″, all’orizzonte si profilano Alpi e Dolomiti e la vicenda pare volgere a suo vantaggio. Ma quel che non ti aspetti accade verso Sanremo, in una fredda ed umida giornata di pioggia e nebbia, quando Fuente, tatticamente ancora una volta avventato, attacca quando non si dovrebbe rimanendo senza forze nell’ascesa del Monte Langan. Qui lo spagnolo lascia per strada ben 8 minuti, e le sue illusioni di vincere il Giro evaporano in un colpo solo. Perché dopo 12 giorni sveste la maglia rosa e a nulla valgono le prodezze a Monte Generoso, dove vince e recupera 2’21”, a Iseo, dove lascia il successo al compagno di squadra Santiago Lazcano e rosicchia 13″, e alle Tre Cime di Lavaredo, per una quinta vittoria parziale ed ancora 1’47” guadagnati sul “cannibalenel giorno in cui esplode la stella di Giambattista Baronchelli che rimane a soli 12″ dalla maglia rosa, il margine più esiguo della storia del Giro d’Italia. Con 3’22” di ritardo ed una sola cartuccia ancora da spendere, nella tappa che porta a Bassano del Grappa e prevede le scalate di Falzarego, Valles, Rolle e Monte Grappa, Fuente scatta a ripetizione, stacca tutti, ma nella discesa che porta al traguardo si vede recuperare dal plotoncino composto da Merckx, Gimondi, Baronchelli, Moser e Conti. Il belga conserva la maglia rosa e fa cinquina, Fuente chiude quinto in classifica generale e saluta. Perché questa è l’ultima, gloriosa corsa di “El tarangu“, dopodiché solo sventure ed una morte prematura, poco più che 50enne. Ma che gioia ricordarlo quando decollava in salita

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