IL “SALTO IN ALTO NELLA STORIA” DI STEINAR HOEN AGLI EUROPEI DI HELSINKI 1994

Steinar Hoen in azione – da dnl.no

articolo di Giovanni Manenti

In ambito olimpico, la Norvegia è nazione che capeggia il medagliere relativo ai soli giochi invernali con ben 405 allori (148 ori, 134 argenti e 123 bronzi), mentre per ciò che concerne la rassegna estiva non entra per poco nei primi 20, piazzandosi al livello immediatamente successivo con un bottino non indifferente che ha visto i propri rappresentanti salire in 163 occasioni sul podio, di cui 61 sul gradino più alto.

Per quanto attiene alle singole specialità, a farsi preferire sono la vela ed il tiro, ancorché, per quest’ultimo, 12 dei 13 ori siano relativi al periodo ante Seconda Guerra Mondiale, con a piazzarsi al terzo posto l’atletica leggera che porta in dote 23 podi, quasi equamente suddivisi con 8 ori, 7 argenti ed 8 bronzi.

Peraltro, tali affermazioni sono tutte concentrate agli anni più recenti, ove si escluda l’oro di Helge Lovland nel decathlon ai Giochi di Anversa 1920 e, se vogliamo, anche quello di Edil Danielsen alle Olimpiadi di Melbourne 1956 nel lancio del giavellotto, specialità quest’ultima che ha regalato al paese scandinavo 4 delle sue 8 medaglie d’oro, essendo seguite le vittorie di Trine Hattestad ai Giochi di Sydney 2000 ed il bis consecutivo di Andreas Thorkildsen nelle edizioni di Atene 2004 e Pechino 2008.

Concorsi che, se vedono la Norvegia “dire la sua” nei lanci, non altrettanto si può affermare nei salti, visto che in sede olimpica può vantare solo l’argento di Byorn Paulson nel 1948 a Londra nel salto in alto, il bronzo di Carl Albert Andersen nel salto con l’asta a Parigi 1900 al pari del bronzo di Sverre Hansen nel salto in lungo a Parigi 1924 e di quello di Edvard Larsen nel salto triplo ai Giochi di Londra 1908.

Situazione ben peggiore a livello iridato, considerato come i Mondiali abbiano visto la luce solo a far tempo dal 1983, dove non vi è traccia sul podio di saltatori scandinavi nelle quattro specialità previste, ed anche per quel che riguarda il Vecchio Continente, l’unica rassegna in cui la Norvegia si è fatta valere è quella inaugurale del 1934 a Torino, dove Birger Halvorsen e Otto Berg si aggiudicano l’argento, nel salto in alto e nel salto in lungo, rispettivamente.

Per far sì che un saltatore scandinavo salga sul gradino più alto del podio – per quello che è tuttora l’unico oro europeo norvegese nei salti – occorre attendere l’edizione 1994 dei Campionati Europei che si svolgono ad Helsinki dal 7 al 14 agosto, grazie al protagonista della nostra storia odierna.

Nato l’8 febbraio 1971 ad Oslo, Steinar Hoen rappresenta, senza tema di smentita, il simbolo del salto in alto per il proprio paese, affacciandosi sul palcoscenico internazionale in occasione degli Europei juniores di Varazdin 1989, peraltro conclusi in 12esima posizione con la misura di 2,14 metri per poi fare peggio, non come piazzamento ma come risultato tecnico, con l’11esimo posto alla rassegna iridata juniores di Plovdiv in cui si ferma a 2,10 metri.

Il primo segnale di crescita giunge per Hoen nel 1991, allorché valica l’asticella posta a 2,29 metri ad inizio agosto, così da garantirsi la partecipazione ai successivi Mondiali in programma a Tokyo dove, però, dopo essersi qualificato per la finale con la misura di 2,27 metri, si ferma a 2,20 metri che gli valgono il 14esimo ed ultimo posto.

Tutte situazioni che portano a pensare come il saltatore norvegese soffra di “ansia da prestazione”, ipotesi ancor più avvalorata l’anno seguente in occasione delle Olimpiadi di Barcellona alle quali si presenta dopo aver, per la prima volta in carriera, valicato l’asticella posta 2,30 metri a fine maggio 1992, non riuscendo stavolta neppure a qualificarsi per l’atto conclusivo, non andando oltre la quota di 2,23 metri.

Fantasmi” che, per Hoen, sembrano diventare una maledizione anche nella successiva stagione, che lo vede nono ai Mondiali indoor di inizio marzo 1993 a Toronto, conclusi al nono posto con la misura di 2,24 metri dopo aver saltato 2,27 metri in qualificazione, per poi – ancora una volta presentatosi alla rassegna iridata di Stoccarda dopo aver migliorato a 2,32 metri il proprio limite personale a fine maggio – subire identica sorte, dove i 2,25 metri saltati non sono sufficienti per l’accesso in finale.

Le cose, fortunatamente per il norvegese, cambiano con il 1994, ad iniziare dalla stagione al coperto che lo vede dapprima stabilire il 12 febbraio a Balingen il proprio “personal best” in carriera con 2,36 metri e quindi sfiorare il podio in occasione degli Europei indoor di Parigi, quarto con 2,31 metri nella gara vinta con 2,37 metri dal britannico Dalton Grant.

Saltatore londinese che si presenta pertanto in veste di favorito alla rassegna continentale che ha luogo nella seconda settimana di agosto 1994 ad Helsinki, dove, come al solito, Hoen giunge dopo essersi migliorato a due riprese, avendo valicato l’asticella a 2,33 metri ad Atene a fine maggio ed a 2,34 metri in patria ad inizio giugno.

Peraltro, sulle pedane dello “Stadio Olimpico” della capitale finlandese, sembra andare in scena “un film già visto”, con il norvegese a fermarsi a 2,23 metri in qualificazione – il cui limite era fissato a 2,28 metri – ottenendo comunque l’accesso alla finale dopo che tre soli altri atleti (il russo Leonid Pumalainen, il greco Lambros Papakostas e proprio Grant) superano 2,25 metri consentendo pertanto a 15 saltatori di prendere parte alla gara per le medaglie.

Chissà se “questo regalo della buona sorte” sia stato lo sprone giusto per Hoen che, in ogni caso, disputa la miglior gara della propria carriera, esordendo positivamente a 2,25 metri superati alla prima prova, per poi valicare l’asticella posta a 2,31 metri al secondo tentativo, allorché restano in gara solo in quattro, ovvero anche il placco Artur Partyka, l’altro britannico Steve Smith – mentre Grant è uscito clamorosamente di scena con tre nulli a questa misura – ed il connazionale Haron Samblom, che però si infortuna e non può proseguire.

Già sicuro pertanto di salire sul podio, ecco Hoen mettere un’ipoteca anche sulla medaglia d’oro superando i 2,33 metri alla prima prova, mentre sia a Partyka che a Smith è necessario ricorrere al terzo tentativo, per poi mettere la “ciliegina sulla tortaandando oltre anche a 2,35 metri al contrario dei suoi avversari che si dividono a pari merito il secondo gradino del podio.   

Il successo europeo – con tanto di record dei campionati che resta ineguagliato sino all’edizione di Goteborg 2006, allorché si impone il russo Andrey Silnov con 2,36 metri – rappresenta l’apice della carriera di Hoen, che a fine stagione è inserito al quarto posto nella “top ten” del ranking mondiale stilato dalla prestigiosa rivista Usa “Track & Field News”, cui fa seguito un ulteriore triennio ai vertici della specialità ancorché avaro di trofei.

Nel marzo 1995, difatti, Hoen si classifica quarto ai Mondiali indoor di Barcellona, solo per un maggior numero di errori a quota 2,32 metri rispetto all’americano Tony Barton, stesso piazzamento ottenuto alla rassegna iridata di inizio agosto a Goteborg, dove l’aver eguagliato i 2,35 metri di Helsinki non è sufficiente a salire sul podio, anche stavolta per un maggior numero di errori a parità di misura con Partyka nella finale vinta a sorpresa da Troy Kemp della Bahamas sul “leggendario” cubano Javier Sotomayor.

Ciò nonostante, l’oramai 24enne norvegese conferma la terza posizione nel ranking di fine anno, per poi presentarsi alle Olimpiadi di Atlanta 1996 dopo aver completato il podio con 2,31 metri ai Campionati Europei indoor, pari alla sua miglior misura all’aperto ottenuta ad inizio luglio a Losanna.

Sulle pedane del “Centennal Olympic Stadium” della capitale della Georgia, Hoen resta in gara sino alla misura di 2,32 metri superata da soli 7 atleti, per poi fallire due tentativi a 2,35 metri e riservarsi l’ultima prova a 2,37 metri abbattendo l’asticella così da essere relegato in quinta posizione, mentre la medaglia d’oro se la mette al collo l’americano Charles Austin con tanto di record olimpico di 2,39 metri, il che fa scalare il norvegese al quarto posto nel ranking di fine stagione.

L’ultimo acuto di rilievo giunge per il saltatore scandinavo ad inizio luglio 1997, allorché nella sua Oslo eguaglia il suo “personal best” indoor valicando l’asticella posta a 2,36 metri così da presentarsi con rinnovate ambizioni ai Mondiali di Atene dove, ancora una volta, la quota di 2,35 metri gli è fatale, fermandosi a 2,32 metri che gli valgono il suo quarto piazzamento ai margini del podio, mentre Sotomayor torna sul trono con i suoi 2,37 metri, e ad Hoen il primato personale gli consente di salire al secondo posto del ranking alle spalle del cubano.

Nonostante la relativa ancor giovane età, per il norvegese inizia la parabola discendente, visto che nel 1998 riesce una sola volta a superare 2,30 metri ancorché proprio nell’appuntamento più importante rappresentato dalla rassegna continentale che lo vede concludere in sesta posizione, prima di ritirarsi dalle competizioni a fine anno 2000.

Sicuramente un saltatore di spessore, visto che in carriera va oltre 2,30 metri ben 32 volte, a cui è forse mancato quel “pizzico” di cattiveria agonistica per poter arricchire la propria bacheca di medaglie, o forse è stata proprio la “buona sorte”, che l’ha assistito in occasione della vittoria agli Europei, a non voler fare ulteriori favori.

In ogni caso, la Norvegia attende sempre che nasca un altro atleta capace di emularne le imprese, ed anche questo non è poco… 

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