LA “BELLA FAVOLA” DELLA ROBUR SCANDICCI VOLLEY A META’ DEGLI ANNI ’70

La Robur Scandicci volley – da pressreader.com

articolo di Giovanni Manenti

Abituati a vedere trionfare i club delle grandi piazze calcistiche come Milano, Torino, Roma e Napoli, ci dimentichiamo troppo spesso di realtà molto più ridotte che però sono riuscite a ritagliarsi, ancorché per uno spazio relativamente breve, soddisfazioni tali da rappresentare più una “favola da raccontare ai nipotini” che non un qualcosa da rimanere a futura memoria per i posteri.

E’, in pratica, ciò che è successo alla società fiorentina di volley femminile protagonista della nostra storia odierna – disciplina che, oltre agli storici club emiliani di Reggio Emilia, Modena, Parma e Ravenna, regione “culla” della pallavolo italiana, ha poi visto affermarsi centri come Matera, Casalmaggiore e Conegliano –, che ha vissuto il proprio “periodo d’oro” in un triennio a metà degli anni ’70.

Sono, quelli, gli anni in cui la pallavolo, specie quella femminile, è il classico sport che si pratica nelle palestre degli istituti scolastici nell’ora di ginnastica, e non fa eccezione nemmeno Scandicci, comune di poco meno di 50mila abitanti che fa parte dell’area metropolitana del capoluogo toscano.

Disciplina, il volley, che a Firenze sta vivendo il suo “momento di gloria” a livello maschile grazie al sestetto dei Vigili del Fuoco Otello Ruini, capace di aggiudicarsi 5 titoli italiani (1964-’65, 1968, 1971 e 1973) nell’arco di un decennio – e che restano gli unici della sua storia –, così che nel 1968 il professore Raffaello Giuntini, insegnante di educazione fisica alla scuola media di Scandicci, pensa bene di fondare una società di pallavolo femminile con il nome di Robur.

Un appellativo che forse nasce dalla speranza di ricalcare le orme della Robur Ravenna, club maschile che si aggiudica 5 scudetti tra il 1946 ed il 1952 allorché nasce il primo campionato italiano di volley, fatto sta che le ragazze fiorentine vengono ammesse al torneo di Serie C e, dopo essersi messe in luce a livello giovanile, ottengono nel 1973 la promozione in Serie A.

Una rapidissima ascesa, ma ora, nella stagione 1973/1974, c’è da confrontarsi con le “sorelle terribili” della confinante Emilia Romagna, regione che da nove stagioni (quattro con Reggio Emilia e Modena ed una con Parma) consecutive vede una sua rappresentante aggiudicarsi lo scudetto, ancorché proprio la formazione modenese – reduce da quattro titoli e due secondi posti dal 1968 al 1973 ed imbattuta negli ultimi due tornei – si scioglie per problemi economici.

A rilevarne il ruolo di favorita non può che essere Reggio Emilia, giunta seconda in quei campionati e che nella stagione testé conclusa ha subito due sconfitte nei soli confronti diretti con la corregionale, e ben poco credito viene dato alla neopromossa fiorentina, nonostante che, necessario per fare “il salto di qualità”, possa contare sull’importante sponsorizzazione della “Valdagna” dell’imprenditore Bino Bini, residente nella splendida “Villa Antinori” nella frazione di Rinaldi.

E’ grazie a lui che, nella parte conclusiva del torneo cadetto, è giunta nel capoluogo toscano la fuoriclasse rumena Rodica Popa, prima giocatrice di spicco straniera a militare nel campionato italiano, e con la sua presenza attira per l’esordio nella massima serie anche la connazionale Marianna Bega, in un tempo in cui non era per niente facile uscire dai paesi d’oltrecortina.

Oltre a loro, Giuntini, che ha assunto la veste di allenatore, può contare sull’apporto di un nucleo autoctono formato dalla nazionale Eralda Camerin, proveniente dalla Casagrande Volley di Sacile ed ora studentessa all’ISEF di Firenze, oltre a Susanna Marè, Cristina Lenzi, Susanna Tassini e Teresa Mori (queste due ultime anch’esse di Rinaldi e che leggenda vuole abbiano contribuito non poco a far accendere la passione per il volley a Bini), ed infine con la giovanissima Paola Dei proveniente dalle giovanili della Robur.

Per il tecnico una “difficoltà” in più, ovvero quella di trovarsi ad allenare anche la moglie Gabriella Rossi, ma forse è propria questa circostanza che consente di “cementare” un gruppo annullando le differenze di età fra le più esperte e le giovani promesse, tant’è che le ragazze stanno insieme anche dopo le gare e poi c’è il fattore pubblico, da non trascurare.

Già, perché in quegli anni ’70 a Scandicci sono diventati tutti improvvisamente appassionati di volley e la “Palestra Fermi” diviene una sorta di “fortino inespugnabile” per chiunque, anche per Parma che vi cede 3-0, mentre l’unico sestetto che riesce a strappare un set è, ironia della sorte, Città di Castello, che conclude ultima con una sola vittoria in 18 partite.

A proposito di Parma, è la vittoria per 3-1 sul campo emiliano a far maturare la convinzione alle ragazze di Giuntini di poter aspirare allo scudetto, al pari della sconfitta patita a Reggio Emilia, in quanto il risultato di 0-3 è quanto mai bugiardo, come testimoniano (19-17, 15-13, 16-14) i parziali che narrano di un match equilibrato come non mai.

Essere riuscite a tenere testa alle favorite per il titolo porta la Robur ad inanellare una successiva serie di affermazioni – mentre Reggio Emilia inciampa a Fano ed a Parma con l’identico punteggio di 1-3 –, così che, al momento della sfida di ritorno a Scandicci a tre giornate dal termine, la classifica vede le toscane in testa con 28 punti (frutto di 14 vittorie ed una sconfitta) con le emiliane staccate di due lunghezze.

Le somme sono presto fatte, alle ospiti serve solo ed esclusivamente la vittoria che potrebbe garantir loro lo spareggio, mentre in caso di affermazione delle padroni di casa i conti sarebbero virtualmente chiusi, ed il problema maggiore è riuscire a far entrare tutti quanti desiderano non perdersi “l’appuntamento con la gloria”, visto che due anni prima la Robur si era aggiudicata il titolo juniores 1972.

Ma ora è “roba da grandi” e la sfida dura in pratica solo il primo set, lungo quasi quanto un intero incontro per i continui cambi palla, e che comunque le ragazze di Giuntini riescono infine ad aggiudicarsi 16-14 e, come se tale parziale avesse rappresentato una sorta di “rottura degli argini”, nei due successivi non c’è storia, con Popa, Baga & Co. a dilagare (15-1 e 15-6) per un 3-0 che incorona Scandicci sul tetto d’Italia, esattamente 10 anni dopo il primo trionfo toscano della Sestese di Sesto Fiorentino, comune limitrofo.

Vincere aiuta a vincere”, recita un vecchio adagio, ma ora Scandicci non può più contare sull’effetto sorpresa, ragion per cui occorre rinforzare la rosa e la scelta cade su di una delle più affermate giocatrici italiane del periodo, ovvero la 26enne schiacciatrice Camilla Julli che, dopo essersi aggiudicata quatto titoli con Modena, ha vissuto una stagione nelle file di Fano, concludendo il campionato in quarta posizione, ma dando comunque un’indiretta mano allo scudetto fiorentino con, appunto, la vittoria per 3-1 su Reggio Emilia.

Con l’innesto della Julli – una da 193 presenze ufficiali con la Nazionale dal 1966 al 1978, con gli ultimi sette anni in veste di capitano – nel sestetto titolare, nonché l’avvicendamento in panchina con il commissario tecnico della Nazionale Aldo Bellagambi (che si è anch’egli “innamorato” delle ragazze fiorentine, viste diverse volte dal vivo), vengono vanificate anche le operazioni di rafforzamento delle più dirette avversarie, prime fra tutte quelle della COMA Modena che, dopo lo scioglimento della Fini, è divenuta la principale formazione cittadina, come conferma l’esito del torneo 1974-’75.

Nonostante, difatti, che la Robur subisca due sconfitte rispetto alla sola della stagione precedente, la palestra di Scandicci si mantiene “off-limits” per chiunque abbia solo la speranza di portare a casa la vittoria, visto che sulle 11 gare interne appena tre squadre si aggiudicano almeno un set, con i due sestetti di Reggio Emilia ad uscire sconfitte per 1-3 e l’Alzano unica a soccombere per 2-3.

A potersi vantare di aver battuto le campionesse d’Italia sono Parma (3-2) e la Torre Tabita Catania, che si impone per 3-1, ma a conclusione del campionato il margine è più ampio rispetto al precedente, con la Valdagna a guidare la classifica con 40 punti, frutto di 20 vittorie e 2 sconfitte, rispetto ai 34 di Modena ed ai 30 dell’Alzano.

Con due scudetti consecutivi vinti – roba da stropicciarsi gli occhi per la meraviglia nel piccolo comune toscano –, a cercare di impedire il tris alle fiorentine prova nella stagione successiva l’altra formazione di Reggio Emilia, in quanto la società “La Torre”, che era giunta seconda nel 1974, lascia a fine torneo, pur venendo la continuità sportiva “salvata” dall’abbinamento con l’industria chimica Nelsen, scivolando però al quinto posto, così che ad emergere è ora l’Unione Sportiva Arbor, avvalendosi del valido supporto dell’importante sponsor “Burro Giglio”.

Sfida fra le due protagoniste del torneo 1975-’76 che si conclude in parità per quanto concerne gli scontri diretti, con la Robur a venire a capo di una situazione non facile (3-2) fra le mura amiche, per poi “pagare dazio” a Reggio Emilia con la sconfitta per 1-3, per poi verificarsi l’unica battuta d’arresto interna nei suoi tre primi tornei di Serie A contro la “bestia nera” Catania, che si impone in Toscana per 3-2.

Sconfitta che potrebbe pregiudicare la conferma dello scudetto, se a dare una mano alle fiorentine non giungessero i passi falsi delle emiliane, 1-3 a Palermo, per “par condicio” con le siciliane, e nel sempre acceso derby con Modena, dove soccombono per 3-0.

Al tirare delle somme, quindi, la classifica finale recita: Valdagna Scandicci punti 36 (frutto di 18 vittorie e 2 sconfitte), rispetto ai 34 (17 vittorie e 3 sconfitte) totalizzati dalla Burro Giglio Reggio Emilia, per un tris di scudetti consecutivi che sfidiamo anche il più ottimista sostenitore bianco-blu ad aver solo lontanamente immaginato al momento dell’avvenuta promozione nella massima serie.

Ricapitolando, in quel “triennio magicoScandicci è stata capace di aggiudicarsi 55 partite sulle 60 disputate, con un’impressionate complessiva differenza di 165 set vinti contro appena 49 persi, per una “bella favola” a cui manca il classico “lieto fine”.

Così come, difatti, il “bel sogno” si era materializzato all’improvviso, così svanisce altrettanto rapidamente, con il sestetto capace di mettere in riga per un triennio tutte le altre avversarie del panorama nazionale a conoscere la stagione seguente l’umiliazione della retrocessione con una sola vittoria, a causa della cessazione del rapporto di sponsorizzazione con la Valdagna.

Declassamento al quale, a fine torneo 1985, segue anche la retrocessione dalla Serie A2, prologo della definitiva cessazione dell’attività a conclusione della stagione 1987-’88.

Resta solo il ricordo, da mantenere vivo da chi quella “bella favola” l’ha vissuta in prima persona, da raccontare con il classico incipit delle fiabe: “c’era una volta…”…     

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