JAMES HUNT ED IL VIALE DEL TRAMONTO NEL 1979

articolo di Andrea La Rovere tratto da Formula 1, le storie

Capita, per alcuni piloti, un curioso intreccio di destini che sembra quasi uscire da un film: a volte, addirittura, finisce proprio per diventare una sceneggiatura, come nel caso di Hunt e Lauda e del film “Rush.

Ma non è questo il tema della storia di oggi; tuttavia, dopo aver dato vita a una rivalità tanto leggendaria quanto estemporanea, Hunt e Lauda si ritrovano uniti anche quando arriva – improvviso – il momento di dire basta.

Dopo il fortunoso titolo del 1976, per Hunt inizia quasi subito un lungo viale del tramonto. Nel ’77 è ancora velocissimo, sul giro è tra i migliori, vince tre gare ma dà spesso l’impressione quasi di una noia latente. Nel ’78 la McLaren perde competitività: sia la squadra che il pilota faticano ad adattarsi alla rivoluzione dell’effetto suolo. Hunt è ancora veloce in qualifica, molto spesso, ma in gara raccoglie la miseria di otto punti.

Il biondo James è ancora giovane e molto richiesto, secondo alcune fonti pare addirittura che lo voglia la Ferrari. Hunt sceglie di andare alla Wolf, squadra che con Jody Scheckter si è costruita una solida fama. E – soprattutto – che gli offre un ingaggio faraonico.

Hunt ha solo 32 anni e molti credono in una sua seconda giovinezza sportiva. I sogni, però, finiscono quasi subito, quando Hunt si mette al volante della nuova Wolf. La monoposto è una moderna rivisitazione della Lotus 79 a effetto suolo, ma fatica a stare in strada e ha un comportamento non troppo rassicurante.

In Argentina Hunt perde l’ala in qualifica e il pezzo gli va a finire sul casco. Sulla griglia è appena 18° e in gara si ritira mentre è undicesimo. In Brasile è nono quando rompe lo sterzo. I segnali di pericolo inquietano Hunt che – alla gara successiva – si sbilancia sul futuro, annunciando che a fine anno si ritirerà. In gara è ottavo.

A Long Beach James fa un mezzo miracolo in qualifica: ottavo. Già al via, però, rompe la trasmissione. Al Jarama Hunt tocca il fondo, sempre nelle retrovie senza un guizzo. Il campione del mondo del 1976 è irriconoscibile. A Zolder l’ultimo lampo: è quarto e potrebbe finire sul podio, quando perde il controllo della Wolf dopo una quarantina di giri. Un incidente da cui esce illeso, ma che lo fa riflettere di nuovo.

Si corre a Montecarlo, dove Hunt ha debuttato e dove abita. In qualifica è decimo e in gara rompe dopo quattro giri. Senza preavviso, come Servoz-Gavin qualche anno prima nel Principato, Hunt dice basta: non gli interessa continuare, seppure solo fino a fine stagione. Dichiara che “ormai l’uomo non conta più” e fa riflettere che lo dica nel 1979, più di quaranta anni fa. Corsi e ricorsi storici.

Qualche gara dopo anche Lauda si ritira improvvisamente, anche lui dopo una stagione pessima. Hunt pare destinato a una vita di piaceri sfrenati, lontano dalle corse. E invece solo l’anno dopo inizia una lunga carriera di commentatore per la Tv inglese.

Evidentemente stare lontano dalle piste lo aveva annoiato ancor di più che correre.

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