MIKHAIL KRIVONOSOV, PIONIERE SOVIETICO DEL LANCIO DEL MARTELLO

Mikhail Krivonosov – da olympedia.org

articolo di Giovanni Manenti

Al di là della facile, per non dire scontata, ironia circa l’accostamento ad uno dei simboli del comunismo, resta imprescindibile il fatto che, delle diverse specialità dell’atletica leggera, quella del lancio del martello rappresenta un terreno di indiscusso dominio dei campioni sovietici.

A maggior conferma di ciò, è tuttora l’unica che, in campo maschile, vede il relativo record mondiale – 86,74 metri realizzati da Yuryi Sedykh il 30 agosto 1986 in occasione degli Europei di Stoccarda – ancora detenuto da un atleta dell’ex Urss, con i lanciatori sovietici a stabilire il primato, a far tempo da fine anni ’60, in ben 15 occasioni.

Paese che, tra le edizioni di Melbourne 1956 e Barcellona 1992, si è altresì aggiudicato in 7 occasioni su 9 partecipazioni (esclusi ovviamente i Giochi di Los Angeles 1984) la medaglia d’oro olimpica – e nelle altre due circostanze ha ottenuto due argenti ed un bronzo –, riuscendo anche a monopolizzare il podio in ben quattro eventi, ovvero Montreal 1976, Mosca 1980, Seul 1988 e Barcellona 1992, con quest’ultima edizione a vedervi salire Andrey Abduvaliyev, Igor Astapkovich ed Igor Nikulin, in rappresentanza della Comunità degli Stati Indipendenti.

Ma, se i più celebri interpreti della specialità restano indubbiamente i vari Romuald Klim, Anatoly Bondarchuk, Sergey Litvinov ed Juri Tamm, oltre allo stesso Sedykh, occorre ricordare anche colui che ha fatto da “apripista” a questa schiera di futuri campioni, protagonista della nostra storia odierna.

Nato l’1 maggio 1929 a Krychaw, città di poco più di 20mila anime posta nell’attuale Bielorussia, Mikhail Krivonosov sale per la prima volta alla ribalta internazionale nel corso del 1952, allorché è selezionato, assieme ai connazionali Georgy Dybenko e Mykola Redkin, per prendere parte ai Giochi di Helsinki, manifestazione di esordio dell’Unione Sovietica nel panorama olimpico.

Sulle pedane dello “Stadio Olimpico” della capitale finlandese, il limite di qualificazione posto a soli 49 metri – con il record mondiale di 59,88 metri detenuto dall’ungherese Imre Nemeth – fa sì che accedano alla finale ben 25 atleti e, per la prima ed unica volta nella storia dei Giochi, nessun sovietico riesce ad andare a medaglia, con Krivonosov addirittura a commettere tre lanci nulli.

Un’amara esperienza dalla quale peraltro il 23enne Mikhail fa ben presto a riscattarsi, ovvero scagliando per la prima volta l’attrezzo oltre la “barriera dei 60 metri” con un lancio di 60,51 metri ottenuto il 13 ottobre 1952 a Tashkent, misura che, se ottenuta ad Helsinki, gli avrebbe valso oro e relativo primato mondiale che, nel frattempo, è divenuto appannaggio del norvegese Sverre Strandli, campione europeo nel 1950 a Bruxelles e solo settimo ai Giochi.

Il risultato consente a Krivonosov di essere inserito per la prima volta nella “top ten” di fine stagione del ranking stilato dalla prestigiosa rivista Usa “Track & Field News”, posizionandosi in quinta posizione, per poi, dopo essere salito al terzo posto l’anno seguente – a dispetto di aver avuto come miglior prestazione stagionale un lancio di 59,97 metri –, compiere l’atteso “salto di qualità” nel 1954.

Con l’appuntamento clou costituito dagli Europei in programma a Berna nell’ultima settimana di agosto, la gara del lancio del martello ha la stessa valenza di una finale olimpica, visto che sono iscritti l’ungherese medaglia d’oro ad Helsinki Jozsef Csermak – che nell’occasione ha stabilito il record mondiale con 60,34 metri –, il precedente primatista Nemeth e l’attuale detentore del record, nonché campione continentale in carica, Strandli, che ad inizio settembre 1953 ha ulteriormente migliorato il suo stesso limite, scagliando l’attrezzo a 62,36 metri.

Un “parterre de roi” di tutto rispetto, dunque, con la netta sensazione che occorrerà andare oltre i 60 metri se si vuole ambire al podio, ma Krivonosov “esagera un tantinomettendo tutti d’accordo con un miglior lancio di 63,34 metri, quasi un metro in più del record del norvegese che, dal canto suo, riesce comunque a far suo l’argento con 61,07 metri relegando sul gradino più basso il campione olimpico Csermak.

L’impresa consente al 25enne bielorusso di issarsi al vertice del ranking di fine anno, confermato anche nella seguente stagione in cui migliora in due occasioni il primato – dopo che il connazionale Stanislav Nenashev glielo aveva temporaneamente tolto con un lancio di 64,05 metri a metà dicembre 1954 –, ovvero scagliando l’attrezzo dapprima a 64,33 metri ad inizio agosto 1955 a Varsavia e quindi a 64,52 metri a metà settembre a Belgrado.

Assoluto padrone della specialità, Krivonosov sembra non avere rivali in vista dell’appuntamento olimpico di fine novembre 1956 a Melbourne, soprattutto in virtù di aver confermato la sua superiorità migliorando a più riprese il suo stesso primato nel corso della stagione, dapprima con 65,85 metri ottenuti il 25 aprile 1956 a Nalchik, per poi operare un lancio a 66,38 metri ad inizio luglio a Minsk e quindi compiere l’impresa di riuscirvi in due occasioni nel corso della stessa riunione il 22 ottobre a Tashkent, con un primo sforzo di 66,85 metri ed il secondo addirittura di 67,32 metri.

Nessun altro specialista del Vecchio Continente è in grado neppur lontanamente di avvicinare tali misure e, a confortare le previsioni di vittoria ai Giochi dell’oramai 27enne bielorusso, giungono anche le notizie provenienti da oltreoceano, dove ai Trials Usa di fine giugno a Los Angeles i due migliori qualificati sono Albert Hall ed Hal Connolly con 60,24 metri e 60,03 metri rispettivamente.

Ma a “turbare il sonno” di Krivonosov arriva, quanto mai inattesa, l’impresa compiuta il 2 novembre a Los Angeles – ovvero a tre settimane dai Giochi – dallo stesso Connolly, che migliora il record assoluto con la misura di 68,54 metri così da avanzare pure lui la candidatura al gradino più alto del podio.

Se si tratti o meno di un exploit episodico sono chiamate a certificarlo, come sempre, le pedane del “Melbourne Cricket Ground” della metropoli australiana, dove la gara si svolge nella stessa giornata del 24 novembre 1956, con qualificazioni al mattino e finale al pomeriggio, a far tempo dalle 14:30 ora locale.

Con le qualificazioni a non far registrare sorpresa alcuna e 14 atleti a superare il limite di 54,00 metri stabilito dal CIO, nel corso della finale il precedente record olimpico – stabilito, ricordiamo, con 60,34 metri da Csermack in occasione del successo di Helsinki e che, all’epoca, era anche primato mondiale – viene ripetutamente migliorato, con il primo acuto a spettare al sovietico Anatoly Samotsvetov con 62,10 metri alla prova di entrata, per poi toccare a Krivonosov lanciare a 63,00 metri al secondo tentativo e quindi migliorarsi a 63,03 metri al terzo, serie in cui Connolly ruggisce scagliando il martello a 62,65 metri per una provvisoria seconda posizione.

Classifica che non muta nella quarta serie di lanci, per poi toccare all’americano mettere a segno il “colpo del ko” con 63,19 metri, misura alla quale Krivonosov cerca di replicare forzando i lanci solo per ottenere due nulli di pedana che consegnano a Connolly oro e record olimpico, con i due sovietici alle piazze d’onore e Samotsvetov a vedere insidiato il proprio bronzo dall’ultimo tentativo di Hall, il cui attrezzo si ferma a 61,96 metri mentre il campione in carica Csermack conclude non meglio che quinto con 60,70 metri.

Con ogni probabilità, a penalizzare il sovietico è stata la collocazione a fine novembre delle Olimpiadi essendo Melbourne nell’emisfero australe rispetto a quanto sino ad allora avvenuto con i Giochi a disputarsi nei mesi di luglio od agosto, ma si sa che anche nello sport, così come nella vita, ci vuole quel “pizzico di buona sorte” che non guasta mai.

Sceso comunque al secondo posto nel ranking di fine anno alle spalle di Connolly, Krivonosov ne riconquista il vertice a conclusione della successiva stagione, in cui ottiene un miglior risultato personale di 66,70 metri così da presentarsi alla rassegna continentale di metà agosto 1958 a Stoccolma ben intenzionato a bissare il titolo di quattro anni prima a Berna.

Nonostante l’oramai 29enne bielorusso abbia lanciato a 66,80 metri l’11 maggio Nalchik, sulle pedane dello “Stadio Olimpico” della capitale svedese non va oltre i 63,78 metri, sufficienti a precedere “l’astro nascente” ungherese Gyula Zsivotzky – del quale abbiamo già trattato – ma non a conquistare il gradino più alto del podio, viceversa appannaggio del 26enne polacco Tadeusz Rut, che si impone con la misura di 64,78 metri.

Con Connolly, viceversa, a migliorarsi al di là dell’Oceano Atlantico portando il record mondiale dapprima a 68,68 metri il 20 giugno 1958 e quindi a 70,33 metri il 12 agosto 1960 a Walnut, Krivonosov non riesce a ripetersi nel biennio successivo ai livelli delle precedenti stagioni, così da porre fine all’attività agonistica nel 1960 non essendo riuscito ad ottenere la selezione per la sua terza Olimpiade ai Giochi di Roma 1960.

Ciò nonostante, il “pioniere del lancio del martello” sovietico rimane nell’ambito sportivo quale allenatore e docente presso l’università statale bielorussa di educazione fisica, e in occasione delle Olimpiadi di Città del Messico 1968 e di Monaco 1972 ha fatto parte dello staff di tecnici della nazionale sovietica.

Un giusto riconoscimento per chi ha saputo indicare la strada ai suoi ben più medagliati successori

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