EUROPEI DI HELSINKI 1971, L’ANNO DI GLORIA DI FRANCO ARESE

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Franco Arese agli Europei di Helsinki 1971 – da atleticanet.it

articolo di Giovanni Manenti

Gli anni ’60 sono avari di soddisfazioni – per quanto attiene alle gare in pista, poiché nella marcia possiamo sempre contare sull’immenso Abdon Pamich, oro europeo sui 50km. a Belgrado 1962 e Budapest 1966, nonché olimpico a Tokyo 1964 – per la nostra atletica, eccezion fatta per il settore ostacoli, dove Eddy Ottoz conquista l’oro agli Europei di Budapest 1966 ed Atene 1969 sui 110hs, cui unisce il bronzo olimpico a Città del Messico, mentre sulle barriere basse sono i cognati Salvatore Morale e Roberto Frinolli a portare l’Italia sul gradino più alto del podio, trionfando sui 400hs rispettivamente agli Europei di Belgrado 1962 e di Budapest 1966, pur deludendo poi in sede olimpica.

In particolare regresso è il settore del mezzofondo per il quale, in chiave europea, siamo fermi all’ante guerra, con l’argento ed il bronzo di Mario Lanzi sugli 800 metri nelle due prime edizioni dei campionati di Torino 1934 e Parigi 1938, nei quali il leggendario Luigi “Nini” Beccali conquista l’oro nel 1934 ed il bronzo nel 1938 sui 1.500, che fanno seguito al trionfo olimpico di Los Angeles 1932.

Poi, più nulla, il buio assoluto non solo a livello di medaglie, ma anche di piazzamenti in finale, dato che sia sugli 800 che sui 1.500 metri nessun atleta azzurro è più apparso tra i finalisti a partire dall’edizione di Oslo 1946 per finire a Budapest 1966, addirittura un ventennio di pillole amare.

Un tenue raggio di luce sembra squarciare le tenebre in cui è piombato il mezzofondo nostrano alla metà degli anni ’60, con la comparsa sulle scene di un longilineo piemontese di Centallo, in provincia di Cuneo, tal Francesco “Franco” Arese, il quale si mette in evidenza nel 1966 interrompendo il monopolio di titoli tricolori che Francesco Bianchi deteneva da quattro stagioni, facendo sua la gara sui 1.500 metri.

Ventiduenne all’epoca, essendo nato nell’aprile 1944, alto 180cm per 73kg., e condizionato da una precoce calvizie, Arese inizia a far parlare di sé anche a livello internazionale l’anno seguente, quando si aggiudica la prova dei 1.500 metri nella semifinale di Ostrava della “Coppa Europa – Bruno Zauli“, manifestazione molto sentita in quegli anni, non essendovi il proliferare di eventi come al giorno d’oggi, dove mette in fila, coprendo la distanza in 3’46″8, campioni ben più affermati come il cecoslovacco Josef Odlozil ed il francese Jean Wadoux.

Purtroppo l’exploit di Arese – cui si uniscono le scontate vittorie di Ottoz e Frinolli negli ostacoli – non è sufficiente all’Italia, che chiude al quarto posto dietro Polonia, Francia e Cecoslovacchia, per qualificarsi per l’atto conclusivo di Kiev, ma è sufficiente per il piemontese per scalare posizioni nel ranking mondiale, che conclude all’undicesimo posto a fine anno 1967 in virtù del 3’40″5 ottenuto il 20 agosto al meeting di Viareggio.

Arese parte fiducioso per la sua prima esperienza olimpica a Città del Messico 1968, dove vi giunge forte del primato italiano di 3’39″0 ottenuto a luglio a Schio e con la speranza di riuscire a strappare almeno un posto in finale, data l’agguerrita concorrenza costituita dai “milers” americani – con il primatista mondiale Jim Ryun in testa – e dall’apparizione sulla scena internazionale degli atleti degli altipiani africani.

Dei tre atleti azzurri iscritti alla gara – oltre ad Arese, anche Renzo Finelli e Gianni Del Buono – supera le batterie il solo Arese, giungendo quinto nella prima serie in un peraltro modesto (ma dobbiamo tener conto dell’altitudine di Città del Messico) 3’51″86, con grande rammarico per Del Buono, il quale conclude sesto (passano alle semifinali i primi cinque di ogni serie) con il tempo di 3’48″41 nella quarta batteria vinta da Ryun in 3’45″40.

Con questo pizzico di fortuna dalla sua parte, Arese si presenta alla prima delle due semifinali (che qualificano all’atto conclusivo i primi sei di ogni serie), sfiorando l’impresa, con un settimo posto a soli 0″16 centesimi dal keniano Ben Jipcho (3’54″69 a 3’54″85).

Pur non avendo raggiunto l’obiettivo prefissato, l’aver respirato l’aria olimpica fa bene ad Arese che si presenta tra i pretendenti per una medaglia agli Europei di Atene 1969 (la Federazione europea aveva scelto di far disputare i campionati continentali negli anni dispari, iniziativa poi abbandonata dopo l’edizione di Helsinki 1971 per tornare alla consueta cadenza quadriennale), tanto più che a fine luglio corre la distanza in 3’37″6 che, oltre a migliorare il record italiano, è anche la terza miglior prestazione mondiale dell’anno.

Sulla pista ateniese, Arese sembra confermare le ottimistiche previsioni della vigilia, affermandosi con autorità nella prima delle tre batterie che qualificano i dodici finalisti per l’atto conclusivo che va in scena il 20 settembre 1969 dove, però, il ritmo elevato imposto alla gara lo tradisce tanto da finire non meglio che ottavo in 3’42″2 in una gara vinta dal britannico John Whetton nel nuovo record dei campionati di 3’39″45 davanti all’irlandese Frank Murphy (3’39″51) ed al polacco Szordykowski (3’39″87).

E’ una delusione cocente per Arese, dato altresì che il tempo del vincitore era assolutamente alla sua portata, e l’impressione che se ne ricava è che all’asciutto mezzofondista azzurro serva un’affermazione in una gara importante per acquistare quella fiducia in sé stesso che gli è finora mancata nei grandi appuntamenti, e l’occasione gliela fornisce, ancora una volta, la Coppa Europa, calendarizzata nel 1970 per la ricordata scelta di inserire negli anni dispari i campionati europei.

Una prima spinta deriva dal successo nella semifinale di Sarajevo, dove l’1 agosto 1970 fa suoi i 1.500 metri in 3’47″6 davanti al ceco Blaha ed al tedesco ovest Maasch, bissando poi tale successo con la vittoria sui 5.000 metri il giorno dopo in 14’16″8 sul quotato tedesco occidentale Harald Norpoth, portando alla squadra azzurra punti preziosi che le consentono, unitamente ai primi posti di Erminio Azzaro nell’alto, Renato Dionisi nell’asta e Giuseppe Gentile nel triplo, di concludere la due giorni al secondo posto, assicurandosi il biglietto per le finali di Stoccolma di fine mese.

Il 29 agosto 1970, sulla pista del vecchio Stadio Olimpico della capitale svedese, Arese si pone in testa al gruppo a fare l’andatura per i primi 700 metri, rilevato al penultimo giro dal sovietico Zhelobovskiy che si incarica di aumentare il ritmo sino alla campana dell’ultimo giro, quando è il francese Jean Wadoux ad allungare, seguito dal polacco Szordykowski, da Arese e dal tedesco ovest Norpoth, con l’azzurro che si pone alle spalle del francese all’imbocco dell’ultima curva, per poi affiancarlo all’ingresso in rettilineo e quindi superarlo agevolmente a 60 metri dal traguardo, che taglia in 3’42″3, mentre alle sue spalle Szordykowski riesce a sopravanzare Wadoux, con Zhelobovskiy quarto ed un deluso Norpoth non meglio che quinto.

Purtroppo, quella di Arese resta l’unica (nonché la prima, in una finale di Coppa Europa) vittoria dell’Italia che conclude la rassegna sconsolatamente all’ultimo posto con 47 punti, rispetto ai 102 con cui la Ddr fa sua la competizione, ma per il mezzofondista piemontese è la molla giusta per far scattare un irripetibile anno seguente, il 1971, in cui si dimostra insuperabile su tutte le distanze del mezzofondo, con obiettivo primario i campionati europei in programma ad Helsinki dal 10 al 15 agosto 1971.

Il piano congegnato per la rassegna continentale parte da un maggior lavoro sulla resistenza, certificato da Arese nel corso del mese maggio 1971, quando corre proprio il primo del mese i 10.000 metri in 28’27″0, un tempo straordinario per l’epoca in casa azzurra, visto che migliora di quasi 23″ il record nazionale di Giuseppe Cindolo e che resterà imbattuto per quasi quattro anni, per poi far suo anche il primato sui 5.000 metri il 20 dello stesso mese, coprendo la distanza in 13’40” netti, quasi 11″ in meno del precedente limite ancora di Cindolo.

Dopo aver sistemato la resistenza, tocca ora alla velocità, con Arese che il 22 giugno migliora il suo stesso primato sugli 800 metri correndo a Praga in 1’47″1 e solo nove giorni più tardi, l’1 luglio all’Arena di Miano, porta il limite Italiano sui 1.500 metri ad un 3’36″3 che, oltre a rappresentare la seconda miglior prestazione mondiale assoluta, resterà primato nazionale per oltre 10 anni, sino al 3’35″93 di Fontanella al “Weltklasse” di Zurigo del 19 agosto 1981.

Chiaro che, con questi tempi nelle gambe, il mezzofondista piemontese assuma la veste dell’uomo da battere nella rassegna continentale, per poter finalmente coronare – a 27 anni, nel pieno della maturità fisico agonistica – il sogno di riportare l’Italia all’oro sulla distanza, anche se la concorrenza è alquanto agguerrita, a cominciare dal suo rivale numero uno, vale a dire il più volte citato polacco Szordykowski, mentre la Germania e la Francia schierano Wellmann e Boxberger in luogo di Norpoth e Wadoux, dirottati sui 5.000 metri, circostanza che non dispiace affatto al nostro Arese.

Nelle tre batterie, in programma il 13 agosto 1971 e che qualificano per la finale i primi quattro senza tener conto di tempi da ripescaggi, delude Del Buono, desolatamente ultimo nella seconda serie vinta da Boxberger in 3’43″6 davanti all’emergente atleta di casa, Pekka Vasala, mentre Finelli ha la sfortuna, pur correndo in un discreto 3’43″9, di incappare nella più veloce delle tre batterie, vinta dal sovietico Vladimir Panteley in 3’42″2, davanti al solito Szordykowski in 3’42″3.

Arese ha la possibilità di passare il turno senza sprecare troppe energie, giungendo secondo in 3’52″1 dietro al tedesco Wellmann nella terza ed ultima serie, per una finale che, due giorni dopo, vede alla partenza due britannici, due francesi e due sovietici e che l’atleta azzurro ha studiato bene a tavolino per non sprecare la sua grande occasione.

Cosa che, puntualmente, avviene, con una tattica di gara accorta volta più che altro a controllare il temibile Szordykowski, al cui allungo nel corso dell’ultimo giro – dopo una gara corsa su ritmi niente affatto disprezzabili, considerato quanto viceversa spesse accade quando in palio di vi sono medaglie da conquistare – Arese replica d’autorità, sopravanzando nettamente il polacco sul rettilineo finale e andando a vincere addirittura a braccia alzate con il riscontro cronometrico di 3’38″43, nuovo record dei campionati,  davanti al polacco, argento in 3’38″73 ed al britannico Brendan Foster, bronzo con 3’39″24.

Quella di Arese resta altresì l’unica medaglia d’oro per l’Italia agli Europei del 1971, ed anche se, ai successivi Giochi di Monaco del 1972, al cui appuntamento arriva dopo aver eguagliato l’11 agosto a Viareggio il proprio limite italiano sugli 800 metri, non mantiene fede alle aspettative, venendo eliminato in semifinale con il tempo di 3’41″1, solo per poi migliorare, appena 8 giorni dopo, il suo primato sugli 800 al meeting di Rieti portandolo ad 1’46″6, il “miler” piemontese appare nell’immaginario nazionale come colui che ha aperto la strada al successivo periodo d’oro del mezzofondo azzurro, da Venanzio Ortis a Francesco Panetta, da Alberto Cova a Stefano Mei…