ANTON GEESINK, IL JUDOKA CHE FECE PIANGERE UNA NAZIONE AI GIOCHI DI TOKYO 1964

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Geesink sul podio di Tokyo ’64 – da:wedstrijd.tips

Articolo di Giovanni Manenti

Quando il 26 maggio 1909, nella riunione del CIO svoltasi a Monaco di Baviera, Tokyo viene scelta come sede della XVIII Edizione delle Olimpiadi dell’era moderna – dopo che una precedente assegnazione per i Giochi del 1940 non aveva avuto luogo a causa degli eventi bellici della Seconda Guerra Mondiale – ecco che il Comitato Olimpico giapponese inoltra la richiesta di introdurre nel programma due discipline molto popolari nel Paese del Sol Levante, quali il Judo e la Pallavolo, quest’ultima ammessa con entrambi i Tornei, sia maschile che femminile.

E se qualche dubbio poteva nascere sul ritardo con cui uno Sport come il Volley, che già aveva alle spalle ben cinque rassegne iridate e praticato in larga parte del pianeta, detta eccezione non aveva valore per il Judo, trattandosi di una disciplina tipicamente giapponese, nata nel 1880 e risalendo al 1882 la prima scuola di detta arte marziale.

Così fieri delle loro tradizioni, anche nello stilare il calendario degli eventi nulla viene lasciato al caso, visto che il 23 ottobre ’64, in pratica l’ultimo giorno di gare, dato che all’indomani sono previste solo due gare di equitazione e la cerimonia di chiusura, il programma prevede l’ultimo turno dei Tornei di Pallavolo e la Finale della “Categoria Open” di Judo, il tutto per celebrare al meglio le due settimane di festa dello Sport Olimpico.

Disciplina, il judo, che nella sua prima apparizione ai Giochi, vede inserite quattro categorie, ovverossia dei Pesi Leggeri (sino a 68kg.), Pesi Mediomassimi (sino ad 80kg.), Pesi Massimi (oltre 80kg.) ed Open, a cui possono partecipare atleti di ogni corporatura, e che rappresenta l’eccellenza di questo antico Sport.

Con già un en plein di medaglie costituito dalle vittorie di Takehide Nakatani nei Pesi Leggeri, il quale impiega 1’15” per avere la meglio in Finale sullo svizzero Eric Hanni, Isao Okano nei Mediomassimi, al quale bastano 1’36” per avere ragione del tedesco Wolfgang Hofmann nell’incontro per il titolo, ed Isao Inokuma tra i Massimi, pur se in questo caso per decisione arbitrale al termine dei 10’ di combattimento, le speranze giapponesi per un “cappotto” sono affidate ad Akio Kaminaga, Campione nazionale nella Categoria Open nel 1960, ’61 e nell’anno olimpico.

Kaminaga aveva altresì preso parte alla seconda edizione dei Campionati Mondiali, svoltasi il 30 novembre ’58 a Tokyo così come la prima del 3 maggio ’56, dove si era aggiudicato la medaglia d’argento nella Categoria Open (peraltro l’unica presente nella Rassegna iridata …), sconfitto in Finale dal connazionale Koji Sone, ma per il pubblico che gremisce il “Nippon Budokan”, quel 23 ottobre ’64, il pericolo maggiore aveva già avuto modo di presentarsi.

Già terzo, difatti, nell’edizione inaugurale del Torneo iridato – sconfitto in semifinale dal giapponese Yoshihiko Yoshimatsu, a propria volta superato nell’incontro per il titolo dal connazionale Shokichi Natsui – e quinto in quella successiva, dove era uscito ai Quarti contro un altro nipponico, Kimiyoshi Yamashiki, il gigante olandese Anton Geesink (2 metri per 115kg.) aveva interrotto il monopolio del Sol Levante nella Rassegna iridata di Parigi svoltasi il 2 dicembre ’61 …

Una vera e propria “strage di maestri”, quella avvenuta sul tatami della Capitale transalpina, visto che nel suo percorso sino al titolo iridato Geesink elimina nei Quarti proprio Kaminaga, per poi fare altrettanto con Hitoshi Koga in Semifinale ed avere quindi ragione nell’incontro conclusivo del Campione in carica Koji Sone, così da rappresentare ben più di una semplice minaccia, bensì un vero e proprio spauracchio in prospettiva olimpica.

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Il successo di Geesink su Sone ai Mondiali di Parigi ’61 – da:pinterest.co.uk

Anton Geesink nasce il 6 aprile 1934 ad Utrecht, quarta città olandese per numero di abitanti, da una famiglia di modeste condizioni economiche, tanto che già a 12 anni è costretto ad abbandonare gli studi per contribuire al relativo sostentamento in veste di operaio edile, praticando calcio e nuoto nel tempo libero.

Ed è proprio durante l’intervallo di una partita che, assistendo ad una dimostrazione di judo, il giovane Anton ne resta talmente affascinato da capire che quella sarà la disciplina a cui dedicarsi per la sua intera attività agonistica.

Di giorno sui cantieri, alla sera ad allenarsi sul tatami, Geesink non ci mette molto ad imporsi all’attenzione generale, visto che a dicembre ’52, appena 18enne, conquista il primo dei suoi 21 (!!) titoli europei nella categoria “Primo Dan” nella Rassegna Continentale di Parigi, località che, evidentemente, può considerare come un importante crocevia della propria carriera.

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Un’immagine di Geesink 22enne, nel 1956 – da:sportgeschiedenis.nl

Quando si presenta alle Olimpiadi di Tokyo, a 30 anni compiuti, Geesink ha già all’attivo 20 titoli europei, e da sei edizioni degli stessi, sale sul gradino più alto del podio in entrambe le Categorie dei Pesi Massimi ed Open, leader di un movimento che in Patria fa proseliti, visto che nell’ultima occasione, svoltasi a Berlino il 26 aprile ’64, sconfigge nelle due Finali altrettanti connazionali, ovverossia Martin Poglajen ed Henny Schaefer rispettivamente, pur se nessuno dei due gli fa compagnia nel viaggio in Oriente.

Al Torneo olimpico non sono molti gli atleti a prendere parte alla Categoria Open, con soli 9 iscritti, suddivisi in tre Gruppi che qualificano i vincitori alle Semifinali, mentre i secondi sono destinati al repechage per definire il quarto semifinalista.

Non sappiamo quanto voluto, ma Geesink e l’idolo di casa Kaminaga vengono inseriti nel medesimo Gruppo, unitamente al britannico David Petherbridge, con quest’ultimo ad essere facilmente sconfitto dai due pretendenti al titolo, nel mentre il confronto diretto vede prevalere, per decisione arbitrale, l’olandese, così determinando la necessità per Kaminaga di dover passare dai ripescaggi per mantenere vive le proprie ambizioni.

Gli altri due Gruppi qualificano per le semifinali l’australiano Theodore Boronovskis, con l’irlandese John Ryan al ripescaggio, ed il tedesco Hans Glahn, il quale beneficia dell’infortunio subito dall’americano Ben Campbell, così costretto a cedere il suo posto nel ripescaggio al malcapitato filippino Thomas Ong, protagonista, suo malgrado, di due eventi a loro modo memorabili nella Storia del Judo ai Giochi.

Opposto a due avversari troppo più forti di lui, Ong viene sconfitto per “uchi-mata” (“falciata colpendo l’interno della coscia”) da Ryan dopo appena 6”, un record destinato ben presto a crollare allorché Kaminaga impiega soli 4” per aggiudicarsi l’incontro per “taiotoshi” (“caduta del corpo”), mentre il confronto serio tra l’irlandese ed il giapponese vede prevalere quest’ultimo ai punti.

Con gli abbinamenti delle semifinali ad opporre Geesink a Boronovskis, l’olandese non impiega più di tanto a portare a termine il compito, visto che l’australiano regge il confronto per appena 12”, venendo sconfitto per “sasae-tsuri-komi-ashi” (letteralmente “trattenuta del piede con il sollevamento del corpo”), mentre una maggiore resistenza oppone Glahn a Kaminaga, prima che quest’ultimo ne abbia ragione dopo 4’10” dall’inizio dell’incontro, dovendo il tedesco subire anch’esso un “taiotoshi”.

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L’atterramento di Boronovskis da parte di Geesink – da:gettyimages.it

Ed eccoci finalmente giunti al momento da tutti pronosticato e tanto atteso da milioni di giapponesi, perché se Geesink ha fatto strage di loro connazionali ai Mondiali di Parigi, è altrettanto vero che nessun judoka si è sinora imposto sul loro territorio, ed anche il successo ottenuto nelle eliminatorie, per minima superiorità, non induce a previsioni così pessimistiche sulle sorti di Kaminaga, il quale è anzi animato da un forte desiderio di rivalsa.

C’è però un piccolo retroscena da svelare e che non depone propriamente a merito del Campione giapponese, anche se umanamente comprensibile, vale a dire l’aver nascosto alla propria Federazione di aver subito un infortunio ai legamenti di un ginocchio poco prima dell’inizio dei Giochi, dando così un vantaggio a colui che, proprio di favori, non è che ne avesse bisogno …

Certo, allorché i due atleti si rivolgono il tradizionale inchino al centro del tatami, la differenza di statura appare evidente, con il giapponese a non raggiungere i 180 centimetri rispetto ai due metri del gigante olandese, ma tecnica contro potenza vede spesso la prima avere la meglio nel judo e quella a cui assistono gli spettatori che gremiscono le tribune del “Nippon Budokan” quel pomeriggio del 23 ottobre ’64 è una di quelle sfide che restano impresse e che nobilitano la storia di questa disciplina, nonché un indiscusso spot pubblicitario per uno Sport appena entrato nel programma olimpico, e che, difatti, non viene incluso quattro anni dopo a Città del Messico ’68, per poi trovare definitiva collocazione a far tempo dall’edizione di Monaco ’72 …

Il temperamento e la innata disposizione al sacrificio di ogni rappresentante del Sol Levante che si rispetti consentono comunque di potersi godere un incontro quanto mai equilibrato, con Kaminaga non disposto a cedere ed a controbattere agli attacchi dell’olandese il quale, non intendendo attendere l’eventuale giudizio arbitrale (che non fornisce mai certezze specie se a competere vi è un atleta di casa …), cerca la soluzione prima del limite, trovandola dopo 9’22” dall’inizio del match allorché riesce ad inchiodare l’avversario al tappeto con un “kesa-gatame” (“controllo a fascia trasversale”), con ciò ponendo fine alle speranze di un intero popolo.

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La schienata vincente di Anton Geesink – da:gettyimages.co.uk

Oramai superata la trentina, Geesink – accolto al ritorno in Patria alla stregua di un eroe omerico, dato che la sua è la sola seconda medaglia d’oro olandese dopo quella del quartetto della 100km. a squadre di ciclismo – vede interrompersi una striscia decennale di successi continentali non andando oltre due bronzi (nelle categorie Pesi Massimi ed Open) ai Campionati Europei ’65 di fine aprile a Madrid, ma rende onore all’oro olimpico conquistando il titolo iridato nei Pesi Massimi ai Mondiali di Rio de Janeiro di metà ottobre mietendo un’altra vittima giapponese in Finale, vale a dire Mitsuo Matsunaga.

E, per un combattente nato come lui, non poteva certo dare l’addio all’attività agonistica con il neo delle due sconfitte continentali, ed ecco pertanto Geesink fornire un’ultima dimostrazione della propria forza ed indiscussa superiorità conquistando il suo 21esimo alloro nella Categoria Open ai Campionati Europei di Roma ’67, dove il 13 maggio sconfigge in Finale il sovietico Anzor Kiknadze in un torneo che vede mettersi al collo la medaglia di bronzo al connazionale Willem Ruska, che di Geesink diviene il degno erede, capace di conquistare la medaglia d’oro sia nella categoria dei Massimi che in quella Open alle Olimpiadi di Monaco ’72.

Probabilmente sulla decisione di Geesink di porre fine alla propria carriera incide anche la circostanza di non vedere la sua disciplina inclusa nel programma olimpico dei Giochi di Città del Messico ’68, ma resta comunque il fatto che, a 33 anni suonati, avesse già in ogni caso raggiunto l’apice del successo, certificato altresì dall’essere uno dei pochissimi judoka a cui la Federazione Internazionale aveva riconosciuto il massimo grado di cintura nera-10 Dan …

Per anni l’indiscusso idolo sportivo della propria città natale, Geesink non poteva, all’epoca, certo sapere che, ad una settimana di distanza dal suo trionfo giapponese, il 31 ottobre 1964, una coppia di sposi avrebbe messo al mondo, proprio ad Utrecht, un certo Marco van Basten, in grado di spodestarlo nelle gerarchie dei tifosi …

Che si sia trattato, di un segno del destino …?? Mah, chi può saperlo …