LA FIRMA DI SIMENC SULLA FINALE 1990 DI COPPA DEI CAMPIONI MLADOST-SPANDAU

Dubravko Simenc in azione – da hkm.hr

articolo di Giovanni Manenti

La pallanuoto è sport che, a differenza di molte altre discipline che hanno risentito della globalizzazione, si è mantenuto “elitario”, nel senso che ai suoi vertici sono rimaste Italia, Ungheria e le nazioni derivanti dalla dissoluzione dell’ex-Unione Sovietica e dalla disgregazione della ex-Jugoslavia.

Prova ne sia che, per quanto concerne le Olimpiadi, per oltre 40 anni – vale a dire dai Giochi di Londra 1948 sino all’edizione di Barcellona 1992 compresa – la medaglia d’oro è stata appannaggio solo di questi quattro Paesi (con quattro successi per l’Ungheria, tre a testa per Italia e Jugoslavia e due per l’Urss), prima che a rompere una tale egemonia sia la Spagna che si impone nel 1996 ad Atlanta.

Affermazione peraltro episodica, visto che nelle successive cinque Olimpiadi sino ad oggi si registrano altre due vittorie ungheresi prima di lasciare il passo alla Croazia (oro a Londra 2012) ed alla Serbia, salita sul gradino più alto del podio nelle ultime due edizioni, ancorché siano cresciute in tempi recenti le credenziali, oltre che della Spagna, anche della Grecia.

Standard internazionale confermato anche dal medagliere dei Mondiali che, dopo il consueto dominio delle “big four” nelle sette prime edizioni (due successi a testa per Italia, Jugoslavia ed Urss ed uno per l’Ungheria), vede imporsi la Spagna (che aveva colto l’argento già nel 1991 e 1994) alle rassegne di Perth 1998 e Fukuoka 2001, successo poi replicato nel 2022 a Budapest, mentre la formazione ellenica sale sul podio in tre delle più recenti competizioni iridate, bronzo nel 2015 a Kazan e nel 2022 a Budapest, per poi arrendersi nel 2023 a Fukuoka solo ai rigori nella finale persa contro l’Ungheria.

Tale, doverosa premessa è necessaria per comprendere come non ci fosse da attendersi esito diverso anche a livello di club nella più prestigiosa competizione continentale costituita dalla LEN (Ligue Européenne de Natation) Champions League, manifestazione che ha assunto questa denominazione dalla stagione 1996-’97 in luogo della precedente Coppa dei Campioni, alla stessa stregua di ciò che è avvenuto anche negli altri sport di squadra.

Orbene, inaugurato nella stagione 1963-’64 con il trionfo del Partizan Belgrado, il torneo ha visto sinora 24 affermazioni di club appartenenti alla exJugoslavia e suoi “derivati (Croazia, Serbia e Montenegro), 16 di squadre italiane (di cui 11 da parte della sola Pro Recco), 9 ungheresi e due sovietiche, oltre a tre successi spagnoli e due greci, una situazione che, pertanto, conferma l’andamento delle rispettive rappresentative nazionali.

Ma, come in tutte le cose, vi è anche la classica “eccezione che conferma la regola”, ovvero, in questo caso, la presenza di un club proveniente da una nazione, la Germania, che poco o niente ha conquistato a livello di rappresentativa alle Olimpiadi o ai Mondiali.

Difatti, avendo riguardo al medagliere dei Giochi – se si escludono l’oro nell’edizione del 1928 ad Amsterdam e gli argenti nelle due successive edizioni di Los Angeles 1932 e Berlino 1936, allorché si era ancora in una fase pionieristica della disciplina –, i tedeschi possono vantare solo un bronzo di scarso prestigio all’Olimpiade di Los Angeles 1984, data l’assenza di Urss ed Ungheria per il boicottaggio imposto da Mosca, avendo viceversa più valore i due quarti posti del 1972 a Monaco e del 1988 a Seul.

Situazione analoga per quanto concerne la rassegna iridata che, inaugurata nel 1973, non “sconta” l’era pionieristica, ed in cui la Germania può vantare il solo bronzo ai Mondiali di Guayaquil 1982, senza poi riuscire a raggiungere le semifinali, compito peraltro divenuto ancor più arduo da fine anni ’90 allorquando da un’unica Nazionale come la Jugoslavia ne sono nate tre di pressoché uguale valore quali Serbia, Croazia e Montenegro.

A “sparigliare le carte” giunge pertanto il “Wasserfreunde Spandau 04”, club fondato a metà giugno 1904 a Belino e che comprende le sezioni di nuoto e pallanuoto, dominando in questa seconda disciplina il panorama nazionale, visto che sino ad oggi si è assicurato ben 38 titoli di campione tedesco e 32 edizioni della coppa, prima di entrare a pieno titolo nell’elite della pallanuoto europea nel suo “periodo d’oro” costituito dagli anni ’80.

La formazione berlinese diviene difatti la prima squadra del proprio paese a raggiungere le fasi finali di Coppa dei Campioni nel 1981, allorché si disputano con un girone a quattro che premia gli jugoslavi del Dubrovnik nonostante che proprio lo Spandau infligga loro una sconfitta per 6-4, risultando determinante per i tedeschi il “passaggio a vuoto” (2-8) contro il Vasas, così da classificarsi secondi per una peggiore differenza-reti.

Raggiunto tale traguardo, lo Spandau ci riprova l’anno seguente, in cui le “Final Four” si disputano a Barcellona e vedono la formazione catalana divenire la prima ad interrompere l’egemonia dei club italiani, jugoslavi, ungheresi e sovietici nella manifestazione, aggiudicandosi il girone a punteggio pieno, tra cui l’affermazione per 12-11 contro i tedeschi nell’ultimo e decisivo incontro.

Dopo queste due amarezze, al terzo tentativo consecutivo lo Spandau centra finalmente l’obiettivo nel 1983, allorché la formula cambia con la disputa di semifinali e finale con gare di andata e ritorno, e ad arrendersi di fronte ai tedeschi sono i sovietici della Dinamo Alma-Ata che, dopo essersi imposti per 10-7 nel match di andata, subiscono la rimonta tedesca a Berlino, con il 10-6 conclusivo che certifica il primo trionfo di un club teutonico nella manifestazione.

Ecco quindi aprirsi “l’era Spandau” nel panorama della pallanuoto europea, visto che i tedeschi giungono in semifinale consecutivamente sino al 1992, aggiudicandosi nuovamente il trofeo per due edizioni (1986-’87) consecutive – a spese, rispettivamente, di Vasutas e Dinamo Mosca – e quindi, dopo essere stati sconfitti (10-12 e 9-9) dal Pescara l’anno seguente, tornare ai vertici continentali imponendosi nel 1989 (11-10 ed 11-11) sugli spagnoli del Catalunya.

Con un facile riepilogo, nelle prime 9 edizioni (dal 1981 al 1989) della Coppa dei Campioni nel corso del penultimo decennio del XX secolo, lo Spandau se ne aggiudica quattro e si classifica in altre tre occasioni secondo, oltre a giungere quarto nel 1984 e terzo nel 1985, così che per centrare metà successi nell’arco di 10 anni, “basterebbe” imporsi anche nella stagione 1989-’90, se non fosse che…

Già, perché a cercare di impedire che ciò avvenga, dall’altra parte vi è una formazione che, al contrario, sono ben 18 anni che aspetta di tornare a festeggiare la conquista del trofeo, ovvero gli jugoslavi del Mladost Zagabria (che pochi anni dopo gareggeranno per la Croazia indipendente), i quali hanno vissuto il loro primo “periodo di gloria” a cavallo degli anni ’70.

In un quinquennio (dal 1968 al 1972), difatti, il Mladost si aggiudica in quattro occasioni la fase finale del torneo, fallendo un clamoroso “pokerissimo” solo nel 1971, allorché deve cedere ai connazionali del Partizan Belgrado solo per una peggiore differenza-reti (+6 rispetto a +2) avendo concluso a pari punti (due vittorie ed un pari a testa) il girone a quattro, con il confronto diretto a terminare (4-4) in parità.

Sconfitta rimediata dai croati l’anno seguente con il successo per 4-2 nella sfida decisiva all’ultima giornata contro la Pro Recco – che già aveva subito analoga sorte due anni prima, superata (3-5 e 3-2) nella doppia finale –, per poi, appunto, sparire dai radar non essendosi più aggiudicati il titolo di campione jugoslavo, viceversa nuovamente appannaggio del Mladost nel 1989, così da ripresentarsi con rinnovate ambizioni ai nastri di partenza dell’edizione 1989-’90 della Coppa dei Campioni.

La formula, con sole 8 squadre iscritte – pari alle vincitrici dei campionati di Spagna, Bulgaria, Italia, Romania, Germania, Jugoslavia, Ungheria ed Unione Sovietica – è quanto mai lineare, venendo le formazioni abbiate per disputare i quarti con gare di andata e ritorno, con le quattro vincenti ad accedere alle semifinali con analogo procedimento, da cui scaturiscono le finaliste.

Per i campioni in carica tedeschi l’ostacolo costituito dai rumeni della Dinamo Bucarest è piuttosto agevole, risolto con due successi (13-9 e 11-10), così come identico percorso compie il Mladost, ancor più convincente (11-8 e 15-11) nel risolvere a proprio favore il doppio confronto con i bulgari del CSKA Sofia.

Riescono ad avere la meglio anche i sovietici del CSKA Mosca sul Posillipo, anche se il 2-0 nasce da due gare (13-11 e 9-8) alquanto equilibrate, mentre il quadro delle semifinaliste si completa con la sfida indubbiamente più incerta fra gli spagnoli del Catalunya e gli ungheresi del Vasas, con questi ultimi ad imporsi 6-5 nel match di andata in Catalogna per poi garantirsi il passaggio del turno grazie ad un sofferto pareggio (6-6) al ritorno a Budapest, dove si trovano sotto 4-6 nel quarto tempo, salvati dalle reti di Toth e Matusek a poco più di 30” dalla sirena.

Gli accoppiamenti delle semifinali vedono gli ungheresi abbinati al Mladost in un confronto che si rivela per loro impietoso, visto che gli jugoslavi si impongono nettamente a Zagabria per 10-4 per poi avere la meglio anche al ritorno (9-7) nella capitale magiara, mentre un andamento per certi versi anomalo è quello che caratterizza la sfida fra CSKA Mosca e Spandau, nel senso che i tedeschi ipotecano la finale grazie al successo per 10-7 nella capitale sovietica, salvo farsi sorprendere (7-8) al ritorno a Berlino, garantendosi comunque un margine di due lunghezze sufficiente per andare a disputare la quinta finale consecutiva.

E, ancorché si parli di edizione 1989-’90, in realtà i due incontri si disputano entrambi a novembre 1989, con la gara di andata fissata per sabato 18 novembre 1989 a Berlino e quella di ritorno ad otto giorni di distanza, il 26 novembre a Zagabria.

E, trattandosi senza dubbio alcuno, di due delle più forti squadre del Vecchio Continente, non vi è da stupirsi che diano vita a due incontri equilibratissimi, oltretutto a poco più di un anno di distanza dalla sfida andata in scena il 30 settembre 1988 nella semifinale dei Giochi di Seul e che aveva visto la Jugoslavia imporsi per 14-10 per poi far suo l’oro in finale sugli Stati Uniti.

Finito con le parole, passiamo ai fatti, che vedono nella gara di Berlino gli ospiti chiudere il primo periodo in vantaggio 3-2, per poi essere raggiunti sul 6-6 a conclusione della seconda frazione e quindi subire un parziale di 0-3 nella terza che non riescono a colmare del tutto nell’ultimo periodo, risultando sconfitti per 10-9 con sugli scudi per i berlinesi Prizer, autore di tre reti, a bilanciare le doppiette di Mladen Erjavec e Dubravko Simenc da parte jugoslava.

Tutto pertanto ancora in bilico, allorché le due squadre si tuffano nella piscina di Zagabria per la gara di ritorno con 4mila spettatori in tribuna che non aspettano altro che di tornare a festeggiare un titolo europeo a quasi 20 anni di distanza, ma come in ogni altro sport di squadra dovrebbero sapere che “i tedeschi sono duri a morire”.

E, difatti, l’incontro scorre su di un piano di assoluto equilibrio, con il primo periodo concludo sulla parità (2-2) ed una seconda frazione che illude lo Spandau, visto che il 5-4 maturato a proprio favore lo porta a costruirsi un margine di due lunghezze (15-13) nel doppio confronto, prima che l’esito del terzo periodo, che rovescia le sorti dell’incontro (8-7, con un parziale di 4-2), riporti il match su di un piano di assoluta parità, che permane (9-8) al termine dei quattro tempi regolamentari, rendendosi necessaria la disputa dei supplementari.

E qui emerge, in tutta la sua classe, Simenc che, dopo aver fatto parte del “settebello” che si era aggiudicato la medaglia d’oro l’anno prima a Seul, corona la sua prestazione che lo vede andare tre volte a segno, siglando il punto del definitivo 11-9 a 2’05” dalla fine del supplementare che regala al Mladost il suo quinto trionfo europeo.

Peraltro, così come con questa sconfitta si chiude di fatto il “periodo d’oro” del club tedesco – che raggiunge le semifinali anche nel successivo biennio, fallendo però l’accesso all’atto conclusivo –, anche per il Mladost il meglio sta per concludersi, visto che, dopo aver bissato il trionfo l’anno seguente superando in finale la Canottieri Napoli, riuscirà ad aggiungere al proprio palmares una sola altra edizione, nel 1996 a spese dell’Ujpest allorché prende parte al torneo in qualità di formazione croata.

Ma, nella storia della manifestazione, non si può certo negare che tedeschi ed jugoslavi non abbiano “lasciato traccia, anzi tutt’altro…  

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