PAU GASOL, PRIMO GIOCATORE NON AMERICANO “MATRICOLA DELL’ANNO” NBA NEL 2002

Un 22enne Paul Gasol con il Trofeo di Rookie of the Year 2002 – da:blogdebasket.com

Articolo di Giovanni Manenti

Probabilmente, al di là dell’Oceano, non sono molto avvezzi ai proverbi come nel Vecchio Continente, anche se è fuor di dubbio che “il buongiorno si vede dal mattino …” ben si adatta alle matricole che si affacciano al “Mondo dorato” della NBA, la Lega Professionistica Usa di Basket, in particolar modo per coloro che, al termine della loro prima stagione, ricevono l’ambito premio di “Rookie of the Year”, letteralmente “Matricola dell’anno” …

E quanto il ricordato adagio calzi a pennello – pur con il limite che vi sono stagioni in cui il Draft di metà giugno è risultato alquanto povero di talenti, così come, al contrario, edizioni in cui gli stessi abbondano, due soli esempi per chiarire, vedasi la contemporanea presenza di Akeem Okajuvon, Michael Jordan, Charles Barkley e John Stockton nel 1984, al pari di Allen Iverson, Ray Allen, Kobe Bryant e Steve Nash nel 1996 – lo si può facilmente dedurre dal numero di giocatori che, ottenuto tale riconoscimento, sono successivamente divenute Stelle della NBA, tanto da essere inseriti nella prestigiosa “Naismith Memorial Basketball Hall of Fame”, a far tempo già dagli anni ’50, con nomi che non hanno certo bisogno di presentazioni, quali Bob Pettit, Elgin Baylor, Wilt Chamberlain ed Oscar Robertson.

Una lista che prosegue negli anni ’60 con, fra gli altri, Jerry Lucas, Willis Reed e Lew Alcindor (il futuro Kareem Abdul-Jabbar …) e, nel decennio successivo, con Bob McAdoo, Jamaal Wilkes, Adrian Dantley e Larry Bird, per poi avvicinarsi a fine XX Secolo con altri protagonisti dello Show quali Ralph Sampson, il già citato Jordan, Pat Ewing, David Robinson, Shaquille O’Neal, Grant Hill, Iverson e Tim Duncan

Oltre ad essere degli straordinari cestisti, questi atleti hanno altresì una caratteristica che li accomuna, ovvero quella di essere tutti americani – compreso Duncan, nonostante sia nato nelle Isole Vergini, in quanto le stesse politicamente costituiscono una dipendenza degli Stati Uniti – e ciò nonostante che in tre occasioni (nel 1978 con Mychal Thompson, nel 1984 con Olajuwon e nel 1998 con Michael Olowokandi …) la prima scelta al Draft fosse caduta su un giocatore di altra nazionalità, Bahamas nel primo caso e Nigeria negli altri due, ancorché l’unico ad avere poi le “carte in regola” per ambire ad un tale riconoscimento fosse il solo Olajuwon, con la sfortuna di essere “incappato” in MJ.

Per sfatare una tale tradizione occorre pertanto entrare nel nuovo Millennio, caratterizzato peraltro da non eccelse presenze ai Draft sia 2000 che 2001, con la prima scelta a cadere su Kenyon Martin e Kwame Brown rispettivamente, ma nella seconda occasione gli Atlanta Hawks, chiamati a scegliere per terzi, si orientano sul 21enne catalano Pau Gasol, reduce da due stagioni nelle file del Barcellona, così da farlo divenire, all’epoca, il secondo giocatore europeo con il più basso numero di chiamata, con il solo olandese Rik Smits ad aver fatto di meglio, quale seconda scelta al Draft 1988, preceduto da Dick Manning …

Vi è però un non trascurabile dettaglio di cui occorre tener conto, ovvero che Smits si era trasferito negli Usa già nel 1984 per studiare presso il “Marist College” a New York e, pertanto, si era fatto conoscere grazie ai suoi quattro Tornei universitari nella NCAA, mentre per Gasol l’approdo nel Panorama professionistico giunge direttamente dal Vecchio Continente, trasferendosi negli Stati Uniti a conclusione dei Campionati Europei che vedono la Spagna concludere al terzo posto (sconfitta 65-78 dalla Jugoslavia di Peja Stojakovic, già in forza ai Sacramento Kings …) ed il 21enne Pau a mettere a referto medie di 17,3 punti, 9,7 rimbalzi (leader della speciale Classifica …) e 2,1 stoppate a partita.

Nato il 6 luglio 1980 a Barcellona, Pau Gasol può essere impiegato alternativamente sia come centro che quale ala grande, vista la corporatura di m.2,13 per 113 chili, avendo esordito con il prestigioso Club catalano a metà gennaio 1999 per poi, dopo un secondo anno ai margini della prima squadra, vivere da protagonista la stagione 2001 che vede il Barcellona aggiudicarsi sia il titolo della Lega che la Copa del Rey, in entrambi i casi premiato come MVP sia dei Playoff che della Finale di Coppa …

Credenziali pertanto non trascurabili, oltre alle ricordate prestazioni nella successiva Rassegna Continentale, non sufficienti peraltro affinché la Dirigenza degli Hawks punti su di lui, visto che Gasol viene usato quale “pedina di scambio”, assieme a Lorenzen Wright e Brevin Knight, per assicurarsi i servigi di Shareef Abdur-Rahim, da 5 stagioni in forza ai Vancouver Grizzlies ed a propria volta terza scelta al Draft 1996 …

Ma, per Gasol, destino vuole che la sua destinazione definitiva non sia né in Georgia che in Canada, poiché Michael Heisley, proprietario dei Grizzlies – che erano entrati a far parte della Lega nel 1995 senza riuscire, nelle prime 6 stagioni, ad andare oltre un miglior record di 23-59 – aveva deciso di trasferire la franchigia a Memphis a fine marzo 2001, così che i primi allenamenti sotto coach Sidney Lowe (in carica dalla precedente stagione …), il 21enne catalano inizia a svolgerli in Tennessee, con i Grizzlies a poter contare su di un’altra valida matricola, ovvero l’ala piccola Shane Battier scelto per sesto e reduce dall’aver conquistato il titolo 2001 NCAA con Duke University, nonché dall’essere stato eletto “NCAA Player of the Year”.

Con questa “ventata di gioventù”, i Grizzlies si presentano dinanzi al loro nuovo pubblico alla “Pyramid Arena” di Memphis l’1 novembre 2001 per la giornata inaugurale della “regular season”, avversari i Detroit Pistons che, dopo aver fatto sognare i tifosi di casa (43-36) all’intervallo lungo, cambiano marcia nella ripresa per imporsi 90-80, con Gasol, tenuto inizialmente in panchina, a far registrare uno “score” non degno della propria fama, ovvero appena 4 punti (2 su 5 dal campo, oltre a 0 su 2 ai liberi …), con 4 rimbalzi difensivi, un assist ed una stoppata nei 17’ in cui è restato sul parquet …

Un esordio non del tutto incoraggiante, anche se già dalla seconda uscita – all’indomani a Minnesota – il minutaggio di Gasol aumenta sino a 24’, impreziositi da 14 punti (6 su 9 dal campo e 2 su 2 dalla lunetta …), 5 rimbalzi, 2 assist ed altrettante stoppate, per poi entrare definitivamente nel quintetto iniziale a far tempo dalla quarta gara in Arizona contro i Phoenix Suns sino al resto della “regular season”, sfida quest’ultima che lo vede per la prima volta andare oltre i 20 punti, grazie ai 27 messi a referto.

Il problema per i Grizzlies non sono certo né lo spagnolo che tantomeno Battier, che fanno appieno il loro dovere, quanto il resto dell’organico, che porta Memphis a dover attendere sino al nono incontro prima di assaporare la gioia del successo davanti ai propri tifosi, grazie al 98-93 sui Cleveland Cavaliers al quale le due matricole contribuiscono con 20 punti (Battier) e 17 punti e 10 rimbalzi Gasol, per quella che diverrà una costante nella carriera del centro catalano, ovvero mettere a segno una “doppia doppia” (punti più rimbalzi …) nel corso di una singola partita, circostanza che si verifica in ben 35 occasioni già nella stagione d’esordio …

Di contro, la pochezza del contesto di squadra – che conclude il Torneo con il medesimo record (23-59) dell’anno precedente, terzo peggior risultato dell’intera Lega, con i soli Golden State Warriors e Chicago Bulls ad aver fatto di peggio, con 21-61 – permette a Gasol di mettersi maggiormente in evidenza, risultando l’unico giocatore della rosa a disputare tutti ed 82 gli incontri in calendario, per poi dare il meglio di sé nel corso del mese di marzo 2002, in cui va in “doppia cifra”, quanto a punti realizzati, in 12 dei 15 incontri in programma, il che gli consente di ricevere il premio di “Rookie of the Month” (“Matricola del Mese” …), diventando primo giocatore europeo a riuscire in una tale impresa.

Ma ciò non è altro che il prologo di quello che succede alla successiva conclusione della “regular season”, che vede i Sacramento Kings ottenere il miglior record di 61-21 – anche se poi verranno sconfitti 4-3 dai Los Angeles Lakers in Finale di Western Conference – e che incorona Tim Duncan dei San Antonio Spurs quale MVP della stagione, grazie alle sue medie di 25,5 punti, 12,7 rimbalzi e 3,7 assist a partita, riconoscimento che il colosso delle Isole Vergini fa suo anche l’anno seguente …

Di fronte a cotanta “nobiltà”, non sfigurano di certo anche i 17,6 punti, 8,9 rimbalzi e 2,7 assist di media/gara (oltre a 2,1 stoppate …) di Pau Gasol, che gli valgono il meritatissimo titolo di “Rookie of the Year”, primo esponente del Vecchio Continente ad aggiudicarsi tale premio – ad oggi eguagliato solo dallo sloveno Luka Doncic nel 2019 – a dimostrazione che la scelta di lasciare la Catalogna per gli Stati Uniti non era poi così sbagliata, oltre ad essere ovviamente inserito nel quintetto ideale delle Matricole 2002, in cui a fargli compagnia è il compagno di squadra Battier.

Così come, a tale riconoscimento, hanno fatto seguito altre 17 stagioni ad alto livello che hanno consentito allo spagnolo di aggiudicarsi due titoli NBA (2009-’10) consecutivi con i Los Angeles Lakers, nonché di contribuire, con la propria Nazionale, alla conquista di tre titoli europei (2009, 2011 e 2015) e della Rassegna Iridata 2006, oltre ad essere l’ultimo a cedere nelle due tiratissime Finali Olimpiche contro gli Usa ai Giochi di Pechino 2008 (107-118, con 21 punti e 6 rimbalzi …) e, quattro anni dopo, a Londra 2012, conclusa 100-107, con un contributo di 24 punti, 8 rimbalzi e 7 assist …

Non c’è altro da aggiungere, è proprio vero che, nella stragrande maggioranza dei casi, “il buongiorno si vede dal mattino …” …

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