IL SECONDO POSTO AL TOUR DE FRANCE 1957 DI MARCEL JANSSENS CHE NON EBBE UN SEGUITO

articolo di Nicola Pucci

Marcel Janssens appartiene alla nutrita schiera di ciclisti, dotati di classe, che sono stati capaci di piazzare l’acuto ma non hanno poi concesso grandi repliche.

Janssens, fiammingo di Edegem classe 1931, è decisamente un corridore completo, resistente, abile in salita, buon passista ma non veloce, a lungo considerato fra i ciclisti di maggior caratura di un gruppo di atleti belgi sui quali i connazionali puntano per rinverdire quei successi che al Tour de France mancano dall’interruzione imposta dalla Seconda Guerra Mondiale. Se Romain Maes e Sylvere Maes avevano trionfato negli ultimi anni (rispettivamente, 1935, 1936 e 1939), sarà invece solo il “cannibale” Eddy Merckx nel 1969 a riportare in Belgio la corona di re di Francia.

Janssens si mette in evidenza fin da giovanissimo, vincendo il titolo nazionale fra i dilettanti nel 1951, ed al suo passaggio fra gli indipendenti, nel 1953, si mette subito il luce, vincendo una tappa al Giro di Catalogna, una al Giro del Belgio e la Bruxelles-Liegi, trovando modo, sovente, di mettere la sua ruota davanti a quella di acclamati professionisti. Quanto basta per farne un atteso protagonista per gli anni a seguire.

In verità, le sue prime stagioni tra i “grandi“, spese al soldo della Alcyon-Dunlop, sono altalenanti, segnate da alcune buone vittorie, ma pure da qualche appannamento di troppo. Nel 1955, tuttavia, il belga, che l’anno prima è rimasto all’asciutto, è secondo al Gran Premio de l’Escaut (alle spalle di Brik Schotte) e al Trofeo Baracchi (corso in coppia con Jean Branckart), altresì vincendo una tappa e la classifica finale del Tour de l’Ouest e a fine stagione correndo da protagonista sia al Mondiale di Frascati, dov’è quinto, che al Giro di Lombardia, chiuso al decimo posto.

Nel 1956 Janssens esordisce al Tour de France, andando non oltre il 32esimo posto, replicando il secondo posto al Gran Premio de l’Escaut, stavolta battuto da Rik Van Looy, ma per l’anno successivo, quando la sua lenta maturazione sembra dischiudersi clamorosamente, il fiammingo ha in serbo una prestazione maiuscola.

Dopo aver ottenuto il quarto posto alla Freccia Vallone, ed aver corso un buon Giro d’Italia chiuso in 20esima posizione, Janssens si presenta al via della Grande Boucle, luogotenente in una squadra che ha in Jan Adriaensens, terzo l’anno precedente alla spalle dei sorprendenti Roger Walkowiak e Gilbert Bauvin, il capitano dichiarato. E’ la Francia, ovviamente, ad avere i favori del pronostico dalla sua parte, e se André Darrigade vince la prima tappa a Granville e René Privat lo spodesta il giorno dopo a Caen, ecco che all’orizzonte si profila la figura del dominatore delle edizioni che verranno, Jacques Anquetil, che a Rouen vince la sua prima tappa e a Charleroi indossa la sua prima maglia gialla.

La cederà per qualche giorno a Nicolas Barone e Jean Forestier, in un Tour che parla esclusivamente transalpino, per poi riappropriarsi, definitivamente, delle insegne del primato a Briançon, difendendosi poi dagli assalti, per la verità destinati a non spodestarlo dalla testa della graduatoria generale, degli inseguitori in classifica. Tra questi, proprio Janssens, che vince in solitario la tappa sul pavè che si conclude a Roubaix e dopo la tappa di Charleroi, vinta da Gilbert Bauvin, si ritrova secondo in classifica alle spalle di Auquetil con un ritardo di 1’01”, ma, soprattutto, sulle grandi montagne appare in gran spolvero, passando in testa sul mitico Col du Galibier, restando costantemente fra i primi ed approfittando, poi, della crisi che attanaglia Anquetil verso Pau, quando la maglia gialla, in difficoltà su Aubisque e Tourmalet, cede il passo a Gastone Nencini e Janssens che dominano la tappa e lo staccano di oltre 2’30”. Janssens avrebbe potuto vincere un maggior numero di tappe, se solo avesse posseduto uno spunto veloce migliore, ma infine si accontenta di aver consolidato il secondo posto in classifica e a Parigi, con un ritardo di 14’56”, è il delfino di Anquetil, che lo ha accanto a sè sul secondo gradino del podio nel giorno della prima delle sue cinque conquiste del Tour de France.

Sulle ali di quell’exploit, Janssens, che ha chiuso il 1957 in settima posizione nella Challenge Desgrange-Colombo (una sorta di classifica a punti annuale dei migliori corridori), si presenta speranzoso di ripetersi alla Grande Boucle del 1958, non prima di esser stato degno protagonista in primavera con il quinto posto al Giro delle Fiandre, il settimo alla Parigi-Roubaix ed il decimo alla Milano-Sanremo, ma al Tour de France una caduta nel corso della alla sesta tappa lo costringe al ritiro.

In non perfette condizioni, Janssens, che è giunto secondo alla Freccia Vallone, anticipato di 15″ da Joseph Hoevenaers, e terzo alla Parigi-Roubaix, battuto in volata da Noel Foré e Gilbert Desmet con cui aveva preso il largo nel finale, corre il Tour de France anche nel 1959, riuscendo vincere la tappa pirenaica di Bagnères de Bigorre e terminando 25esimo in classifica, prima che la sfortuna, ancora, si accanisca su di lui.

Nel 1960, infatti, dopo aver vinto la Bordeaux-Parigi ed essersi classificato decimo alla Liegi-Bastogne-Liegi confermando di adattarsi bene ad ogni titpo di classica, causa una caduta, Janssens viene colpito dal tifo che gli pregiudica la stagione e, di fatto, anche il resto della carriera. Riesce ancora ad ottenere un prestigioso secondo posto alla Parigi-Roubaix del 1961, quando Van Looy lo brucia in volata, ed un quarto, sempre nell'”inferno del Nord” nel 1963, ma l’ispirazione che lo aveva portato sul secondo gradino del podio al Tour de France quattro anni prima, ormai è solo un antico ricordo. Di quel che sarebbe potuto essere e non è mai stato.

Lascia un commento