articolo di Giovanni Manenti
Il termine frustrazione è ampiamente usato in ambito sportivo quando un pur validissimo campione si trova a misurarsi, nel suo periodo di maggior splendore, contro un fenomeno che gli preclude di giungere alla gloria assoluta, come nel caso di un Paul Tergat con Gebrselassie o di un Harald Schmid con Edwin Moses in atletica leggera, piuttosto che un Laszlo Cseh rispetto a Phelps nel nuoto od anche Max Biaggi e Gibernau nei confronti di Valentino Rossi nel motociclismo, tanto per citare i primi nomi che vengono a mente.
L’importante è che tutto si svolga correttamente ed in modo leale, ma se chi ti batte gioca sporco, allora la questione è un attimino diversa, e digerire le sconfitte è molto più amaro e la frustrazione può trasformarsi in rabbia e nella voglia di protestare e denunciare al mondo intero l’anomalia riscontrata, anche se poi vieni additata come una “sore loser“, accezione americana per indicare colei (vale anche al maschile, ma visto che stiamo parlando di una donna…) che, per dirla in italiano, “non sa perdere“.
I media ed i tifosi sono sempre impietosi in questi frangenti, usando altri simpatici epiteti del tipo “perdente di successo” riferito a coloro che la storia dello sport molto spesso etichetta come eterni secondi, ma le vicende che hanno caratterizzato la vita sportiva della nuotatrice americana Shirley Babashoff appartengono ad una sorta di epopea cavalleresca, vedendola nelle vesti di un novello Don Chisciotte nella sua impari lotta anch’essa contro i mulini a vento che, ad inizio anni ’70, hanno una connotazione ben precisa, vale a dire il “doping di Stato” vigente nella ex Germania Est.
Essere per un quinquennio la più forte stileliberista americana, in grado di nuotare le distanze dai 100 sino agli 800, stabilire 17 record nazionali e 6 mondiali e ritrovarsi con il più classico pugno di mosche in mano (intendendosi per tali argenti olimpici e mondiali, sia ben chiaro) deve essere stato qualcosa ben di più di una semplice frustrazione per la bionda Shirley, californiana nata a fine gennaio 1957 e che sale alla ribalta internazionale appena 15enne, in occasione delle Olimpiadi di Monaco 1972.
Presentatasi agli Olympic Trials di Chicago, in programma dal 2 al 4 agosto 1972, sulle quattro prove di stile libero, la ragazzina dimostra sin da subito la sua innata dote di combattività che la porta a qualificarsi per i Giochi sui 100 stile libero, giungendo seconda in 59″23 dietro alla Kemp, così come sui 400 stile libero, dove il suo 4’23″35 è superato solo da Keena Rothhammer che, con 4’21″99, sfiora il primato mondiale di 4’21″2 detenuto da un’altra ragazzina terribile, vale a dire la non ancora sedicenne australiana Shane Gould, mentre tale impresa riesce proprio alla Babashoff che, sui 200 stile libero, strappa alla Gould il record mondiale, facendo sua la gara in 2’05″21, lasciando pregustare duelli all’ultima bracciata in sede olimpica.
Ed, in una guerra tra adolescenti, i Giochi di Monaco si risolvono a favore della giovane australiana, nonostante che nella gara d’esordio del 29 agosto sui 100 stile libero, la stessa giunga solo terza in 59″06, battuta dalla Babashoff che in finale ripete il 59″02 realizzato in semifinale che valeva il record olimpico, solo per essere entrambe sconfitte dall’americana Sandra Neilson che, nuotando la gara della vita, copre la distanza in 58″59, nuovo primato olimpico.
Ma la sfida più attesa, quella sui 200 stile libero tre giorni dopo, non tradisce certo le attese, con le tre ragazze a salire sul podio che scendono tutte sotto il limite mondiale stabilito dalla Babashoff appena un mese prima ed a prendersi la rivincita è la Gould, che lo abbassa di quasi 2″ nuotando in 2’03″56, con largo margine su Babashoff, argento in 2’04″33 e Rothhammer, bronzo con 2’04″92.
La Gould conferma la sua straordinaria vena facendo suoi anche i 400 stile libero migliorando a 4’19″04 il suo stesso limite mondiale, con un vantaggio abissale sulla nostra Novella Calligaris, splendido argento, in una gara che vede il trio americano composto da Babashoff, Wylie e Rothhammer mestamente fuori dal podio, classificandosi nell’ordine dal quarto al sesto posto, con Rothhammer che, quanto meno, si prende la soddisfazione di infliggere – anch’essa quindicenne – un’altra sconfitta alla Gould sugli 800 stile libero con tanto di primato mondiale, mentre Shirley conclude la sua prima esperienza olimpica con l’oro della staffetta 4×100 stile libero dove contribuisce con un’ultima frazione di 58″18 che rintuzza il tentativo di rimonta della tedesca est Kornelia Ender (58″27), consentendo agli Stati Uniti di vincere la gara per soli 0″36 centesimi di distacco sulle tedesche orientali.
Shirley ancora non lo sa, ma quell’ultima frazione non è altro che un assaggio delle sfide che catalizzeranno i suoi prossimi quattro anni con la futura “Signora Matthes“, dato che la Gould si ritiene appagata dai tre ori (vince anche i 200 misti) conquistati e si ritira dalle scene.
Con il nuoto mondiale entrato nell’era moderna, alle Olimpiadi di Monaco fa immediatamente seguito la prima rassegna iridata, la cui sede è stata scelta in Belgrado, e che rappresenta una prima occasione per prendersi delle rivincite rispetto all’esito dei Giochi, anche se l’ammissione alle gare è limitata a soli due atleti per singola prova rispetto ai tre sino ad allora previsti in sede olimpica (una limitazione cui il CIO si adeguerà a partire dai Giochi di Los Angeles 1984).
E, proprio a Belgrado, appare in tutta la sua grandezza lo strapotere delle walchirie della ex Ddr che, dopo aver conquistato in sede olimpica solo un argento individuale con la Ender nei 200 misti, così come nelle due staffette 4×100 stile libero e 4×100 mista, a distanza di dodici mesi si impongono in ben 10 delle 14 gare in programma, stabilendo sei nuovi record mondiali, e lasciando alle altre le briciole, con tre vittorie americane ed una, splendida, della nostra Calligaris sugli 800 stile libero migliorando con 8’52″97 il settimo record mondiale della manifestazione.
E la Babashoff? Qualificatasi solo per i 100 ed i 200 stie libero, continua ad arricchire i pezzi della sua argenteria, con il secondo posto sulla più breve distanza, nonostante ottenga il personale di 58″87, ma nulla può contro la superiorità della Ender che migliora per la quarta volta nell’arco di due mesi il primato mondiale portandolo a 57″54, mentre più bruciante è la sconfitta sulla sua distanza preferita dei 200 stile libero patita ad opera della connazionale Rothhammer (2’04″99 a 2’05″33), cui aggiunge i due secondi posti nelle staffette dietro agli insuperabili quartetti tedesco orientali che distruggono letteralmente i rispettivi primati mondiali.
Ce ne sarebbe a sufficienza affinché la frustrazione dell’eterna seconda prendesse il sopravvento, ma così non è per la combattiva Shirley, la quale, al contrario, raddoppia le energie per farsi trovare pronta a rinnovare la sfida alle potenti ondine dell’est in vista dei prossimi appuntamenti costituiti dai mondiali di Cali 1975 e dalle Olimpiadi di Montreal 1976, e non vi è modo migliore per farlo che riappropriarsi del primato mondiale sui 200 stile libero nuotando per due volte nell’arco di otto giorni (il 23 ed il 31 agosto 1974) lo stesso tempo di 2’02″94, togliendolo alla Ender, la quale, dal canto suo, ritocca agli Europei di Vienna 1974 il proprio limite sui 100 stile libero portandolo a 56″96.
Ma se la Babashoff è una combattente di razza, non si può negare che lo sia anche la sua acerrima rivale Ender, la quale si presenta ai Mondiali di Cali dopo aver ulteriormente abbassato a 56″38 il record sui 100 stile libero ed aver tolto alla Babashoff quello sui 200 stile libero, nuotando la distanza in 2’02″27, americana che, dal canto suo, ai Trials di Long Beach (dove ottiene il pass per i Mondiali su tutte e quattro le gare individuali, dai 100 sino agli 800 stile libero!) abbassa a 4’14″76 il primato sui 400 stile libero.
Più portata alla velocità la Ender, più resistente la Babashoff, è ovvio che i favori del pronostico vanno più alla prima sui 100 stile libero ed alla seconda sui 400 stile libero (distanza in cui la tedesca non si è mai cimentata), mentre è sulla gara intermedia dei 200 stile libero che si preannunciano scintille in vista della rassegna iridata colombiana.
Mai previsioni si dimostrano più azzeccate in un mondiale che ricalca quanto a medaglie l’edizione precedente, con le tedesche orientali a mantenere le 10 vittorie sulle 14 gare in programma e le americane a farne loro solo tre, mentre l’unica affermazione ad uscire da questo duopolio viene sempre dagli 800 stile libero, ma stavolta invece dell’azzurra Calligaris, vi è la 15enne australiana Jenny Turrall, che non manterrà fede in seguito alle aspettative.
Ma torniamo alle nostre due campionesse, per verificare, come da pronostico, la vittoria delle Ender (che si aggiudica anche i 100 farfalla con il record mondiale di 1’01″24) sulla Babashoff nei 100 stile libero (56″50 a 57″81), mentre l’americana deve tenere a bada l’impertinenza della Turrall sui 400 stile libero, facendo sua la gara in 4’16″87 rispetto al 4’17″88 della “teenager” australiana, da cui esce sonoramente battuta sulla doppia distanza degli 800 stile libero, che consegnano alla Babashoff il suo unico bronzo tra Olimpiadi e Mondiali.
La resa dei conti tra le due rivali avviene, come previsto, sui 200 stile libero ed, una volta tanto, a sorridere è l’americana che, in un finale testa a testa, riesce a spuntarla per l’inezia di 0″19 centesimi (2’02″50 a 2’02″69), così potendosene tornare in patria con un lusinghiero bottino di sei medaglie (due ori, tre argenti, comprese le due staffette, ed un bronzo).
Ottimo viatico in vista del più importante appuntamento dei Giochi di Montreal 1976, a cui la Babashoff si presenta replicando le quattro gare individuali di Cali avendo vinto i relativi Trials di Long Beach, stabilendo i primati nazionali sui 100 stile libero (56″96), 200 stile libero (2’00″69) e 400 stile libero (4’12″85) e, cosa assolutamente clamorosa, togliendo alla tedesca est Petra Thumer il fresco record mondiale sugli 800 stile libero da lei stabilito in 8’40″68 alle selezioni nazionali, migliorandolo ad 8’39″63.
Ma se Shirley chiama, Kornelia risponde, in quanto proprio alle selezioni tedesco orientali per i Giochi, la stessa Ender ritocca per l’ennesima volta il proprio limite sui 100 stile libero portandolo a 55″73 ed abbatte lo storico muro dei 2′ netti sui 200 stile libero, nuotando in 1’59″78, lanciando così il guanto di sfida in vista delle oramai prossime Olimpiadi canadesi.
I Giochi di Montreal passano alla storia per il dominio assoluto degli Stati Uniti in campo maschile (12 ori su 13 gare in cui cadono ben 12 record mondiali) e della Germania Est in quello femminile, con appena un oro in meno e 9 primati mondiali complessivamente stabiliti, con la “povera” Babashoff stretta nella morsa delle due walchirie Ender e Thumer che si spartiscono le gare (la prima si cimenta su 100 e 200 stile libero, la seconda sui 400 ed 800 stile libero), rispetto alla stakanovista americana che si sottopone ad un tour de force che non ha eguali nella storia dello stile libero femminile.
E l’avvio è tutt’altro che incoraggiante per l’ormai 19enne Babashoff, con il peraltro previsto argento della staffetta 4×100 mista Usa nella giornata inaugurale del programma natatorio, il 18 luglio 1976, nonostante nuoti la sua ultima frazione a stile libero in 56″11 rispetto al 56″04 delle Ender, con il quartetto tedesco a frantumare in 4’07″95 il primato mondiale, lasciando le americane ad oltre 6″50 di distacco, delusione alla quale si aggiunge quella ben più cocente il giorno dopo sui 100 stile libero, dove la Babashoff giunge non meglio che quinta, battuta anche dalla connazionale Peyton, in una gara dove la Ender si migliora nuovamente in 55″65.
Ma se c’è una dota che senza alcun dubbio non fa difetto a Shirley sta proprio nella volontà e nella forza di non abbattersi, anche se non le si potrebbe dar torto, in caso contrario, quando, nella finale dei 400 stile libero del 20 luglio, non le basta il 4’10″46 con cui scende oltre 1″ sotto il primato mondiale della Krause, venendo sconfitta dalla Thumer che fa suo oro e record in 4’09″89, mentre nulla può il 22 luglio contro lo strapotere della Ender sui 200 stile libero, con la tedesca che migliora il suo fresco limite portandolo a 1’59″26, con l’americana che deve, viceversa, difendere l’argento per soli 0″18 centesimi dall’attacco dell’olandese Enith Brigitha, già bronzo sui 100 stile libero, e prima atleta di colore a conquistare una medaglia olimpica.
Come avrete capito, consapevole della superiorità della Ender sulle prove veloci – la tedesca fa suo anche l’oro sui 100 farfalla eguagliando in 1’00″13 il suo stesso primato mondiale – la Babashoff ha pianificato la preparazione per i Giochi più sulle lunghe distanze e quindi sulla resistenza, come dimostrato nella gara con la Thumer sui 400 stile libero risolta solo nelle ultime bracciate a favore della tedesca, contro la quale si trova a riproporre la sfida all’ultima giornata delle prove in piscina, vale a dire il 25 luglio, sulla più lunga prova degli 800 stile libero e che vede le due avversarie sin dalle prime vasche fare il vuoto alle loro spalle per poi darsi aspra battaglia sino agli ultimi metri andando entrambe sotto il recente primato mondiale dell’americana che però, ancora una volta, deve arrendersi, sia pur di stretta misura (8’37″14 ad 8’37″59) per meno di mezzo secondo, che sugli 800 metri equivale letteralmente ad un battito di ciglia.
Ora, sarebbe umano chiedersi con quale spirito la Babashoff possa, a meno di due ore di distanza, presentarsi alle partenza della staffetta 4×100 stile libero quale ultima frazionista del quartetto americano, dopo aver sinora raccolto quattro argenti ed, oltretutto, sfiancata da un tour de force pazzesco e con la prospettiva di dover affrontare le pressoché invincibili tedesche orientali.
E, del resto, anche la ex campionessa olimpica di Tokyo 1964, Donna de Varona, all’epoca commentatrice televisiva, non dà alcuna chance di vittoria al quartetto a stelle e strisce, anche se i tecnici tedeschi commettono l’errore di inserire la Ender in prima frazione, cosa che consente alla Germania Est di garantirsi oltre 1″ di vantaggio al primo cambio (55″79 a 56″95 rispetto alla Peyton), ma toglie alla Babashoff l’incubo di affrontare in ultima frazione la sua eterna rivale.
E, poiché Boglioli e Sterkel nelle frazioni interne rimontano il distacco rispetto a Priemer e Pollack, lanciando Babashoff con 0″40 centesimi di vantaggio all’ultimo cambio (2’48″53 a 2’48″94) è logico pensare cosa passi in quei momenti nella testa di Shirley, la quale ha il compito, non solo per se stessa, ma anche per le proprie compagne, di rompere l’egemonia tedesco orientale che, nelle gare individuali, era stata incrinata solo sui 200 rana, con l’intero podio monopolizzato dalle nuotatrici sovietiche.
Abbinata alla Hempel, Babashoff tira fuori dai propri stanchi muscoli dopo così tante gare le ultime energie per fronteggiare il tentativo di rimonta della tedesca, dilatando anzi il vantaggio per andare a concludere nel nuovo record mondiale di 3’44″82 contro il 3’45″50 delle tedesche, liberandosi all’uscita dalla vasca di tutte le tensioni accumulate in una settimana ininterrotta di gare.
E, mentre al microfono, la de Varona faceva ammenda, dichiarando “non sono mai stata così felice di rimangiarmi le parole espresse in sede di pronostico prima di questa finale!“, la Babashoff può almeno vantarsi di aver concluso in bellezza, con l’ultima gara della sua vita, una carriera che le ha permesso – tra Olimpiadi e Mondiali – di collezionare qualcosa come 18 medaglie, di cui 4 d’oro, 13 d’argento e solo una di bronzo.
Bottino che sarebbe potuto essere ben più cospicuo quando, ad anni di distanza, si viene a scoprire che la “sore loser” tutti i torti non li aveva quando lanciava i suoi strali contro le avversarie, essendo venuta alla luce, dopo la caduta del Muro di Berlino, la vergognosa pianificazione del “doping di Stato” nella ex Ddr.