SHIRLEY BABASHOFF, L’ORO DI MONTREAL 1976 CHE FU PALADINA DELL’ANTIDOPING

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Shirley Babashoff – da hdwallpaperpark.com

articolo di Giovanni Manenti

Il termine frustrazione è ampiamente usato in ambito sportivo quando un pur validissimo campione si trova a misurarsi, nel suo periodo di maggior splendore, contro un fenomeno che gli preclude di giungere alla gloria assoluta, come nel caso di un Paul Tergat con Gebrselassie o di un Harald Schmid con Edwin Moses in atletica leggera, piuttosto che un Laszlo Cseh rispetto a Phelps nel nuoto od anche Max Biaggi e Gibernau nei confronti di Valentino Rossi nel motociclismo, tanto per citare i primi nomi che vengono a mente.

L’importante è che tutto si svolga correttamente ed in modo leale, ma se chi ti batte gioca sporco, allora la questione è un attimino diversa, e digerire le sconfitte è molto più amaro e la frustrazione può trasformarsi in rabbia e nella voglia di protestare e denunciare al mondo intero l’anomalia riscontrata, anche se poi vieni additata come una “sore loser“, accezione americana per indicare colei (vale anche al maschile, ma visto che stiamo parlando di una donna…) che, per dirla in italiano, “non sa perdere“.

I media ed i tifosi sono sempre impietosi in questi frangenti, usando altri simpatici epiteti del tipo “perdente di successo” riferito a coloro che la storia dello sport molto spesso etichetta come eterni secondi, ma le vicende che hanno caratterizzato la vita sportiva della nuotatrice americana Shirley Babashoff appartengono ad una sorta di epopea cavalleresca, vedendola nelle vesti di un novello Don Chisciotte nella sua impari lotta anch’essa contro i mulini a vento che, ad inizio anni ’70, hanno una connotazione ben precisa, vale a dire il “doping di Statovigente nella ex Germania Est.

Essere per un quinquennio la più forte stileliberista americana, in grado di nuotare le distanze dai 100 sino agli 800, stabilire 17 record nazionali e 6 mondiali e ritrovarsi con il più classico pugno di mosche in mano (intendendosi per tali argenti olimpici e mondiali, sia ben chiaro) deve essere stato qualcosa ben di più di una semplice frustrazione per la bionda Shirley, californiana nata a fine gennaio 1957 e che sale alla ribalta internazionale appena 15enne, in occasione delle Olimpiadi di Monaco 1972.

Presentatasi agli Olympic Trials di Chicago, in programma dal 2 al 4 agosto 1972, sulle quattro prove di stile libero, la ragazzina dimostra sin da subito la sua innata dote di combattività che la porta a qualificarsi per i Giochi sui 100 stile libero, giungendo seconda in 59″23 dietro alla Kemp, così come sui 400 stile libero, dove il suo 4’23″35 è superato solo da Keena Rothhammer che, con 4’21″99, sfiora il primato mondiale di 4’21″2 detenuto da un’altra ragazzina terribile, vale a dire la non ancora sedicenne australiana Shane Gould, mentre tale impresa riesce proprio alla Babashoff che, sui 200 stile libero, strappa alla Gould il record mondiale, facendo sua la gara in 2’05″21, lasciando pregustare duelli all’ultima bracciata in sede olimpica.

Ed, in una guerra tra adolescenti, i Giochi di Monaco si risolvono a favore della giovane australiana, nonostante che nella gara d’esordio del 29 agosto sui 100 stile libero, la stessa giunga solo terza in 59″06, battuta dalla Babashoff che in finale ripete il 59″02 realizzato in semifinale che valeva il record olimpico, solo per essere entrambe sconfitte dall’americana Sandra Neilson che, nuotando la gara della vita, copre la distanza in 58″59, nuovo primato olimpico.

Ma la sfida più attesa, quella sui 200 stile libero tre giorni dopo, non tradisce certo le attese, con le tre ragazze a salire sul podio che scendono tutte sotto il limite mondiale stabilito dalla Babashoff appena un mese prima ed a prendersi la rivincita è la Gould, che lo abbassa di quasi 2″ nuotando in 2’03″56, con largo margine su Babashoff, argento in 2’04″33 e Rothhammer, bronzo con 2’04″92.

La Gould conferma la sua straordinaria vena facendo suoi anche i 400 stile libero migliorando a 4’19″04 il suo stesso limite mondiale, con un vantaggio abissale sulla nostra Novella Calligaris, splendido argento, in una gara che vede il trio americano composto da Babashoff, Wylie e Rothhammer mestamente fuori dal podio, classificandosi nell’ordine dal quarto al sesto posto, con Rothhammer che, quanto meno, si prende la soddisfazione di infliggere – anch’essa quindicenne – un’altra sconfitta alla Gould sugli 800 stile libero con tanto di primato mondiale, mentre Shirley conclude la sua prima esperienza olimpica con l’oro della staffetta 4×100 stile libero dove contribuisce con un’ultima frazione di 58″18 che rintuzza il tentativo di rimonta della tedesca est Kornelia Ender (58″27), consentendo agli Stati Uniti di vincere la gara per soli 0″36 centesimi di distacco sulle tedesche orientali.

Shirley ancora non lo sa, ma quell’ultima frazione non è altro che un assaggio delle sfide che catalizzeranno i suoi prossimi quattro anni con la futura “Signora Matthes“, dato che la Gould si ritiene appagata dai tre ori (vince anche i 200 misti) conquistati e si ritira dalle scene.

Con il nuoto mondiale entrato nell’era moderna, alle Olimpiadi di Monaco fa immediatamente seguito la prima rassegna iridata, la cui sede è stata scelta in Belgrado, e che rappresenta una prima occasione per prendersi delle rivincite rispetto all’esito dei Giochi, anche se l’ammissione alle gare è limitata a soli due atleti per singola prova rispetto ai tre sino ad allora previsti in sede olimpica (una limitazione cui il CIO si adeguerà a partire dai Giochi di Los Angeles 1984).

E, proprio a Belgrado, appare in tutta la sua grandezza lo strapotere delle walchirie della ex Ddr che, dopo aver conquistato in sede olimpica solo un argento individuale con la Ender nei 200 misti, così come nelle due staffette 4×100 stile libero e 4×100 mista, a distanza di dodici mesi si impongono in ben 10 delle 14 gare in programma, stabilendo sei nuovi record mondiali, e lasciando alle altre le briciole, con tre vittorie americane ed una, splendida, della nostra Calligaris sugli 800 stile libero migliorando con 8’52″97 il settimo record mondiale della manifestazione.

E la Babashoff? Qualificatasi solo per i 100 ed i 200 stie libero, continua ad arricchire i pezzi della sua argenteria, con il secondo posto sulla più breve distanza, nonostante ottenga il personale di 58″87, ma nulla può contro la superiorità della Ender che migliora per la quarta volta nell’arco di due mesi il primato mondiale portandolo a 57″54, mentre più bruciante è la sconfitta sulla sua distanza preferita dei 200 stile libero patita ad opera della connazionale Rothhammer (2’04″99 a 2’05″33), cui aggiunge i due secondi posti nelle staffette dietro agli insuperabili quartetti tedesco orientali che distruggono letteralmente i rispettivi primati mondiali.

Ce ne sarebbe a sufficienza affinché la frustrazione dell’eterna seconda prendesse il sopravvento, ma così non è per la combattiva Shirley, la quale, al contrario, raddoppia le energie per farsi trovare pronta a rinnovare la sfida alle potenti ondine dell’est in vista dei prossimi appuntamenti costituiti dai mondiali di Cali 1975 e dalle Olimpiadi di Montreal 1976, e non vi è modo migliore per farlo che riappropriarsi del primato mondiale sui 200 stile libero nuotando per due volte nell’arco di otto giorni (il 23 ed il 31 agosto 1974) lo stesso tempo di 2’02″94, togliendolo alla Ender, la quale, dal canto suo, ritocca agli Europei di Vienna 1974 il proprio limite sui 100 stile libero portandolo a 56″96.

Ma se la Babashoff è una combattente di razza, non si può negare che lo sia anche la sua acerrima rivale Ender, la quale si presenta ai Mondiali di Cali dopo aver ulteriormente abbassato a 56″38 il record sui 100 stile libero ed aver tolto alla Babashoff quello sui 200 stile libero, nuotando la distanza in 2’02″27, americana che, dal canto suo, ai Trials di Long Beach (dove ottiene il pass per i Mondiali su tutte e quattro le gare individuali, dai 100 sino agli 800 stile libero!) abbassa a 4’14″76 il primato sui 400 stile libero.

Più portata alla velocità la Ender, più resistente la Babashoff, è ovvio che i favori del pronostico vanno più alla prima sui 100 stile libero ed alla seconda sui 400 stile libero (distanza in cui la tedesca non si è mai cimentata), mentre è sulla gara intermedia dei 200 stile libero che si preannunciano scintille in vista della rassegna iridata colombiana.

Mai previsioni si dimostrano più azzeccate in un mondiale che ricalca quanto a medaglie l’edizione precedente, con le tedesche orientali a mantenere le 10 vittorie sulle 14 gare in programma e le americane a farne loro solo tre, mentre l’unica affermazione ad uscire da questo duopolio viene sempre dagli 800 stile libero, ma stavolta invece dell’azzurra Calligaris, vi è la 15enne australiana Jenny Turrall, che non manterrà fede in seguito alle aspettative.

Ma torniamo alle nostre due campionesse, per verificare, come da pronostico, la vittoria delle Ender (che si aggiudica anche i 100 farfalla con il record mondiale di 1’01″24) sulla Babashoff nei 100 stile libero (56″50 a 57″81), mentre l’americana deve tenere a bada l’impertinenza della Turrall sui 400 stile libero, facendo sua la gara in 4’16″87 rispetto al 4’17″88 della “teenager” australiana, da cui esce sonoramente battuta sulla doppia distanza degli 800 stile libero, che consegnano alla Babashoff il suo unico bronzo tra Olimpiadi e Mondiali.

La resa dei conti tra le due rivali avviene, come previsto, sui 200 stile libero ed, una volta tanto, a sorridere è l’americana che, in un finale testa a testa, riesce a spuntarla per l’inezia di 0″19 centesimi (2’02″50 a 2’02″69), così potendosene tornare in patria con un lusinghiero bottino di sei medaglie (due ori, tre argenti, comprese le due staffette, ed un bronzo).

Ottimo viatico in vista del più importante appuntamento dei Giochi di Montreal 1976, a cui la Babashoff si presenta replicando le quattro gare individuali di Cali avendo vinto i relativi Trials di Long Beach, stabilendo i primati nazionali sui 100 stile libero (56″96), 200 stile libero (2’00″69) e 400 stile libero (4’12″85) e, cosa assolutamente clamorosa, togliendo alla tedesca est Petra Thumer il fresco record mondiale sugli 800 stile libero da lei stabilito in 8’40″68 alle selezioni nazionali, migliorandolo ad 8’39″63.

Ma se Shirley chiama, Kornelia risponde, in quanto proprio alle selezioni tedesco orientali per i Giochi, la stessa Ender ritocca per l’ennesima volta il proprio limite sui 100 stile libero portandolo a 55″73 ed abbatte lo storico muro dei 2′ netti sui 200 stile libero, nuotando in 1’59″78, lanciando così il guanto di sfida in vista delle oramai prossime Olimpiadi canadesi.

I Giochi di Montreal passano alla storia per il dominio assoluto degli Stati Uniti in campo maschile (12 ori su 13 gare in cui cadono ben 12 record mondiali) e della Germania Est in quello femminile, con appena un oro in meno e 9 primati mondiali complessivamente stabiliti, con la “poveraBabashoff stretta nella morsa delle due walchirie Ender e Thumer che si spartiscono le gare (la prima si cimenta su 100 e 200 stile libero, la seconda sui 400 ed 800 stile libero), rispetto alla stakanovista americana che si sottopone ad un tour de force che non ha eguali nella storia dello stile libero femminile.

E l’avvio è tutt’altro che incoraggiante per l’ormai 19enne Babashoff, con il peraltro previsto argento della staffetta 4×100 mista Usa nella giornata inaugurale del programma natatorio, il 18 luglio 1976, nonostante nuoti la sua ultima frazione a stile libero in 56″11 rispetto al 56″04 delle Ender, con il quartetto tedesco a frantumare in 4’07″95 il primato mondiale, lasciando le americane ad oltre 6″50 di distacco, delusione alla quale si aggiunge quella ben più cocente il giorno dopo sui 100 stile libero, dove la Babashoff giunge non meglio che quinta, battuta anche dalla connazionale Peyton, in una gara dove la Ender si migliora nuovamente in 55″65.

Ma se c’è una dota che senza alcun dubbio non fa difetto a Shirley sta proprio nella volontà e nella forza di non abbattersi, anche se non le si potrebbe dar torto, in caso contrario, quando, nella finale dei 400 stile libero del 20 luglio, non le basta il 4’10″46 con cui scende oltre 1″ sotto il primato mondiale della Krause, venendo sconfitta dalla Thumer che fa suo oro e record in 4’09″89, mentre nulla può il 22 luglio contro lo strapotere della Ender sui 200 stile libero, con la tedesca che migliora il suo fresco limite portandolo a 1’59″26, con l’americana che deve, viceversa, difendere l’argento per soli 0″18 centesimi dall’attacco dell’olandese Enith Brigitha, già bronzo sui 100 stile libero, e prima atleta di colore a conquistare una medaglia olimpica.

Come avrete capito, consapevole della superiorità della Ender sulle prove veloci – la tedesca fa suo anche l’oro sui 100 farfalla eguagliando in 1’00″13 il suo stesso primato mondiale – la Babashoff ha pianificato la preparazione per i Giochi più sulle lunghe distanze e quindi sulla resistenza, come dimostrato nella gara con la Thumer sui 400 stile libero risolta solo nelle ultime bracciate a favore della tedesca, contro la quale si trova a riproporre la sfida all’ultima giornata delle prove in piscina, vale a dire il 25 luglio, sulla più lunga prova degli 800 stile libero e che vede le due avversarie sin dalle prime vasche fare il vuoto alle loro spalle per poi darsi aspra battaglia sino agli ultimi metri andando entrambe sotto il recente primato mondiale dell’americana che però, ancora una volta, deve arrendersi, sia pur di stretta misura (8’37″14 ad 8’37″59) per meno di mezzo secondo, che sugli 800 metri equivale letteralmente ad un battito di ciglia.

Ora, sarebbe umano chiedersi con quale spirito la Babashoff possa, a meno di due ore di distanza, presentarsi alle partenza della staffetta 4×100 stile libero quale ultima frazionista del quartetto americano, dopo aver sinora raccolto quattro argenti ed, oltretutto, sfiancata da un tour de force pazzesco e con la prospettiva di dover affrontare le pressoché invincibili tedesche orientali.

E, del resto, anche la ex campionessa olimpica di Tokyo 1964, Donna de Varona, all’epoca commentatrice televisiva, non dà alcuna chance di vittoria al quartetto a stelle e strisce, anche se i tecnici tedeschi commettono l’errore di inserire la Ender in prima frazione, cosa che consente alla Germania Est di garantirsi oltre 1″ di vantaggio al primo cambio (55″79 a 56″95 rispetto alla Peyton), ma toglie alla Babashoff l’incubo di affrontare in ultima frazione la sua eterna rivale.

E, poiché Boglioli e Sterkel nelle frazioni interne rimontano il distacco rispetto a Priemer e Pollack, lanciando Babashoff con 0″40 centesimi di vantaggio all’ultimo cambio (2’48″53 a 2’48″94) è logico pensare cosa passi in quei momenti nella testa di Shirley, la quale ha il compito, non solo per se stessa, ma anche per le proprie compagne, di rompere l’egemonia tedesco orientale che, nelle gare individuali, era stata incrinata solo sui 200 rana, con l’intero podio monopolizzato dalle nuotatrici sovietiche.

Abbinata alla Hempel, Babashoff tira fuori dai propri stanchi muscoli dopo così tante gare le ultime energie per fronteggiare il tentativo di rimonta della tedesca, dilatando anzi il vantaggio per andare a concludere nel nuovo record mondiale di 3’44″82 contro il 3’45″50 delle tedesche, liberandosi all’uscita dalla vasca di tutte le tensioni accumulate in una settimana ininterrotta di gare.

E, mentre al microfono, la de Varona faceva ammenda, dichiarando “non sono mai stata così felice di rimangiarmi le parole espresse in sede di pronostico prima di questa finale!“, la Babashoff può almeno vantarsi di aver concluso in bellezza, con l’ultima gara della sua vita, una carriera che le ha permesso – tra Olimpiadi e Mondiali – di collezionare qualcosa come 18 medaglie, di cui 4 d’oro, 13 d’argento e solo una di bronzo.

Bottino che sarebbe potuto essere ben più cospicuo quando, ad anni di distanza, si viene a scoprire che la “sore loser” tutti i torti non li aveva quando lanciava i suoi strali contro le avversarie, essendo venuta alla luce, dopo la caduta del Muro di Berlino, la vergognosa pianificazione del “doping di Stato” nella ex Ddr.

KRISZTINA EGERSZEGI, QUANDO GRAZIA E TALENTO SI FONDONO

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Krisztina Egerszegi – da retroradio.hu

articolo di Giovanni Manenti

Con la caduta del Muro di Berlino nel novembre 1989 e la conseguente riunificazione delle due Germanie sotto un’unica bandiera, cala definitivamente il sipario sulle prestazioni degli atleti della Germania Est che per un ventennio si sono cimentati con addosso l’ombra del “doping di Stato“, dando il loro meglio (o peggio, dipende dai punti di vista) proprio alla vigilia del crollo del sistema comunista, superando quota 100 medaglie conquistate alle Olimpiadi di Seul 1988 ed ottenendo il secondo posto nel medagliere assoluto, alle spalle dell’Unione Sovietica e davanti agli Stati Uniti.

Una disciplina, in particolare, era nel corso di tale periodo nel classico occhio del ciclone, vale a dire il nuoto femminile, dove le “Walchirie” (come erano state denominate) tedesco orientali avevano dominato la scena, tra Olimpiadi e Mondiali, per 12 anni – con la sola, per certi versi anche strana, eccezione dei Mondiali 1978 svoltisi a casa loro, a Berlino – e proprio in occasione della rassegna coreana una loro rappresentante, la versatile e polivalente Kristin Otto, aveva ottenuto un record ad oggi insuperato di ben 6 medaglie d’oro, di cui 4 in gare individuali ed in tre specialità (stile libero, dorso e farfalla ) diverse.

Occorreva, pertanto, ridisegnare la gerarchia del panorama natatorio femminile e, soprattutto, per dare credibilità al settore, ricercare un esempio di atleta pulita e al di sopra di ogni sospetto, in parte già individuata nell’americanina Janet Evans, così definita per le sue misure esili rispetto agli statuari fisici delle tedesche, capace di conquistare tre ori a Seul 1988.

Ma un altro personaggio emerge prepotentemente a rilevare questa posizione di leader del panorama femminile, ancor più pregnante della Evans, soprattutto per il fatto di essersi già “scontrata” con la citata Kristin Otto prima che quest’ultima abbandonasse precipitevolmente le scene, pur avendo appena 23 anni, dopo l’ultimo acuto agli Europei di Bonn 1989.

E questo “fenomeno” – perché non vi sono altri aggettivi per definirla – che gli “Dei dell’Olimpo” consegnano al nuoto mondiale, altri non è che l’ungherese dal nome di battesimo curiosamente identico alla Otto, vale a dire Krisztina Egerszegi, talento purissimo, specialista del dorso, ma versatile al punto di essere una ottima “mistista“, ed emersa sin da giovanissima sul palcoscenico internazionale.

Madre Natura” è stata generosa con lei, dotandola di un fisico (174cm per 57kg.) ideale per il nuoto, con in più una innata predisposizione a solcare le acque delle piscine stante la bellezza, sincronia, pulizia e facilità della sua nuotata a dorso e per quella straordinaria leggerezza che ne faranno una delle più grandi nuotatrici di tutti i tempi, come il suo allenatore Laszlo Kiss aveva predetto quando, già dall’età di 10 anni, l’aveva avviata ad una delle più sensazionali carriere del panorama natatorio mondiale.

E che vi sia un segno del destino nell’attività agonistica della Egerszegi – nata a Budapest il 16 agosto 1974 – lo dimostra anche il fatto che proprio il giorno del suo 13.mo compleanno, il 16 agosto 1987, si inaugurano i Campionati Europei di Strasburgo, prima importante manifestazione a cui partecipa, e prima volta altresì in cui incrocia in vasca la Otto, di otto anni (scusate l’involontario gioco di parole) più anziana, giungendo quinta in 1’02″92 sui 100 dorso vinti dalla tedesca, e migliorando il piazzamento sulla doppia distanza, concludendo quarta in 2’13″46 nella gara appannaggio dell’altra tedesca orientale, Cornelia Sirch.

Il positivo approccio della ragazzina alla sua prima uscita conforta la Federazione magiara ad iscriverla sui 100 e 200 dorso alle Olimpiadi di Seul 1988, non prima, però, di farle fare la prova generale agli Europei Juniores che si svolgono dal 28 al 31 luglio 1988 ad Amersfoort, in Olanda e dove la Egerszegi fa suoi, con relativa facilità, i titoli sui 100 (1’02″87) e 200 (2’13″69) dorso, nonché sui 200 misti (2’17″96), pur consapevole che detti tempi non le consentirebbero soverchie chances di vittoria in chiave olimpica.

Ma il diverso lotto di sfidanti è di indubbio stimolo per le aspirazioni della giovanissima ungherese, che si presenta al primo appuntamento, i 100 dorso, per le batterie del mattino e la finale del pomeriggio del 22 settembre, con la curiosità di verificare quanto possa essersi ridotto il gap dalla Otto, che era risultato pari ad 1″06 (1’01″86 ad 1’02″92) nella finale di Strasburgo dell’anno prima.

Già in qualificazione, giungendo seconda in 1’02″09 dietro alla Sirch nella quinta batteria, la Egerszegi dimostra di avere ambizioni da podio, centrando il terzo tempo assoluto dietro anche alla Otto, che nella sesta ed ultima serie registra un 1’01″45 che la colloca nella corsia centrale per la finale pomeridiana, con a fianco la Sirch e la Egerszegi alla propria destra.

La finale non ha storia, tanto netta è la superiorità della “Cristina Senior“, che va a vincere in 1’00″89, ma per la Krisztina magiara rappresenta una grande iniezione di fiducia l’aver beffato per un solo 1/100 la Sirch nella lotta per l’argento (1’01″56 ad 1’01″57) che le fa crescere l’autostima in vista dei 200 dorso in programma tre giorni dopo, soprattutto in assenza della Otto, nonché della primatista mondiale, l’americana Betsy Mitchell, quarta sui 100, ma incappata nella micidiale trappola degli “Olympic Trials” Usa e, pertanto, non qualificata sulla distanza.

L’esito delle qualificazioni vede la Egerszegi vincere la propria batteria in 2’11″01, nuovo record olimpico, solo per essere immediatamente migliorato nella quinta ed ultima serie dalla Sirch, bicampionessa mondiale e quattro volte europea in carica, con 2’10″46.

Difficile pensare che la Sirch non colga l’occasione per centrare l’unico oro mancante alla propria collezione, ma, in maniera del tutto inaspettata, al pomeriggio incappa in una contro prestazione che la relega al bronzo con il per lei modesto crono di 2’11″45, preceduta anche dalla connazionale Katrin Zimmermann, argento in 2’10″61, nel mentre la Egerszegi diviene la più giovane medaglia d’oro del panorama olimpico natatorio conquistando l’oro a 14 anni e 41 giorni, con il nuovo record olimpico di 2’09″29.

Ancora superata dalla Otto (1’01″86 ad 1’02″44) sui 100 dorso agli Europei di Bonn 1989 nel “canto del cigno delle Walchirie” e sconfitta a sorpresa sulla doppia distanza dall’altra tedesca Dagmar Hase (2’12″46 a 2’12″61), pur prendendosi la soddisfazione di giungere per l’unica volta in carriera davanti alla Otto, solo medaglia di bronzo, la Egerszegi inizia a pianificare quella che sarà la sua grande impresa ai Giochi di Barcellona 1992, dove conta di affermarsi sui 100 e 200 dorso, nonché nei 400 misti, specialità quest’ultima dove a Bonn giunge per la terza volta seconda, preceduta stavolta dalla tedesca est Daniela Hunger.

Un programma indubbiamente ambizioso, ma che non spaventa più di tanto la giovane ungherese, che inizia l’anno preolimpico iscrivendosi alle sole gare di dorso ai Mondiali di Perth 1991, dove diviene la prima nuotatrice magiara a vincere un titolo iridato, che poi sono in realtà due avendo la meglio sulla connazionale Tunde Szabo (che le era giunta alle spalle sia sui 100 che sui 200 dorso agli Europei Juniores 1988) sulla più corta distanza (1’01″78 ad 1’01″98) e prendendosi una ghiotta rivincita sulla Hase, nettamente sconfitta (2’09″15 a 2’12″91) sui 200.

Sette mesi dopo, agli Europei di Atene, dopo aver colto il primo oro in carriera sui 400 misti in 4’39″78, la Egerszegi fornisce le sue migliori prestazioni di sempre a dorso, conquistando i titoli su entrambe le distanze, e sempre precedendo la connazionale Szabo, ma impreziosendoli con i nuovi primati mondiali, rispettivamente di 1’00″31 e 2’06″62, record quest’ultimo che resterà imbattuto per quasi 17 anni.

Con queste credenziali la Egerszegi si presenta alle Olimpiadi di Barcellona 1992 quale logica favorita nelle prove di dorso, ma sui 400 misti deve vedersela con la temibile cinese Li Lin, oro sui entrambe le distanze dei 200 e 400 misti ai Mondiali di Perth, pur se su quest’ultima distanza con un tempo largamente superiore a quello dell’ungherese.

Ma la già esperta, a dispetto dell’ancor giovane età (a livello anagrafico regala quattro anni alla cinese, nata nel maggio 1970), la Egerszegi non ha molto tempo per riflettere, dato che il programma olimpico prevede qualificazioni e finale dei 400 misti nel giorno di apertura della rassegna natatoria, il 26 luglio, con l’ungherese che ottiene il miglior tempo nuotando la quarta batteria in un comodo 4’43″83, davanti alla temibile americana Summer Sanders (argento sui 200 e bronzo sui 400 a Perth l’anno prima) che si impone con 4’43″95 nella seconda, mentre la Li Lin fa sua la terza serie in 4’45″74.

Le energie risparmiate al mattino vengono ben spese nella finale pomeridiana, dove le tre favorite non si risparmiano, andando a realizzare rispettivamente la terza, quarta e quinta prestazione “all time” sulla distanza, dopo il 4’36’10 del 1982 ed il 4’36″29 del 1980, entrambi della tedesca est Petra Schneider, con la vittoria che arride in 4’36″54 alla Egerszegi, argento alla Li Lin (che si consola con l’oro a tempo di record mondiale quattro giorni dopo sui 200 misti) in 4’36″73 e bronzo alla Sanders in 4’37″58.

Superato lo scoglio più difficile, per la Egerszegi conquistare l’oro sui 100 e 200 dorso è poco più che una formalità, vincendo il 28 luglio la gara più breve davanti alla connazionale Szabo con il nuovo record olimpico di 1’00″68 (a soli 37/100 dal proprio limite mondiale), e ripetendosi tre giorni dopo, il 31 luglio, ribadendo una schiacciante superiorità sulla doppia distanza, concludendo la prova nel nuovo record olimpico di 2’07″06 (anche in questo caso non lontana dal proprio primato mondiale), infliggendo una dura lezione alla tedesca Hase, seconda ma con un distacco enorme di 2″40 e risultando così l’atleta più medagliata in campo femminile della rassegna catalana, ottenendo significativi riconoscimenti quale non solo “miglior nuotatrice“, ma anche “miglior atleta assoluta” di ogni disciplina per l’anno 1992.

Pur con un tale risultato, considerato che Krisztina è appena diciottenne, la sua fame di successi non è ancora esaurita, e agli Europei di Sheffield 1993 esagera conquistando quattro ori individuali sui 100 (1’00″83) e 200 dorso (2’09″12 davanti all’azzurra Lorenza Vigarani), 200 farfalla (2’10″71 con largo margine sulla seconda) e, ovviamente, i 400 misti (4’39″55, con un distacco sulla seconda di oltre 4″).

Dopo un leggero passaggio a vuoto ai Mondiali di Roma 1994 (solo quinta sui 100 dorso ed argento sui 200, gare entrambe vinte dalla cinese Cihong He, che poi sparirà velocemente dalle scene), la Egerszegi si ripresenta in buona forma agli Europei di Vienna 1995 dove, abbandonati i 100 dorso, conquista l’oro sulla doppia distanza in 2’07″24 (ancora nettamente staccata la Hase) e sui 400 misti in 4’40″33 precedendo l’emergente irlandese Michelle Smith, prove in cui si cimenta anche nella sua ultima uscita internazionale alle Olimpiadi di Atlanta 1996.

Stavolta, la gara d’esordio sui 400 misti al “Georgia Tech Aquatic Center” di Atlanta non è favorevole alla Egerszegi che, a dispetto del miglior tempo in qualifica di 4’43″09, deve arrendersi in finale allo strapotere della Smith (i cui successi olimpici sono però “velati” dall’ombra del doping stante la squalifica in cui incappa due anni dopo), prima in 4’39″18 davanti all’americana Allison Wagner ed all’ungherese, che si porta comunque a casa un’altra medaglia, ancorché di bronzo.

Ma una fuoriclasse di tal calibro non può concludere l’attività agonistica senza un ultimo acuto, che fa registrare nella finale dei 200 dorso del 25 luglio 1996, quando ottiene una storica vittoria per due motivi, il primo di aver eguagliato l’australiana Dawn Fraser nel vincere tre medaglie d’oro in tre edizioni consecutive dei Giochi (record che resta insuperato in campo femminile, mentre tra i maschi Michael Phelps ha conquistato quest’anno a Rio la sua quarta medaglia consecutiva sui 200 misti) ed il secondo per il più ampio margine di 4″15 (2’07″83 a 2’11″98 sull’americana Hedgepeth) mai registrato in una gara di nuoto per distanze sino ai 200 metri.

Ultima curiosità. Pur avendo rinunciato alla gara sui 100, la Egerszegi nuota la prima frazione a dorso nelle batterie della staffetta 4×100 facendo registrare il tempo di 1’00″93: inutile dire che la prova individuale viene vinta dall’americana Elizabeth Botsford in 1’01″19.

Si conclude così l’epoca della più grande dorsista di ogni tempo, capace in carriera di conquistare qualcosa come 23 medaglie (di cui ben 16 d’oro) tra Olimpiadi, Mondiali ed Europei, tracciando una strada che al giorno d’oggi la sola connazionale Katinka Hosszu è stata in grado di ripercorrere, essendo già giunta a 33 medaglie (di cui 21 d’oro), ma ancora indietro quanto ad ori olimpici, i quali rappresentano la vera incoronazione quale “regina delle piscine“.