articolo di Nicola Pucci
Mettetevi nei panni di un velocista, di ottimo lignaggio certo ma non proprio il più forte del lotto, presentatevi sul rettilineo d’arrivo della Milano-Sanremo posto in Via Roma, e sfrecciate per primo sulla linea del traguardo anticipando fuoriclasse del pedale che rispondono al nome di Giuseppe Saronni, Jan Raas (campione del mondo in carica), Sean Kelly, Roger De Vlaeminck e Francesco Moser. Corre l’anno 1980, a compiere un’impresa tale è Piermattia Gavazzi, detto Pierino, 29enne lombardo di Provaglio d’Iseo che veste la maglia della Magniflex-Olmo diretta da Franco Cribiori, e se non è davvero questa una volata da antologia, ditemi voi qual è.
In effetti il 1980 è l’anno d’oro di Pierino Gavazzi, che in carriera ha già vinto tre volte al Giro d’Italia (1974 a Taranto, 1977 a Conegliano e 1978 a Milano) e nel 1978 si è fasciato della maglia tricolore di Campione d’Italia. Ovviamente non è lui il più gettonato della 71esima edizione della Classicissima, 288 chilometri che il 16 marzo chiama alla sfida 228 temerari del pedale. Alla partenza della Sanremo i grandi favoriti sono infatti Beppe Saronni, enfant prodige, già due volte secondo (1978 e 1979, sempre battuto allo sprint da Roger De Vlaeminck), e Francesco Moser, campione d’Italia, reduce dalla vittoria alla Tirreno-Adriatico e destinato di lì a pochi giorni a vincere la terza Parigi-Roubaix consecutiva. Al via anche c’è anche il campione degli ultimi due anni, appunto “Monsieur Roubaix” Roger De Vlaeminck, che vinse anche nel 1973, e Jan Raas, il campione del mondo, già primo nel 1977.
A Certosa di Pavia, dopo soli 19 chilometri di corsa, su iniziativa del vicentino Tullio Bertacco si porta al comando un terzetto composto anche da Angelo Tosoni e dal belga Etienne De Beule. I tre accumulano ben presto un vantaggio considerevole, oltre 12 minuti sul plotone, ed a pochi chilometri da Capo Berta, quando il vantaggio è ancora sui 5 minuti, Bertacco e Tosoni, probabilmente in preda ad un attacco di fatica, si toccano e carambolano a terra. Per Tosoni la caduta toglie ogni possibile velleità, mentre Bertacco, riesce a riprendersi e a raggiungere De Beule, nel frattempo rimasto solo al comando.
In cima al Berta, i due battistrada scollinano ancora con 3 minuti sul gruppo, ma il loro tentativo da lontano è ormai giunto a termine perché qualche chilometro più avanti, dopo aver viaggiato in solitario per 250 chilometri circa, vengono riassorbiti dal plotone. Ad Arma di Taggia una strettoia provoca una gigantesca caduta che coinvolge una cinquantina di corridori (tra i quali Battaglin, Knudsen e Knetemann), tanti dei quali sono costretti a fermarsi.
Prima del Poggio e sulla stessa erta, il vincitore del Giro d’Italia 1977, il belga Michael Pollentier, con la sua pedalata sgraziata (una delle più brutte della storia), cerca di opporsi alla probabile volatona della prima parte del gruppo, ovvero quella che è rimasta al comando, dopo la strozzatura della caduta di Arma di Taggia. Guadagna un centinaio di metri, scollina in testa in cima al Poggio ma all’ingresso di Sanremo viene raggiunto.
La volata decisiva, fluida e corretta più del solito, vede Raas partire a tutta sulla destra, mentre Moser, al centro, prima di portare l’affondo, viene anticipato dal guizzo di Pierino Gavazzi che gli è a ruota (come gli aveva suggerito il suo direttore sportivo Franco Cribiori prima della corsa). Il trentenne corridore bresciano, davanti a tutti negli ultimi trenta metri, riesce poi a contenere con un perfetto colpo di reni il ritorno di Saronni, alla sua sinistra. Vince un italiano, non certo quello più atteso dagli addetti ai lavori, mettendo le pive nel sacco a chi, in Italia, non riesce a vedere più in là di Moser e Saronni. Ed infatti, i due, con la solita polemica post-gara e le altrettanto solite frasi al veleno, danno ulteriore linfa a quel dualismo, sportivo e dialettico, che ha caratterizzato per un decennio il ciclismo della penisola.
Pierino Gavazzi, autore di una volata davvero da antologia, sorride, ringrazia e porta a casa la vittoria che vale una carriera. Da vero fuoriclasse dello sprint.