MONACO 1972, L’OLIMPIADE DELLA “VENDETTA” DI MARK SPITZ

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Mark Spitz – da imgx.biz

articolo di Giovanni Manenti

Se a Città del Messico nel 1968 il programma natatorio olimpico era stato allargato inserendo tutte le prove delle varie specialità, è quattro anni dopo a Monaco di Baviera che il nuoto opera la prima svolta epocale, entrando definitivamente nell’era moderna con il miglioramento dei record mondiali in quasi tutte le gare disputate alla “Schwimmhalle“, sia in campo maschile che femminile.

E, di questi primati, il protagonista assoluto, con quattro record individuali e tre in staffetta ottenuti in tutte e sette le gare disputate e conclusesi con la medaglia d’oro al collo, è uno dei pochi reduci ed il più deluso dai Giochi del 1968, vale a dire l’americano Mark Spitz che, partito per il Messico con l’ambizioso proposito di conquistare sei medaglie d’oro, se ne era tornato in patria con un argento ed un bronzo nelle prove individuali e due vittorie in staffetta, ben poca cosa per chi, l’anno precedente, ai “Pan American Games” aveva fatto le prove generali, portandosi a casa cinque ori su cinque.

Quando uno “smacco” del genere capita ad un atleta introverso, taciturno, ma immensamente orgoglioso e poco amato dai compagni come Spitz, la soluzione migliore per invertire la rotta è quella di cambiar aria e, come lo stesso Mark ebbe più tardi a confermare, a gennaio 1969 prende quelle che si rivela “la più difficile decisione della mia vita, ma anche la migliore ….!!“, vale a dire il trasferirsi all’Indiana University per essere allenato dal coach degli “Indiana Hoosiers” Doc Counsilman (curiosamente traducibile in italiano come “l’Uomo del Consiglio“, ed in effetti …), che aveva altresì tale incarico nella spedizione americana a Città del Messico.

E, se si ha dentro una tal voglia di rivincita, non pesano i massacranti allenamenti cui il nuovo coach sottopone Spitz ed i cui risultati sono evidenti già nell’anno precedente i Giochi di Monaco, quando Mark è già primatista mondiale sia sui 100 (51″94) che sui 200 (1’53″5) stile libero, nel mentre ha abbassato – rispettivamente a 55″0 e a 2’03″91 – i propri limiti sui 100 e 200 farfalla che già deteneva prima della “debacle” messicana, risultati che gli consentono di aggiudicarsi il “James E. Sullivan Award” come miglior atleta dilettante americano dell’anno.

Il cammino è oramai tracciato, stavolta sono quattro le gare individuali a cui vuole partecipare e la nuova prova generale la riserva per gli “Olympic Trials” al “Portage Park” di Chicago dove, ai primi di agosto 1972, ritocca i propri primati sui 100 stile libero (51″47) e sui 100 (54″56) e 200 (2’01″53) farfalla, candidandosi così ad essere il protagonista assoluto nella piscina olimpica di Monaco di Baviera.

Spitz, che con un gioco di parole è soprannominato “Mark the Shark” dai compagni (“Mark lo Squalo” come traduzione letterale, ma più propriamente “Mark il Cannibale” per la sua fame di vittorie che non lascia speranze né a compagni che ad avversari) ha studiato alla perfezione il programma olimpico per non farsi trovare impreparato, dovendo scendere in acqua ben 13 volte in otto giorni dal 28 agosto al 4 settembre 1972, venendo logicamente “risparmiato” dalle batterie delle staffette.

Il suo “tour de force” ha inizio alle 10,00 di mattina del 28 agosto, in cui ottiene con 2’02″11 il miglior tempo di qualificazione nei 200 farfalla, seguito dai connazionali Robin Backhaus (2’03″11) e Gary Hall (2’03″70), podio interamente a “stelle e strisce” che viene confermato nella finale del pomeriggio, svoltasi alle ore 18,00, con la sola inversione di Hall che precede Backhaus (2’02″86 a 2’03″23), tempi entrambi superiori al crono in batteria di Spitz che, da parte sua, va a prendersi l’oro abbassando il suo limite mondiale a 2’00″70 che resisterà per quasi 4 anni.

Meno di tre quarti d’ora dopo, Spitz è chiamato a “chiudere“, come ultimo frazionista, la staffetta 4×100 stile libero che i suoi compagni Edgar, Murphy ed Heidenreich gli “consegnano” con un vantaggio di quasi 3″ sull’Unione Sovietica che “lo Shark” incrementa con due ultime vasche da 50″90 per un crono complessivo di 3’26″42 da nuovo record mondiale, anche se la frazione più veloce la nuota in terza Heidenreich in 50″78, candidandosi così come il più serio rivale di Spitz nel suo tentativo di conquista di sette medaglie d’oro.

Chiusa la prima giornata con due medaglie d’oro – non sappiamo se negli Stati Uniti sia in voga il proverbio “se il buon giorno si vede dal mattino…” – il mattino seguente, Spitz deve cimentarsi nelle batterie dei 200 metri stile libero, gara in cui sono presenti l’australiano Mike Wenden – campione olimpico in carica sia sui 100 che nei 200 stile libero – nonché i temibili tedeschi Klaus Steinbach e Werner Lampe ed il sovietico Wladimir Bure, quest’ultimo peraltro specialista sulla distanza più breve.

Spitz, comunque, fa registrare il miglior tempo in qualificazione con 1’55″29, quasi due secondi sopra il proprio limite mondiale, ma sufficiente a tenersi dietro il connazionale Steve Genter ed i due citati tedeschi, unici altri a scendere sotto il muro dell’1’56” netti, ma il pomeriggio del 29 agosto è proprio Genter – tra l’altro reduce da un ricovero in ospedale dal quale era stato dimesso solo il giorno antecedente la gara – a dimostrarsi come il suo più pericoloso antagonista, facendo l’andatura per tre vasche e venendo raggiunto da Spitz solo alla virata dei 150 metri, che deve scendere sotto al proprio limite mondiale, chiudendo in 1’52″78 per aver ragione del coraggioso compagno che in 1’53″73 salva comunque l’argento dal ritorno di Lampe, buon terzo con 1’53″99, con il campione olimpico Wenden non meglio che quarto in 1’54″40.

Il 30 agosto per Spitz è quasi una giornata di riposo, dovendo semplicemente disputare le batterie dei 100 farfalla al mattino e le semifinali nel pomeriggio, anche stavolta qualificandosi per la finale del giorno dopo con il miglior tempo, essendo l’unico (con 55″98) ad andare sotto ai 56″ netti, con il secondo miglior crono messo a segno dal “fenomenotedesco orientale Roland Matthes, leader indiscusso nella specialità del dorso.

Dopo essersi, per così dire, “riposato” il giorno prima, l’ultimo giorno di agosto ha in programma per Spitz la finale dei 100 farfalla alle ore 17,40 e, solo mezz’ora dopo, l’ultima frazione della staffetta 4×200 stile libero, ma per “il cannibale” non vi sono eccessivi problemi a regolare il lotto della concorrenza sulla sua distanza preferita, che nuota in un fantastico 54″27 che, oltre a migliorare il proprio limite mondiale, sarà l’unico record che resisterà ai successivi Giochi di Montreal 1976 a dimostrazione della dimensione dell’impresa, relegando il canadese Robertson ed il connazionale Heidenreich ad oltre un secondo di distanza, chiudendo gli stessi rispettivamente in 55″56 e 55″74.

E quando, poco più di 30′ dopo, i suoi compagni Kinsella, Tyler e Genter lo lanciano in quarta frazione della staffetta 4×200 stile libero con un vantaggio addirittura di 5 secondi sulla Germania Ovest, per Spitz è sufficiente nuotare in “souplesse” per incrementare il distacco sui tedeschi e portare gli Stati Uniti al mondiale in 7’35″78 nonché superare già l’impresa di Schollander a Tokyo 1964 con il quinto oro personale.

Spitz è pertanto già nella storia, ma vuole entrare nel “mito” e, per far questo, il calendario gli dà una mano prevedendo per l’1 settembre un giorno di riposo, circostanza che gli consente di “ricaricare” le pile in vista forse della prova più impegnativa, vale a dire i 100 metri stile libero, di cui sono previste batterie e semifinale il 2 settembre e la relativa finale il giorno seguente, ma anche di avere il tempo di riflettere circa l’opportunità di sobbarcarsi anche quest’ulteriore sforzo, dato che la sesta medaglia è praticamente assicurata, salvo improbabili squalifiche, dalla staffetta 4×100 mista che chiude la rassegna olimpica.

Convinto dal suo coach che rinunciare a confrontarsi con Heidenreich e gli altri lo avrebbe messo in “cattiva luce“, Spitz si convince a gareggiare, ma il legittimo dubbio sulle sue possibilità di vittoria viene confermato dall’esito delle due semifinali del pomeriggio del 2 settembre, che vedono Heidenreich affermarsi nella prima in 52″31 davanti ai sovietici Grivennikov e Bure, mentre nella seconda Spitz chiude in 52″43 preceduto con 52″32 dal campione olimpico Wenden, circostanza che induce gli esperti a ritenere che il massacrante programma a cui si è sottoposto il fuoriclasse americano stia per “chiedergli il conto“.

Nella finale del 3 settembre, che lo vede per la prima volta sui blocchi di partenza in terza invece che in quarta corsia, Spitz sorprende Heidenreich variando condotta di gara, vale a dire partendo a razzo e prendendo un netto vantaggio alla virata con un ritmo di nuotata perfetto che perde di brillantezza solo negli ultimi 20 metri, ma l’orgoglio del campione consente a Spitz di andare a toccare con l’ennesimo primato mondiale di 51″22, lasciando Heidenreich a 43/100 di ritardo (51″65), mentre il bronzo arride al sovietico Bure con 51″77.

La giornata conclusiva del programma olimpico natatorio vede per Spitz una mattinata di riposo, dovendo esclusivamente impegnarsi al pomeriggio nella staffetta 4×100 mista, nella quale è inserito nella frazione a farfalla, lasciando ad Heidenreich il compito di “chiudere” a stile libero per un crono conclusivo di 3’48″16 che sta a significare oro, record mondiale e settimo sigillo per un’impresa che solo 36 anni dopo un altro “squalo“, stavolta di Baltimora, Michael Phelps riuscirà a superare con 8 medaglie d’oro (ed un programma, per onestà, ben più faticoso, prevedendo anche la disputa dei 200 e 400 misti).

L’unica amarezza per Spitz, acclamato e ricercato dai “media” di tutto il mondo, viene dal fatto di non poter adeguatamente festeggiare “sul campo” la propria impresa poiché, proprio nella notte tra il 4 ed il 5 settembre, un commando terroristico arabo fa irruzione nel Villaggio Olimpico, con il tragico epilogo a tutti purtroppo noto, inducendo le forze di sicurezza ad anticipare l’immediato ritorno del fuoriclasse di Modesto (magari non proprio il luogo “ideale” per nascere, dato il carattere) negli “States“, considerando la sua origine ebraica, e facendo così scemare l’eco di un exploit sportivo talmente eccezionale che solo un evento così al di fuori di ogni schema immaginabile poteva offuscare.

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